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I privati sfondano in Italia

28 gennaio 2007 – Il governo italiano ha presentato il nuovo fondo nazionale per le infrastrutture, chiamato F2I (dove F sta per Fondo, 2 sta per due miliardi di capitale e I sta per Italia). Contrariamente a quanto sostenuto dalla propaganda dei media, il fondo non è affatto un “nuovo IRI”, ma è anzi una svolta privatistica rispetto a Infrastrutture Spa, l’ente varato da Tremonti cinque anni fa. La partecipazione pubblica a F2I sarà, a capitale ultimato, solo del 10%, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Il resto sarà in mano alle banche italiane e internazionali. Come ha spiegato l’ideatore di F2I, il sottosegretario alle Finanze Massimo Tononi, “la caratteristica dell’IRI era il controllo, dunque la maggioranza, da parte dello stato che di fatto la rendeva un prolungamento dell’attività politica. Nel fondo la Cassa, che a sua volta è partecipata al 30% dalle Fondazioni bancarie che sono private, possiede meno del 15%”.
Presidente di F2I è il finanziere romano Salvatore Rebecchini, ex direttore di Bankitalia, con simpatie a destra. Manager è l’ex di Autostrade Vito Gamberale il quale, dopo aver contribuito ad arricchire la famiglia Benetton con l’invenzione della formula concessionaria che ha depredato lo stato, ha lasciato la Dinasty di Ponzano Veneto in polemica con la fusione Abertis.
“Il manager lo hanno scelto i soci, tra cui Intesa-SanPaolo, Unicredit, le Fondazioni. Ma le pare che dopo aver investito milioni di euro nel fondo si fanno dire da qualcuno chi e come dovrà gestire?”, ha dichiarato Tononi in un’intervista. “Quanto a ciò in cui il fondo investirà in futuro, lo decideranno i soci”, ha detto Tononi. Gamberale gli ha fatto eco: “Non sarà l’autorità pubblica a stabilire le priorità d’investimento, opererà in maniera autonoma”.
Questo significa che il nuovo fondo privato, che potrà indebitarsi fino a sette volte il capitale, investirà dove potrà avere un guadagno elevato, e quindi sicuramente non nelle aree depresse, come nel Mezzogiorno. Inoltre, il controllo rimarrà nelle mani private. Come è noto, i privati non hanno come scopo il profitto, ma il bene del paese. Lo ha dimostrato Gamberale alla gestione di Autostrade, lo sa bene Tononi che ha passato una vita in Goldman Sachs, il più grande operatore di fondi speculativi del mondo, prima di essere chiamato al Tesoro dall’ex banchiere centrale europeo Tommaso Padoa Schioppa.
Il modello a cui si ispira F2I è quello lanciato in America col nome di PPP (Private-Public Partnership), e sostenuto soprattutto dal banchiere sinarchista Felix Rohatyn, ex Lazard. A sua volta, il modello delle PPP si rifà a Mussolini. Contrariamente alla mitologia comune, che considera il fascismo una dottrina “statalista”, Mussolini non fu altro che fedele esecutore della politica decisa dai circoli finanziari controllati dalle famiglie aristocratiche, guidate da Volpi di Misurata. Il duce applicò pedissequamente il modello liberista e privatistico richiesto dall’oligarchia che lo aveva messo al potere, saccheggiando lo stato finché, a seguito della Grande Depressione e della bancarotta della politica liberista, le famiglie non furono costrette a ricorrere allo stato per salvare banche e imprese. E’ quanto accadrà anche a F2I.
La politica antistatalista del fascimo fu annunciata da Mussolini nel suo primo discorso alla Camera, il 21 giugno 1925. “Lo Stato”, disse Mussolini, “è simile al gigante Briareo, che ha cento braccia. Io credo che bisogna amputarne novantacinque; cioè bisogna ridurre lo Stato alla sua espressione puramente giuridica e politica. Lo Stato ci dia una polizia, che salvi i galantuomini dai furfanti, una giustizia bene organizzata, un esercito pronto per tutte le eventualità, una politica estera intonata alle necessità nazionali. Tutto il resto, e non escludo nemmeno la scuola secondaria, deve rientrare nell'attività privata dell'individuo. Se voi volete salvare lo Stato, dovete abolire lo Stato collettivista, così come c'è stato trasmesso per necessità di cose dalla guerra, e ritornare allo Stato manchesteriano.”


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