Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

Campagna Presidenziale Francese 2007

 

Il mio progetto contro lo strapotere del fascismo finanziario

di Jacques Cheminade

Riportiamo alcuni estratti dal numero speciale (29 dicembre 2006) di Nouvelle Solidarité, periodico del partito politico Solidarité et Progrès, il movimento di LaRouche in Francia.

Jacques Cheminade si candidò alla Presidenza delle Repubblica Francese già nel 1995, anche allora grazie al sostegno di 500 sindaci in tutta la Francia, ma fu osteggiato dai media  e dal governo. Nel 2002, il numero di sindaci che inizialmente avevano promesso di sostenere la sua seconda campagna presidenziale, si ridusse drasticamente sotto la medesima soglia  prevista dalla legge elettorale, principalmente a causa di operazioni minatorie.

Quest’anno si candida nuovamente, e grazie alla mobilitazione del LYM, il movimento giovanile larouchiano in Francia, conta di raccogliere le 500 firme di sindaci necessarie per presentare la sua candidatura

 

·      CITAZIONI

·      PRESENTAZIONE

·      I MIEI RIFERIMENTI POLITICI

·      SULLE PENSIONI

·      SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

 

CITAZIONI

Far acquisire alla nazione la proprietà delle principali fonti di energia: carbone, elettricità, gas; fonti che soltanto essa è in grado di sviluppare come si deve; garantirle il controllo del credito, affinché la sua attività non sia alla mercé dei monopoli finanziari; aprire alla classe operaia, tramite dei comitati d'impresa, la via dell’associazione; liberare dall'angoscia, nella loro vita e nel loro lavoro, i nostri uomini e le nostre donne, proteggendoli d'ufficio dalla malattia, dalla disoccupazione, dalla vecchiaia; grazie ad un sistema di grandi investimenti, incrementare infine la natalità francese e, attraverso di essa, riaprire alla Francia la sorgente viva della potenza; queste sono le riforme che il mio governo - lo proclamo oggi 15 marzo 1944, intende completare, è infatti completerà.

Charles de Gaulle,
Memorie di guerra - L'Unità (capitolo "Politica")

 

Chiunque oggi riconosce che lo Stato è responsabile dell'evoluzione economica, che gli compete la lotta contro le crisi e la sotto-occupazione, l'orientamento, la stimolazione e il coordinamento degli sforzi in funzione dell'espansione e del progresso comuni. Nessuno più può difendere sinceramente il liberalismo del secolo scorso, nessuno crede più al valore della vecchia formula: "Laissez faire, laissez passer".

Pierre Mendès-France,
La Repubblica Moderna, cap. VI - Lo Stato e la pianificazione economica.

 

Essere un vero condottiero significa, forse prima d'ogni cosa, saper stringere i denti; significa infondere negli altri quella fiducia che nessuno può dare se già non la possiede in sé; significa rifiutarsi fino in fondo di scoraggiare il proprio genio; significa infine accettare al contempo per coloro che si comandano e per se stessi, piuttosto che un'inutile vergogna, un sacrificio fecondo.

Marc Bloch,
La strana sconfitta, Guéret-Fougères (Creuse), luglio-settembre 1940.

 

[inizio pagina]

 

PRESENTAZIONE

La sconfitta dell'amministrazione Bush alle elezioni del 7 novembre 2006 per il rinnovo parziale del Congresso degli Stati Uniti d'America, dimostra che vi sono limiti alla tirannia. I padrini di Nicolas Sarkozy sono stati battuti dalla mobilitazione, marginale ma decisiva, del Movimento Giovanile di Lyndon LaRouche, che ha denunciato i nuovi Goebbels dei campus universitari e fatto rivivere la tradizione di Franklin Delano Roosevelt. Quando c’è un vuoto di pensiero, una scintilla può cambiare la vita e ridare speranza. Convinti che anche in Francia si possa suscitare altrettanto bene un tale slancio contro un ordine ingiusto, mi impegno fin da ora, fiancheggiato dai giovani militanti del nostro movimento.

