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Straordinario allarme dal Giappone su un crac finanziario

28 maggio 2007 – Due articoli apparsi sulla stampa giapponese il 21 e il 23 maggio riflettono un nervosismo tutto nuovo nel Sol Levante sul ruolo che il sistema bancario nipponico assolve nel “carry trade” e in altre forme di gobalizzazione, come gli hedge funds, che stanno conducendo all'esplosione del sistema finanziario. Riassumiamo i due articoli.
Il fallimento di un grande hedge fund potrebbe far sprofondare il sistema in una crisi, sostiene un commento dell'Asahi Shimbun del 21 maggio. “I motivi per sottoporre gli hedge funds a stretti controlli sono decisivi”, sostiene il giornale, che nota come “molti fondi pensionistici e società d'investimento mettono il loro denaro negli hedge funds. Di conseguenza questi ultimi non influiscono più soltanto nel sottobosco degli speculatori sfrenati e non sono più estranei al mondo dei normali cittadini. Vogliamo sapere di più su come operano questi hedge funds”. Quali investimenti in quali mercati effettuano gli hedge funds con i loro 1,5 mila miliardi; quanto denaro prendono in prestito da istituti finanziari; quanti prestiti sullo yen carry-trade finiscono agli hedge funds?
“Se gli hedge funds sono collegati alle attività delle istituzioni finanziarie, nella misura in cui i rischi che i primi si assumono pongono una minaccia alla salute dei secondi, i supervisori finanziari dei grandi paesi debbono stabilire delle norme per le istituzioni finanziarie, affinché i loro rapporti con i fondi siano sani ed equilibrati. Se lo yen carry trade genera un eccesso di liquidità a livello mondiale, aumentando di conseguenza i rischi nei mercati finanziari, le autorità fiscali giapponesi dovrebbero considerare una risposta politica al problema”, afferma l'editoriale.
Asahi Shimbun si schiera a favore della regolamentazione degli hedge funds, cosa di cui si discute in vista dell'incontro del G-8 in Germania tra il 6 e 8 giugno, e a tale proposito scrive: “E' essenziale che le nazioni si uniscano nell'affrontare le sfide politiche poste dagli hedge funds nella prospettiva di proteggere la salute di mercati cruciali”.
In un sorprendente commento pubblicato il 23 maggio da Japan Times, l'esponente della Commissione USA-Cina di rassegna economica e di sicurezza Thomas Palley fa appello al Giappone affinché metta fine allo yen carry trade, che definisce “pericoloso” e che rischia di innescare “il contagio globale” mettendo a soqquadro i mercati finanziari mondiali. Da porre bene in rilievo è il fatto che Palley afferma che è il carry trade - e non il valore della moneta cinese - la causa dell'enorme deficit commerciale degli Stati Uniti e “la fonte dell'inflazione mondiale degli assets”. Palley sostiene inoltre che il carry trade ha spinto altri paesi asiatici a svalutare le rispettive monete, con grandi perdite di posti di lavoro e di crescita in altre parti del mondo.
Mentre il commento di Asahi Shinbun attribuisce il principale pericolo alla mancanza di regolamentazione degli hedge funds che dominano il carry trade, Palley punta il dito direttamente alla politica dei bassi tassi d'interesse seguita dalla Banca del Giappone e dalle autorità del Sol Levante. Lo yen carry trade è un volano di speculazione mondiale con una massa di 700-1000 miliardi di dollari, che poggia sugli yen presi a prestito a tassi ridotti da qualsiasi mercato finanziario e speculativo del mondo che gioca sul differenziale dei tassi. Palley critica questa attività perché minaccia di scatenare una crisi generale: “Il carry trade genera fragilità finanziaria, creando scompensi fondamentali e pericolosi ... Un'improvvisa rivalutazione dello yen potrebbe provocare grandi perdite sui mercati dei cambi ... Tali perdite, o la loro semplice prospettiva, potrebbero innescare il contagio globale”.
Palley aggiunge una serie di argomenti a favore dell'eliminazione della differenza dei tassi d'interesse tra il Giappone e il resto dei paesi dell'OCSE, eliminando così il carry trade, cosa che gioverebbe all'economia e alla popolazione del Sol Levante, e conclude: “Il Giappone deve abbandonare decisamente i tassi d'interesse ultra-bassi”.


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