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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Un altro errore voluto,
di quelli che portarono alla seconda guerra mondiale

Le condizioni di Versailles
imposte all’Islanda

25 ottobre 2008 (MoviSol) - Gli Islandesi percepiscono di essere trattati come i Tedeschi alla fine della prima guerra mondiale, benché non abbiano provocato alcuna guerra. Si dice, infatti, che il Fondo Monetario Internazionale si rifiuti di concedere alcun prestito, prima che l’Islanda si sia messa in pari con la Gran Bretagna. Quest'ultima chiede all’Islanda di indebitarsi di 3 miliardi di sterline, come rimborso ai depositanti britannici. Petur Bloendal, parlamentare islandese, ha definito altamente improbabile l’approvazione da parte del Parlamento della contrazione di un simile debito, e ha detto che le richieste della Gran Bretagna e dell’Olanda “ripartite tra gli Islandesi, ammontano ad una somma procapite equivalente a tre o quattro volte le riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale”, basandosi sulle affermazioni del Financial Times.

Lo stesso giornale ha raccolto la rivelazione del governatore della Banca Centrale Islandese David Oddson: durante l’estate le banche islandesi tentarono invano di interessare la Riserva Federale americana, la Banca d’Inghilterra e la Banca Centrale Europea al problema dell’imminente crisi bancaria.

L’oligarchia finanziaria anglo-olandese, invece, si aspetta che ogni Islandese - che sia uomo, donna o bambino non importa - rimborsi responsabilmente le perdite delle sue banche private.

In risposta alle pretese legalistiche britanniche, il Primo Ministro Geir Haarde ha dichiarato al Parlamento di quel Paese che “le autorità islandesi non intendono contrarre degli obblighi differenti da quelli cui sono chiamate ad onorare, ai sensi della legge. Non siamo d’accordo sull’interpretazione legale che la Gran Bretagna ci ha comunicato”.

Il Ministro degli Esteri Gísladóttir ha aggiunto che “non siamo pronti a legare un tale fardello alla nazione, come propone la Gran Bretagna, poiché crediamo che sarebbe superiore alle nostre possibilità”.


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