La Francia ha paura della libertà. Essa capitola dunque davanti alla mondializzazione finanziaria, all'austerità sociale e alla corruzione della speculazione e del gioco. Non resiste a coloro che legalizzano la tortura, seminano guerre, diffondono il caos e trattano gli esseri umani come bestie. La democrazia è diventata un simulacro, qui in Francia e ovunque nel mondo. Nelle stanze del potere si ride dei poveri e delle idee.

Quando si ha paura e ci si sottomette, non ci si ama. Dobbiamo quindi batterci affinché possiamo ritrovare stima in noi stessi e riappropriarci del nostro Paese. Questa battaglia decisiva è l'unica che giustifichi, oggi, un qualunque impegno politico. È questa battaglia per la vita, per la libertà e per la ricerca della felicità, l'unica azione conforme a tutto ciò che, nel nostro passato nazionale, è stato portatore di futuro.

A quanto pare, nessun altro candidato vi si dedica. Rientro dunque nell'arena dell'elezione presidenziale per necessità, impegnato a trasformare un circo romano in una scuola del popolo repubblicana.

Espongo il mio progetto affinché esso susciti dei nuovi ardori, e senza imporlo perché sia applicato alla lettera. In un'elezione altrimenti caratterizzata dalle malsane abitudini degli ultimi quarant'anni, mi sforzerò di divenire chirificatore, ispiratore e catalizzatore, convinto che nel nostro Paese si trovi un potenziale eccezionale, e che il mio compito sia di svegliarlo. La mia candidatura è quindi un scommessa sul futuro.

In passato, ogni volta che la Francia si trovò vinta, si levarono sempre voci forti a sollecitare un necessario esame di coscienza: Giovanna d'Arco e Gambetta ai loro tempi; Charles de Gaulle, Marc Bloch, Jean Zay e Léon Blum dopo il capovolgimento del maggio-giugno 1940, ciascuno a suo modo, ma tutti con l'intenzione di riprendere vigore. Oggi, invece, nessuno si fa trovare all'altezza della nuova tragedia, benché il mondo viva sotto la minaccia di una guerra provocata da un'amministrazione Bush e da coloro che lo sostengono, e il sistema finanziario e monetario internazionale si decomponga sotto ai nostri occhi.

La Francia subisce nello stesso tempo una forma di occupazione finanziaria - più del 45% del capitale delle grandi società quotate nell'indice di borsa CAC 40 è finito sotto il controllo di interessi stranieri e da tredici anni 1100 imprese pubbliche, comprendendo le loro filiali, sono state privatizzate - e uno sprofondamento culturale in una forma di società tutta dedita al gioco, alla fruizione di immagini, al sesso mercificato, alla violenza e al culto dell'apparenza. Parallelamente, sulla scena ufficiale, si preferiscono le domande secondarie per evitare le principali, e si distillano le piccole frasi per sfuggire alle implicazioni delle grandi idee. I cittadini perdono così i propri punti di riferimento, e si lasciano conquistare dalla passività disonorante delle anime semplicemente abituate.

I nostri dirigenti, ossessionati dall'esercizio del potere, mantengono gli occhi fissi sui responsi dei sondaggi e sui capricci dei media, che sono influenzati dalla finanza. I vari Dessault, Bouygues, Legardère, Bolloré e Pinault plasmano l'opinione pubblica e i politici, facendo appello ai loro pregiudizi, propagando l'ideologia fatalista di un capitalismo finanziario predatore e senza frontiere. Questo avviene allo stato puro tramite Nicolas Sarkozy; con un mascheramento di sensibilità sociale più o meno esibita, tramite i suoi concorrenti ufficiali. Vi sono, poi, altri che si oppongono a questa deriva, ma ne furono complici in passato, oppure recitano un catechismo impotente come se il tempo si fosse fermato davanti alla porta di casa loro.

