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La strada per Lisbona si fa tortuosa

26 maggio 2008 – A due settimane dal referendum irlandese del 12 giugno sul Trattato di Lisbona, i sondaggi dicono che il margine di vantaggio del "sì" sta sensibilmente diminuendo, in maniera simile alla vigilia del referendum del 2001 che respinse il Trattato di Nizza. La scorsa settimana il Primo ministro Cowen, che conduce una aggressiva campagna a favore della ratificazione, si è dato la zappa sui piedi confessando di non aver letto il testo del trattato. Gli ha fatto eco il Commissario UE McCreevy il quale, parlando a favore del Sì il 23 maggio a Dublino, ha affermato che neppure lui ha letto il trattato, aggiungendo che nessuna "persona sana o decente lo leggerebbe dalla prima all'ultima pagina". Ci accontentiamo del Bignami, ha più o meno spiegato.

Nel frattempo, il processo di ratificazione non procede così spedito come vorrebbero i promotori, nonostante i governi dell'EU abbiano fatto di tutto per evitare un dibattito pubblico e organizzare un voto parlamentare alla chetichella. Il 23 maggio, la camera alta del Parlamento tedesco, il Bundesrat, ha votato a favore, ma il Presidente Horst Köhler ha sospeso la firma sul voto (che segue quello, anch'esso positivo, del Bundestag) perché sono scattati almeno tre ricorsi alla Corte Costituzionale presentati dal Linkspartei, dal partito Ecologista-Democratico e dal parlamentare democristiano bavarese Peter Gauweiler, assistito dal noto giurista Karl-Albrecht Schachtschneider. I ricorsi riflettono una crescente protesta pubblica in Germania, guidata dal movimento di LaRouche (Bueso), da settori del movimento sindacale e da Attac, espressa anche dal voto di astensione della città-stato di Berlino al Bundesrat.

Nella Repubblica Ceca, è stato il Senato stesso a interpellare la Corte Costituzionale prima del voto, sospendendo per ora il processo di ratificazione. Il governo, che assumerà la presidenza semestrale dell'UE dopo la Francia, a partire dal gennaio 2009, ha preparato due scenari: uno nel caso che il trattato venga ratificato da tutti i paesi membri, e un altro nel caso che fallisca.

In Italia, il neopresidente del Senato Renato Schifani ha annunciato che il voto sul trattato è prioritario. Ma anche da noi si levano autorevoli voci di critica. L'ex ministro e insigne giurista Giuseppe Guarino, ordinario di diritto amministrativo all'Università di Roma, ha diffidato dal ratificare il trattato così com'è, perché esso codificherebbe un sistema di "governo di un organo" o "organocrazia". Il prof. Guarino ha esposto la sua critica in una conferenza pubblica a Firenze il 19 maggio, alla presenza di costituzionalisti, esperti e amministratori. Il trattato viola almeno due articoli della Costituzione italiana, l'Art. 1 ("La sovranità appartiene al popolo") e l'Art. 11 (L'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie"). Riguardo a quest'ultimo, le condizioni di parità sono violate dal fatto che paesi come la Gran Bretagna e la Danimarca, membri del trattato, sono esonerati dalla partecipazione all'Euro. Così essi possono, ad esempio, fissare il tasso d'interesse in modo vantaggioso per loro ma svantaggioso per gli altri firmatari del trattato.

Inoltre, osserva Guarino, il Trattato di Lisbona aumenta sensibilmente i poteri della Commissione Europea. Ad esempio, nel caso della procedura di infrazione del Patto di Stabilità, stabilita dall'Art. 104, la Commissione finora aveva solo il potere di notificare l'avvenuta infrazione al Consiglio dei Ministri dell'EU, che poi decideva se avviare la procedura o meno. Nella nuova versione, sono stati introdotti tre piccoli cambiamenti che spostano quei poteri in seno alla Commissione. Non sarebbe saggio approvare il trattato, riproponendosi di cambiare in seguito le sue parti sbagliate, ha osservato il prof. Guarino. Ciò sarebbe di fatto impossibile, dato che occorre l'unanimità.


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