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La crisi della sterlina e lo zampino di Mario Draghi

22 gennaio 2007 – All'inizio dell'anno abbiamo riferito come fonti della City di Londra abbiano paventato una prossima crisi della sterlina e come tale crisi potrebbe essere addirittura agevolata dagli ambienti sinarchisti che desiderano un crollo del dollaro, allo scopo di instaurare un impero globale definitivamente al di fuori del potere costituzionale degli Stati Uniti (vedi qui). Il fatto che la sterlina, abbia recentemente accresciuto il suo ruolo nella finanza mondiale rende la moneta britannica ancora più vulnerabile all'inevitabile scossone che colpirà quella che è una vera e propria bolla.

Negli ultimi due anni, le banche centrali hanno acquistato, in una strategia coordinata, sterline al ritmo di 5 miliardi di dollari a trimestre, tanto che le riserve di sterline nelle casse delle banche centrali sono salite da 55 a 111,5 miliardi di dollari (cifre FMI). Sorpassato lo yen, oggi la sterlina è la terza moneta di riserva del mondo, dopo il dollaro e l'euro. Il valore della moneta britannica naturalmente è salito in corrispondenza con il crescere della domanda. Se si tiene presente che le riserve nette di oro e valuta della Banca d'Inghilterra sono solo 20 miliardi di dollari, si comprende quali vaste dimensioni potrebbe avere una crisi in cui solo una parte dei possessori di sterline corresse a riscattarle. L'estrema debolezza dell'economia britannica, con un debito personale totale di 1,27 mila miliardi di sterline, composto da mutui e ipoteche non garantiti, fa della crisi della sterlina solo una questione di tempo.

In questo scenario, la Banca d'Italia di Mario Draghi sembra aver svolto un ruolo centrale. Nella primavera del 2006, poco dopo essersi insediato, Draghi ha fatto spostare sulla sterlina ben il 24% delle riserve della banca centrale, operando una drammatica rottura con la politica tradizionale della Banca d'Italia. Draghi ci aveva abituato ai comportamenti da lacché della Regina, da quando salì sul Britannia a parlare di privatizzazioni e riforma del sistema politico; vai a vedere che Mr. Britannia l'ha fatta grossa ancora una volta, partecipando a quella che all'inizio sembrava un'azione da furbetti del quartierino (vendere dollari che si deprezzano in cambio di sterline che si rivalutano), e che invece potrebbe rivelarsi come parte dello scenario destabilizzante di cui sopra. Forse Draghi è solo un “utile idiota”, ma comunque un giorno dovrà rendere conto ai poteri dello stato, anche se la banca che presiede è di fatto in mano ai privati (speriamo ancora per poco).


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