Non dobbiamo quindi stupirci se il 76% dei Francesi pensano che i loro figli vivranno peggio di loro (studio del Centro di ricerca politica dell'IEP di Parigi, realizzato nel mese di aprile 2006), e se il 79%, il 72% e il 70% hanno la sensazione di essere mal rappresentati rispettivamente da un sindacato, da un dirigente politico e da un partito (sondaggio di TNS-Sofre del mese di maggio 2006). Il sentimento è di scollamento profondo tra il popolo e le élite, di disinganno e di malessere; non vi sono precedenti, se non risalendo agli anni '30, ritrovando allora le stesse ragioni di fondo.

Tuttavia, poiché il male provoca gli esseri umani a fare il bene, è in questi tempi cupi, se vogliamo prenderne coscienza e guardarci in faccia, che l'uomo di carattere trova in sé le risorse per ripartire.

Ciò implica necessariamente un cambiamento del sistema, il passaggio ad una società fondata sugli investimenti a lungo termine, sullo spirito di scoperta e di sviluppo reciproci, sottraendo il potere ad una prospettiva finanziaria di saccheggio e rimettendo in sesto gli uomini e le donne, innalzando i limiti del pensiero e della vita, senza trascurare alcuno.

Utopia? No, poiché si tratta di ciò che portano nel profondo le quattro grandi correnti d'umanesimo riscontrabili nel nostro Paese: il socialismo repubblicano di Jean Jaurès e Charles Tillon, il cristianesimo sociale degli abati democratici di Bretagna e di Marc Sangnier, il radicalismo progressista di Jean Zay e di Jean Moulin, e il gollismo patriota di tutti coloro che raggiunsero Londra lasciando i propri patrimoni dietro alle spalle. Il mio progetto ha lo scopo di farli convergere e rivivere, scuotendo i loro eredi formali e amministrativi, e sostituendoli con uomini e donne fedeli allo slancio originario e situati alla frontiera del nostro futuro.

Spazio dunque ai giovani, a coloro che sono stati derubati del proprio futuro e che intendono recuperarlo. È ad essi che dedico la mia campagna, i suoi riferimenti culturali e le sue modalità. Sono infatti convinto che assieme ad essi, se condurremo la battaglia in nome dei principi che hanno guidato le grandi scoperte della scienza e ispirato la bellezza delle opere d'arte classiche, una società della conoscenza, della compassione e della giustizia potrà rinascere, domani. Questa nuova società non sarà suscitata dagli animi tiepidi. Mi impegno per essa, con l'aspra gioia di esserne responsabile.

 

[inizio pagina]

  

I MIEI RIFERIMENTI POLITICI

I miei punti di riferimento sono:

  1. lo stato nazionale creato dal re Luigi XI e dal re Enrico IV, al servizio del Bene Comune;
  2. il Trattato di Westfalia, che fonda la pace tra gli stati nazionali sul criterio-principio del vantaggio dell'altro e sul perdono delle offese;
  3. i principi educativi repubblicani pensati "per elevare alla dignità di uomo tutti gli individui della specie umana" (cit. di Lazare Carnot) proposti da François Rabelais, Henri Grégoire, Victor Duruy, Jules Ferry e Marie Curie;
  4. il programma del Consiglio Nazionale della Resistenza;
  5. il preambolo della nostra Costituzione del 27 ottobre 1946, ripreso in quella del 1958;
  6. la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1948.

Sono tutti riferimenti spesso evocati, ma non rispettati. Essi infatti non lo possono essere, se non per effetto di una politica di larghissimo respiro, a lungo termine, anti-speculativa, dedita allo sviluppo dell'economia fisica, cioé di ogni dotazione umana, materiale e sociale. Se, infatti, aumenta la produzione di beni - misurata pro-capite, per nucleo familiare e per unità di superficie - potremo sostituire una società di accoglienza a quella di spietata selezione, che oggi subiamo. Nel passato, l'Editto di Nantes fu sostenuto dalle Economies royales di Sully, e la Pace di Westfalia dall'opera dell'Accademia delle Scienze di Colbert e Leibniz, proprio come oggi Lyndon LaRouche lavora per far rinascere la nazione americana tramite un New Deal.

