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Khatami alla Cattolica di Milano: “Bush e Cheney sono finiti!”

Martedì 8 maggio l’ex Presidente iraniano Khatami ha tenuto una importante conferenza all’Università Cattolica di Milano sul tema “Necessità e difficoltà del dialogo tra le civiltà nel sistema globale”, in cui ha denunciato senza mezzi termini la politica di “guerra preventiva” dell’amministrazione Bush, paragonandola all’estremismo violento dei terroristi. A conclusione della conferenza, mentre tutte le telecamere televisive e i giornalisti si raccoglievano intorno a lui, la presidente del Movimento Solidarietà Liliana Gorini si è avvicinata a Khatami per dargli una copia dell'ultimo EIR, relativa alle mozioni per l’impeachment di Cheney negli Stati Uniti promosse da LaRouche, e gli ha chiesto “come vede l’iniziativa di LaRouche, Kucinich e McGovern per l’impeachment di Cheney prima che scateni un’altra guerra in Iran?”. “Ah! Cheney!” ha risposto Khatami in inglese “Bush e Cheney sono finiti! E l’iniziativa per l’impeachment mi sembra molto importante, la ringrazio”.
Già nel corso del suo intervento, e delle risposte date ad alcuni studenti di Scienze Politiche della Cattolica, l’ex Presidente iraniano, fondatore e presidente dell’Istituto Internazionale per il Dialogo tra le Culture, aveva fatto riferimento alla crescente opposizione alla politica di guerra di Bush e Cheney anche all’interno degli Stati Uniti. “Tutte le guerre hanno motivazioni puramente economiche” ha dichiarato “e rispecchiano gli interessi dei guerrafondai che le promuovono. I politici approfittano dei sentimenti dei popoli per condurre i loro interessi. Ma storicamente il dialogo è sempre continuato anche durante le guerre, ad esempio la guerra tra la Persia e l’impero romano, quando Alessandro Magno portò la civiltà occidentale nell’Oriente, si incontrò con la civiltà orientale, e questo incontro arricchì entrambe le parti. L’incontro tra le culture, invece dello scontro, è sempre stato positivo. Oggi l’occidente è in una grave crisi, una crisi profonda e distruttiva. L’insicurezza abbraccia sia l’Oriente che l’Occidente. Ci sono estremisti egoisti e violenti che usano l’opinione pubblica per portare avanti obiettivi violenti. Il tema principale del dialogo tra le culture è isolare gli estremisti violenti nel mondo. Il disastro comincia quando la politica si sveste della moralità”.
Il riferimento all’estremismo violento dei neoconservatori era sottinteso, ma è diventato esplicito quando gli ha posto una domanda volutamente provocatoria l’immancabile neoconservatore prof. Vittorio Parsi, sul contenzioso tra Iran e ONU e sui “profeti che si armano”. Visibilmente irritato dall’atteggiamento provocatorio di Parsi, Khatami ha assunto un tono più polemico: “tutto questo accade quando si disprezza l’altro, quando ci si permette di imporre all’altro. Questo è il falso orgoglio dell’Illuminismo, secondo cui la civiltà occidentale è superiore a tutte le altre, il problema del pensiero di Hegel e Kant, o l’ipotesi della “fine della storia” che si è imposta negli Stati Uniti negli anni Ottanta. Si ritiene che il mondo americanizzato possa permettersi di fare qualunque cosa. Fukuyama ultimamente ha cambiato opinione e ha criticato duramente Bush. Quale libertà sta esportando l’amministrazione Bush? La libertà di governi tiranni armati di colonizzare, di rubare il patrimonio nazionale, di disprezzare la mia cultura e i miei valori? La guerra preventiva non ha ridotto il terrorismo, l’ha aumentato. Non direi che bisogna disarmare i profeti, anzi, i falsi profeti che prendono le armi. Bisogna disarmare tutti quelli che amano la violenza, profeti e politici. Promuovendo il golpe contro Mossadeq in Iran, l’America ha gettato le basi per la rivoluzione islamica. Ha appoggiato sia il terrorismo che Saddam Hussein”.
Rispondendo alla domanda di Matteo, uno studente di Parsi, che si è detto invece molto colpito dall’analisi di Khatami sulla crisi del mondo occidentale, Khatami ha aggiunto: “I neoconservatori americani hanno promosso l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq. La loro politica ha avuto un alto costo in termini di vite umane sia per l’Oriente che per l’Occidente. In Iraq sono morti 3.600 americani. La politica degli estremisti perde sostegno nell’opinione pubblica americana, come dimostra il crollo della popolarità di Bush rispetto al 2002, il fatto che i repubblicani abbiano perso la maggioranza al Congresso, le numerose manifestazioni contro la guerra negli Stati Uniti. Io voglio essere ottimista, e spero che trionferà il dialogo tra le civiltà, e se trionferà, sarà grazie a voi giovani”.


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