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Le banche centrali optano per l'iperinflazione

24 settembre 2007 – Le decisioni prese dalla Banca d'Inghilterra, dalla Banca Centrale Europea e dalla Federal Reserve USA confermano il giudizio di Lyndon LaRouche secondo il quale la politica delle banche centrali ormai sta diventando una riedizione dell'iperinflazione che devastò l'economia tedesca nel 1923. Di fronte all'esplosione del debito impagabile, soprattutto nel mondo degli hedge funds e private equity funds, notoriamente al di fuori di ogni controllo, le banche centrali emettono ogni giorno miliardi di dollari di liquidità per mantenere una parvenza di solvibilità. In realtà, la politica di tappare le falle con la liquidità non funziona e comporta soltanto un aggravamento della crisi in corso sotto ogni punto di vista, compreso il rischio di un tracollo del dollaro che già perde vistosamente terreno rispetto alle altre monete principali.

Il 18 settembre la Federal Reserve ha aperto i rubinetti riducendo il tasso di sconto di mezzo punto percentuale. Qualche ora prima di tale decisione, LaRouche aveva avvisato che la Fed stava per commettere una sciocchezza suicida: “Ciò che la Banca d'Inghilterra, o il ministro del Tesoro Paulson, stanno facendo, è solo politica. Non ha senso. Aumentare i tassi è micidiale per il sistema, ma abbassarli è la cosa peggiore possibile, l'unica cosa che resta da fare è il cordone sanitario. C'è una risposta soltanto, congelare i titoli che non hanno dietro alcuna sostanza.”

La decisione della Federal Reserve ha innescato un'immediata flessione del dollaro, che per la prima volta ha superato la soglia di 1,40 rispetto all'euro. Il dollaro ha perso terreno anche rispetto allo yen, per cui per i detentori di yen è diventato rischioso tenere titoli in dollari nel proprio portafoglio. Ricordiamo che il Giappone detiene le maggiori riserve in dollari al di fuori degli USA, dopo la Cina.
Una fazione di potere in Inghilterra, che solitamente si esprime attraverso Ambrose Evans-Pritchard sulle pagine del Telegraph, ha fatto sapere attraverso questo canale il 20 settembre che anche un altro gran detentore di dollari, l'Arabia Saudita, potrebbe sganciare la propria moneta dal dollaro, con conseguenze decisamente preoccupanti per il biglietto verde. L'ultima ad aderire alla politica iperinflazionistica è stata la Banca d'Inghilterra, il cui governatore Mervin King fino a un mese e mezzo fa seguiva la “linea dura” di non intervento, condita di sprezzanti giudizi sui sostenitori della linea del “salvataggio”. King ha reso noto il 19 settembre che si apprestava a elargire 10 miliardi di dollari alle banche commerciali, accettando come collaterale titoli dei mercati ipotecari. Si tratta di prestiti a tre mesi e, ha fatto sapere King, l'operazione si sarebbe ripetuta nelle due settimane successive, per un non precisato ammontare di liquidità.

La decisione del 19 settembre s'inserisce sulla scia di quelle che King aveva già preso nelle settimane precedenti per fornire una linea di credito illimitata alla Northern Rock, l'esposizione eccessiva della quale in crediti ipotecari l'ha portata sull'orlo del fallimento, e poi a iniettare 7,25 miliardi di sterline nel circuito interbancario il 17 settembre.
Contemporaneamente la Banca del Giappone ha annunciato che i suoi tassi resteranno stabili allo 0,5% a seguito delle pressioni in tal senso ricevute dalle banche centrali europea e statunitense, in modo che vi sia una pompa in più a immettere liquidità.
Allo stesso scopo la Banca Centrale Europea ha cominciato ad accettare titoli spazzatura ai suoi sportelli, ribaltando la decisione presa due anni fa di accettare come collaterale solo titoli di categoria superiore a AA-.

In realtà non c'è modo per cui il sistema bancario internazionale riesca ad emettere tutto il credito che occorre per soddisfare i debiti che sono stati accumulati nell'epoca di Greenspan. Tassi d'interesse alti conducono al fallimento i detentori di titoli ipotecari e di conseguenza al crollo del debito creato con emissioni su tali titoli. Tassi d'interesse bassi conducono all'iperinflazione e alla fuga dal dollaro, in una situazione in cui la solvibilità degli Stati Uniti dipende disperatamente dall'afflusso di nuovi capitali.
Secondo LaRouche questa crisi non ammette soluzioni entro l'orizzonte del monetarismo. Il debito dev'essere congelato e successivamente dev'essere vagliato. Nel frattempo i governi debbono prendere l'economia sotto il proprio controllo, garantendo il funzionamento della produzione reale e il regolare svolgimento delle attività utili.


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