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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Il metano dei pozzi e l'aria d'alta quota

Uno spietato gioco è giunto al termine. Nel dimostrare il proprio fallimento, il culto del mercato ha minato in profondità il benessere faticosamente costruito nel primo dopoguerra: occorre rifondare la cooperazione internazionale sull’economia fisica!


30 settembre 2008 (MoviSol) - Da quasi cinquant’anni, in Europa, il metano e il petrolio hanno i prezzi agganciati, benché le loro caratteristiche estrattive, di trasporto e d’impiego siano assai differenti.

Tale correlazione fu introdotta in Olanda nel 1959, mentre Enrico Mattei dirigeva le prime perforazioni dell’ENI in Lombardia e nel fondale dell’Adriatico, alla ricerca del metano italiano. La Esso, la Montecatini, la Edison, ecc. cominciarono a profittarne enormemente. Mattei la tollerò, cercando delle compensazioni nel contesto definito dalle sue mirabili e lungimiranti azioni. Con la sua morte, e oggi ancor di più, anche questo vincolo tra i prezzi si rivelò essere una tra la premesse dell’aggressiva marcia dell’oligarchia e delle subalterne Sette sorelle.

Ora che l’iperinflazione del petrolio ci rimanda alle ecologiche “domeniche senz’auto” dei primi anni ’70, ma si accompagna a ricordi ancor più tremendi – quello delle tessere del pane, visto che la crisi sistemica investe tutta l’economia reale -, sorge spontanea l’ingenua domanda: perché mai i due prezzi sono e dovrebbero rimanere agganciati? Affinché la nostra Repubblica possa più agevolmente muoversi nel pieno della crisi, chiediamo che il prezzo del metano (fonte coprente il 40% ca. del nostro fabbisogno energetico) sia liberato dai giochetti al rialzo con cui le “mani invisibili” di Londra, Wall Street, ecc. controllano il greggio.

Ad Enrico Mattei, molto probabilmente, piacerebbe anche intervenire nel salvataggio di Alitalia. L’impresa non è affatto facile, come abbiamo visto. I motivi veri, però, sono da ricercare nell’assenza, alle spalle dell’azienda, di una solida industria aereonautica nazionale (come un tempo avemmo, assieme a tanti altri gioielli industriali), e nell’incapacità di controllare i prezzi del carburante.

La soluzione, pertanto, non è certamente nell’aspettare che il "mercato ci pensi", né nell'affidarsi fideisticamente a privati che per definizione dogmatica farebbero meglio dello Stato. La soluzione deve essere sì d’emergenza, ma al contempo il riflesso di una strategia di lungo periodo, necessariamente di carattere organico.

Come, per esempio, Mattei salvò la Nuovo Pignone, inserendola nel gruppo delle sue aziende di Stato per farla operare in virtù dei nuovi rapporti industriali da lui creati con la Russia (in cambio delle preziose importazioni che permisero, tra l’altro, di evitare o ridurre l’imposizione di tasse sul greggio), oggi si dovrebbe pensare – anche se, al confronto, maggiormente ostacolati dalle dissonanze del carente “concerto di nazioni sovrane” e dalla specifica bancarotta del mondo finanziario – di stabilire rapporti preferenziali nel campo dell’aviazione, soprattutto civile, con quei Paesi che volessero svincolarsi ancora una volta dalla mediazione speculativa del petrolio. Il fifty-fifty è sempre possibile, Signori!

Solo in questo modo si realizzerebbero i presupposti della rinascita della filiera (ricerca tecnologica, produzione industriale, trasporti e commercio) con le piume.

Non si dica che i costi sono negli stipendi dei piloti.

Epilogo

Gli eventi di queste settimane rivelano che, piuttosto che espressione di ragione, il libero mercato è l’oggetto di un culto, esposto ormai al senso del ridicolo.

Davanti a questa o ad altre forme di politica matteiana, il pensiero di alcuni lettori potrebbe correre immediatamente ai vincoli espressamente anti-dirigistici, sanciti con il Trattato di Maastricht. È chiaro, ad un numero crescente di cittadini, che le due politiche, (1.) direzione dell’economia da parte del potere pubblico e per il bene comune e (2.) soppressione degli investimenti produttivi per soddisfare al solo criterio del pareggio di bilancio, sono antitetiche, ma si tratta di capire quale delle due sia destinata ad affermarsi, nella storia.

Con il futuro fallimento di qualche banca nostrana (cioè cisatlantica), a qualcuno si porrà la falsa alternativa, tra l’opzione del salvataggio - equivalente ad una nazionalizzazione – di entità assolutamente anti-produttive, e l’opzione del laissez-faire - equivalente all’innesco di una reazione a catena. O Maastricht sarà violato per scopi altrettanto errati, o Maastricht sarà maledetto tra le cause del crac. Insomma, siamo davanti al fallimento dell’approccio monetarista all’economia.

La soluzione alla crisi va cercata al di fuori di questa contrapposizione che, nei termini dei suoi effetti, è una “coincidenza degli opposti”. Quel che la logica esclude, la creatività ha il compito di riportare in primo piano: dobbiamo rifondare il sistema sui principii dell’economia fisica, reale e produttiva, come furono elaborati da Lyndon LaRouche, per prevedere questo crac e indicare come prevenirlo.

Flavio Tabanelli
Movimento Internazionale per i diritti civili - Solidarietà


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