Al contrario, l'Impero romano, lo Stato assolutista di Luigi XIV, l'Impero di Napoleone Bonaparte, lo Stato francese di Philippe Pétain e questo libearlismo finanziario già denunciato da Jean Zay parlando dalla sua prigione di Riom (liberalismo che creò le condizioni del fascismo ieri, come le crea nuovamente ora) sono per me, i contro-riferimenti assoluti, naturalmente. Il mio progetto risponde alle preoccupazioni reali delle donne e degli uomini francesi, che non si trovano a livello delle conseguenze - insicurezza sociale, immigrazione, indebitamento (delle quali i media e i politici vogliono fare il centro di tutta la campagna presidenziale) - ma a quello delle scelte  determinanti: occupazione, salari, povertà, educazione, salute, e ricerca scientifica.

Si suppone che, per ritornare alle condizioni in cui si possa dare una buona risposta a tali problemi (piena occupazione di qualità, istruzione e ricerca che sviluppino e impieghino le capacità creative di tutti e di ciascuno), occorra far saltare il vincolo finanziario a livello internazionale, ch'è come un lucchetto che tutto blocca, condurre una politica europea degna di tal nome, opposta a quella della Banca Centrale Europea e del Patto di Stabilità, e creare a livello nazionale le condizioni per le quali gli effetti di questo impegno internazionale ed europeo siano preparati, rinforzati e propagati. Come diceva Marc Bloch nel 1943, "l'indipendenza nazionale nei confronti della situazione estera e la libertà interna [...] sono l'effetto di un unico e identico movimento". Poiché tagliare a pezzi, senza articolazioni, è una condanna all'impotenza. Non vi sono formule magiche ad un livello d'azione o all'altro. La coerenza del mio approccio, tra politica internazionale, europea e nazionale, approccio che rappresenta un netto distacco dagli altri candidati, anima il mio progetto. Essi propongono, come menu, la somma di diverse pietanze con cui sperano di sedurre i gusti degli individui; io qualcosa di coerente, per ristabilire e mantenere in salute l'intero corpo sociale.

[inizio pagina]

 

 

SULLE PENSIONI

Tutti parlano di riformare un sistema che non potrà durare. Dicendo che la vita media sta aumentando (affermazione non più tanto certa, e addirittura certamente falsa se dovesse scoppiare la crisi), e dunque che sta crescendo il numero dei pensionati rispetto alla popolazione attiva, si deduce che il sistema delle pensioni per ripartizioni, nel quale i lavoratori attivi pagano per i pensionati, si inaridirà fatalmente. Normalmente si conclude affermando che è necessario cambiare il sistema incorporandovi un meccanismo di capitalizzazione. Infatti, si esige dalle giovani generazioni che, non contente d'esser state depredate dai babyboomer, risparmino ancor più, per pagarsi, al momento opportuno, la propria pensione!

Questo ragionamento è assurdo, poiché si basa su una visione statica e, conseguentemente, falsa:

 

·      Il denaro dei pensionati non è sterilizzato: i pensionati, infatti, consumano e la loro spese contribuiscono alla crescita. Sostenendo, inoltre, i loro figli, li infondono di ulteriore potere d'acquisto.

·      L'età di pensionamento non è una fatalità. Occorre rimpiazzare questa nozione con quella di un pensionamento scelto - al pari del tempo di lavoro scelto - in funzione della pesantezza della mansione assegnata o della scelta di non lavorare più. Se il lavoro tornasse ad essere interessante, coerentemente con il mio progetto, i "vecchi" di sessant'anni in buona salute e con vent'anni di prospettiva futura, vorrebbero continuare a lavorare. Magari non con compiti esecutivi, ma di controllo o di consiglio. È quello che accade nell'agenzia che gestisce le metropolitane di Parigi (RATP), in questo caso per mobilizzare delle competenze altrimenti perdute. Il fenomeno merita un esame valutativo, che possa farci tirare delle conclusioni su un piano più generale.

