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L’economia al centro della campagna elettorale USA

5 maggio 2008 – Hillary Clinton ha continuato a riguadagnare terreno nonostante il clima avverso creato delle cariatidi del suo partito e dai mezzi d’informazione. Di contro “la magia” della campagna di Obama pare dover fare i conti con la realtà: 1) gli scarsi consensi tra i colletti blu di cui abbiamo riferito ni precedenza, 2) l’imbarazzo provocatogli dal rev. Jeremiah Wright, per tanti anni suo pastore, in una conferenza stampa del 29 aprile.

Obama ha dovuto prendere le distanze dalla folle retorica da “nazionalismo nero” anti americano di Wright, ma il New York Times faceva notare che il gesto è stato dettato più da ipocrisia che da vera convinzione.

Un nuovo sondaggio della CNN conferma comunque che gli elettori sono interessati alle nuove prospettive per l’economia, un argomento che per la prima volta ha superato persino i crucci della guerra in Iraq. Per il 47% degli intervistati il problema sta nell’inflazione, per il 19% nella crisi dei mutui, per il 13% nelle tasse, per il 13% nella disoccupazione e nel 5% nella crisi della borsa.

Visto che i problemi economici reali sono destinati ad acuirsi, gli analisti politici sono convinti che Hillary Clinton ha più opportunità di raccogliere consensi, come indica il recupero nei sondaggi in Indiana e North Carolina, dove solo fino a poco tempo fa Obama aveva un indiscusso vantaggio.

Le sue posizioni risultano particolarmente rafforzate negli stati più significativi per il voto di novembre, per spuntarla su McCain, mentre così non è per Obama. Se ci sono complicazioni, queste sono dovute alle quinte colonne nel suo stesso partito.

Le cariatidi democratiche come Nancy Pelosi, legatasi al banchiere Felix Rohatyn, o Howard Dean hanno soprattutto motivi personali per osteggiare la candidatura della Clinton, ed è probabile che se Hillary vince dovranno abbandonare la politica. Al piano superiore invece, elementi come George Soros e lo stesso Rohatyn cercano di orchestrare il processo elettorale secondo i disegni britannici: eliminare prima la Clinton e poi Obama per far posto ad “altri”, vuoi Michael Bloomberg oppure Al Gore. Ma hanno fatto i conti senza l'oste, l’influenza esercitata da LaRouche.

 

La crisi del partito democratico USA

Rispondendo ad alcuni membri dello staff elettorale di Obama, preoccupati per i danni inferti dal caso Wright, LaRouche ha suggerito che, a prescindere da chi si aggiudicherà la candidatura, i sostenitori di Hillary Clinton e di Barack Obama debbono lavorare insieme su una base programmatica a difesa della presidenza, come istituzione.

Il 30 aprile Lyndon LaRouche ha diffuso un documento intitolato “Fasciare le ferite”, in cui si ripromette di “aggiungere una fresca nota di ragione, di cui c’è davvero bisogno, nell’attuale campagna delle primarie. Occorre affermare, e su questo occorre essere d’accordo in molti, che se la campagna del sen. Obama barcolla sotto il peso di certi sviluppi recenti, occorre in ogni caso riconoscere che, in ogni caso, i suoi sostenitori ... specialmente i cittadini che appartengono alle fasce inferiori di reddito, hanno il diritto di essere ben rappresentati, non scaricati, nel caso in cui la candidatura del senatore dovesse affondare.

“L’interesse essenziale dei cittadini sta nel successo della presidenza ... i cittadini sono attualmente minacciati dall’iperinflazione, che provoca il collasso e minaccia di disintegrare il sistema economico mondiale. La reale questione politica, a livello mondiale oggi, non è partitica ma esistenziale. Dobbiamo impostare la politica e noi stessi di conseguenza”.

LaRouche affronterà questi temi nella conferenza su internet in programma il 7 maggio alle ore 19.

 

Il diritto di voto dei democratici della Florida

Howard Dean, presidente dell’organismo burocratico centrale del partito democratico (Democratic National Committee), sta cercando di imporre la candidatura di Barack Obama prima della convention di agosto. A tale scopo fa pressione sui superdelegati, quelli eletti nelle primarie e che dovrebbero eleggere il candidato del partito nella Convention, ad esprimersi già all’inizio di giugno. In tal modo però finiscono per essere esclusi i delegati della Florida, spiega Lyndon LaRouche, secondo il quale “Dean non ha scelte, i delegati della Florida debbono dire la loro. Le primarie della Florida sono state valide elezioni regolari”.

Il DNC si rifiuta di riconoscere le primarie tenutesi nello stato il 29 gennaio, in cui Hillary Clinton ha ottenuto il 50% dei consensi contro il 33% riscosso da Barack Obama, perché le elezioni si sono tenute in una data precedente a quella stabilita dal DNC nelle sue regole. Si tratta però di una data imposta dal governo della Florida. Lo stesso è accaduto nello stato del Michigan, dove la data delle elezioni è stata decisa dalle autorità dello stato che non si sentono vincolate dalle regole del DNC, il quale ora non riconosce i risultati del voto. Se si tiene conto di queste due primarie, Hillary Clinton è in vantaggio nel conteggio del voto popolare.

Il 30 aprile i democratici della Florida si sono recati a protestare di fronte all’ufficio del DNC a Washington. La delegazione, composta da centinaia di elettori, era guidata dall’on. Corinne Brown, accompagnata dall’on. Hilda Solis. I manifestanti hanno chiesto di parlare con Dean per sapere come crede di garantire loro una voce in capitolo nella Convention di agosto.

Alla manifestazione ha partecipato una delegazione del movimento giovanile di LaRouche (LYM), che ha riscontrato una grande combattività nei manifestanti. La Brown ad esempio ha tenuto un discorso di fuoco arrivando ad affermare che se i delegati della Florida non avranno il riconoscimento che spetta loro, lei invaliderà la Convention. Howard Dean però si è defilato, lasciando ad un subalterno l’ingrato compito di provare qualche tattica per cercare di ammorbidire i manifestanti. Il LYM ha inoltre trovato nei manifestanti molta sensibilità di fronte alle scottanti questioni economiche e molta ricettività per le proposte formulate da LaRouche.

Una delle organizzazioni che hanno manifestato si chiama Florida Demands Representation, nella sigla FDR, che è l’acronimo con cui è conosciuto in America il presidente Franklin Delano Roosevelt, alla cui figura l’organizzazione si rifà espressamente, come scrive sul suo sito internet. La FDR si ripropone una serie di manifestazioni nelle cinque città principali dello stato il 31 maggio. Ha inoltre diffuso una petizione agli elettori di ambedue i partiti, in cui si chiede che i delegati siano regolarmente ammessi alla Convention riconoscendo le primarie della Florida. Il DNC è espressamente accusato di agire senza rispettare i principi del diritto e della democrazia se non riconosce il voto dei democratici della Florida. Ammonisce inoltre che c’è il rischio che gli elettori, così privati del proprio diritto, finiscano per votare per un candidato che non sia quello democratico, nel voto decisivo di novembre, o, peggio, di rinunciare in blocco al proprio diritto di voto che è stato così calpestato.


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