·      Domandare ai lavoratori attivi di capitalizzare, in preparazione della loro vecchiaia, si riduce a salassarli riducendone i consumi, con un riflesso a danno della crescita economica generale, e un profitto soltanto per le banche e le assicurazioni, e i loro padrini dell'oligarchia finanziaria.

 

D'altra parte, è evidente che il funzionamento del sistema per ripartizioni, una scommessa su un futuro che è socialmente il più giusto, può essere continuamente garantito soltanto in un'economia organizzata di piena occupazione.

 

Lo scopo del mio programma economico e della mia politica in tema di diritto del lavoro e della qualificazione dell'occupazione. L'aumento del numero degli anziani non deve essere visto come un peso, ma trattato come si dovessimo gestire una crescita demografica che ci arricchisce. Intendiamoci: la speranza sociale che farà nascere il nostro progetto, assieme da una politica sostenuta di contributi assitenziali alle famiglie, di costruzione di asili infantili e di aiuti in favore dei poveri, porterà con sé una forte crescita delle nascite, altrimenti impossibile nell'attuale sistema ultra-liberale, fonte di pessimismo e di edonismo miopi ("dopo di me, il diluvio").

Il problema dei pensionamenti pone dunque, in realtà, l'intera questione del futuro della nostra società. Bisogna rispondere con gli occhi del futuro, non con quelli di un passato sclerotizzato o di un presente distruttore.

 

La sola misura socialmente sana e più giusta che proporrò, oltre al "tempo di lavoro scelto", è di fissare per le pensioni un tetto massimo superiore di 15 volte l'attuale salario minimo legale, e un valore non inferiore allo stesso salario minimo. Questo scarto limitato di 1 a 15 si giustifica soprattutto perché i ricchi hanno già accumulato un patrimonio di cui possono godere in molti modi.

 

[inizio pagina]

 

 

SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Le grandi imprese "alla Ford" dell'indice CAC 40, nella riforma profonda dei meccanismi monetari e finanziari che immagino, si riorganizzeranno in funzione del nuovo ambiente anti-speculativo a scala nazionale, europea e internazionale, riservando la priorità alla razionalizzazione e allo sviluppo tecnologico e medio e lungo termine, sacrificando le attività connesse ai guadagni a breve termine. Saranno necessari alcuni piani di riconversione dell’apparato produttivo. Così, il settore automobilistico, oggi produttore quasi esclusivo di autoveicoli ad uso privato, dovrà progressivamente riorientare la propria capacità produttiva e la propria dotazione di macchine utensili verso le forniture per il trasporto urbano o interurbano di massa, e verso il programma spaziale. Lo Stato dovrà aiutare dal punto di vista finanziario, e inserendo questi riorientamenti in un apposito Piano, che crei le condizioni ottimali per tale riconversione.

Tuttavia, per loro stessa natura, le grandi imprese potranno rispondere autonomamente alle nuove priorità economiche, nazionali, europee e internazionali, poiché ne hanno i mezzi, se lo vogliono.

Non è la stessa cosa per le piccole e medie imprese (PMI). Esse sono il motore dell'economia francese: il 69% dei posti di lavoro e il 62% dei contributi al prodotto interno lordo (PIL). Non hanno molto in comune con le grandi imprese del CAC-40, delle quali la metà dei capitali è in mano straniera, mentre il giro d'affari e i benefici sono - rispettivamente - per il 75% e per l'80% realizzati all'estero. Le PMI hanno invece bisogno dei mezzi per sostenere i propri progetti. Esse, è certo, non costituiscono una categoria omogenea. In Francia, la maggioranza di quelle che creano effettivamente occupazione e sviluppo dell'occupazione, sono in realtà inserite in relazioni strette e complesse con dei grandi gruppi, sia come loro filiali, sia come loro terzisti, sia come loro fornitori.

Queste imprese "in rete" trarranno profitto direttamente degli effetti della nuova lista di priorità economiche, trasmessi a partire delle grandi imprese.

Tuttavia, si dovranno prendere delle misure specifiche in loro favore, per stimolare il loro ambiente economico e sociale, e assicurare loro una relazione con le grandi imprese che non sia più di sottomissione. È in queste piccole imprese che agisce il principio della macchina-utensile, quello cioè di un uomo che promuove un'idea tramite un'attrezzatura atta a realizzarla, principio che deve essere difeso e promosso dalla potenza pubblica, in modo da offrire all'imprenditore le migliori condizioni per operare liberamente, una volta sicuro di potere equamente accedere a certi mercati, e di essere protetto dai predatori finanziari.

 

A) Le PMI devono beneficiare a pieno diritto dell’accesso al 25% ad ogni contratto lasciato ad un iniziativa governativa.  È con questa formula che il Small Business Act ha permesso alle PMI americane di decollare e diventare leader in certi settori.

Questa, tuttavia, non è una decisione che potrà essere presa in Francia. Nell'Accordo sui Mercati Pubblici (AMC) dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO), l'Europa s'è impegnata a interdire questa possibilità, mentre le imprese americane hanno ottenuto un'eccezione. Alcune direttive europee, inoltre, si oppongono alla messa in campo di clausole che possano portare a un "vantaggio concernente una categoria di impresa". Il risultato è che oggi l'Europa delle grandi opere è all'asciutto, non ha denaro a sufficienza. Ecco perché, nel contesto globale del credito produttivo pubblico e degli investimenti a lungo termine che io definisco, la Commissione deve ricevere l'ordine di rinunciare alle sue direttive e di rinegoziare l'accordo con l'OMC impedendo all'Unione Europea ogni passo analogo a quello con cui gli Stati Uniti hanno favorito le proprie PMI. Questo significherà un "accesso equo" delle PMI europee ai 1500 miliardi di euro di commesse pubbliche europee.

Molti altri candidati o partiti politici francesi lo chiedono, ma la loro esigenza non ha valore, poiché essi non si situano nel contesto complessivo della politica che espongo, la quale davvero mira a cambiare le regole del gioco.

 

B) Le PMI devono essere direttamente associate al mio grande progetto riguardante la ricerca scientifica, che dovrà muovere circa 200 miliardi di euro. Analogamente, speciali fondi d'innovazione devono alternare questo sforzo a livello europeo (prevedo prestiti per 150 miliardi di euro erogati dalla Banca europea per gli investimenti) e a livello nazionale.

 

C) È necessario proteggere le nuove realtà imprenditoriali da quelle già radicate, finché non abbiano raggiunto una dimensione critica. Deve avere luogo un protezionismo intelligente, seguendo le prospettive tracciate dalla scuola dell'economista tedesco Friedrich List.

 

D) Bisogna creare, con il dovuto sostegno pubblico, dei grandi fondi d'investimento nelle PMI perché vi sia una vera politica del capitale di rischio. Perché non considerare l'esempio del Quebec, col suo fondo sindacale d'investimento nelle PMI?

 

E) Sistema bonus malus, o d'imposizione differenziata. L'esonero dai costi sociali, salariali e padronali, nei quali oggi non ci si riconosce più, devono essere sistematicamente legati alla creazione effettiva di posti di lavoro o agli investimenti produttivi (bonus). I profitti distribuiti sotto forma di dividendi, senza reinvestimento produttivo né creazione di occupazione, dovrebbero essere penalizzati (malus).

 


[inizio pagina]

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

Newsletter

Il CD di Solidarietà

© Copyright

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà