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La crisi finanziaria non c’entra con il denaro!

30 ottobre 2008 (MoviSol) - La crisi economica, ormai, è nei pensieri di tutti, ogni giorno. Mentre ci interroghiamo con qualche difficoltà sull’origine e sulla natura del problema, la fatica è accresciuta dal bombardamento di notizie sull’attività dei mercati finanziarii, i quali - in realtà - nulla hanno a che vedere con l’economia reale.

Potremmo dire che, in realtà, quella massa di informazioni finanziarie opera come una sorta di lavaggio del cervello. Associare ripetutamente il concetto vero di economia fisica a quello del gioco d’azzardo, altrimenti noto come ‘mercato finanziario’, espone chiunque non abbia una preparazione adeguata in materia di scienze fisiche, ad un’irreparabile confusione. Questo è già accaduto, negli ultimi decenni, alle migliaia di laureati in economia dell’Università di Harvard, ora completamente incapaci di elaborare una qualunque soluzione sana a questo caos rampante.

Secondo un recente sondaggio di Associated Press, il 53% degli Americani crederebbe che nel giro di tre mesi l’economia migliorerà e che il mercato azionario tornerà a salire. Benché fatichiamo a credere che così tanti Americani abbiano ancora gli occhi foderati di prosciutto, rimane vero che l’associazione tra economia fisica e mercati finanziarii palesa un’ignoranza abissale in economia, e una fede mistica nei mercati.

La ragione della grande diffusione dell’incompetenza economica è da ricondurre alla mancanza di comprensione scientifica della realtà. Nel suo saggio “Commercio senza valute”, Lyndon LaRouche disse chiaramente che non esiste alcuna relazione conoscibile tra il concetto di valore economico e quello di valore finanziario.

Scrisse infatti: “La questione è che, contrariamente alle superstizioni da ‘Paese di Laputa’ che certi accademici dalle tendenze mistiche diffondono presso i loro studenti creduloni, ad Harvard, a Chicago e in altre Università, nella pratica economica quotidiana i prezzi e i valori ad essi correlati non sono mai vicini alla realtà, più di ciò a cui si prestano: la sua ragionevole approssimazione; Il mitico ‘prezzo giusto’ [di qualunque merce o servizio] esiste soltanto nella mente degli illusi. Contrariamente a quanto affermano gli utilitaristi come Jeremy Bentham, non esiste un prezzo/valore asintotico cui le merci dovrebbero tendere, convergendovi come se fossero in ‘caduta libera’. Nei processi economici reali non esistono numeri casuali, ma soltanto incalliti ciarlatani che insegnano un dogma fondato su quei numeri casuali”.

Conoscere o non conoscere?

Per comprendere il principio invocato da LaRouche, scopriamo assieme ciò che la mente umana può conoscere, e ciò che non può conoscere. Disegnamo un cerchio ed un suo diametro. Con l’apertura pari al raggio, puntiamo il compasso su un punto qualsiasi della circonferenza e tracciamo un archetto attraverso la circonferenza. Ripetiamo questa procedura a partire dal nuovo punto trovato. Proseguiamo fino a ritornare sul primo punto. Avremo così costruito un esagono.

VEDI LA PRIMA ANIMAZIONE

Costruiamo ora un dodecagono (dodici lati), raddoppiando il numero di lati dell’esagono appena individuato. Domandiamoci che cosa conosciamo, ora, dei nuovi lati ottenuti. Dividiamo il lato AH dell’esagono a metà e tracciamo il raggio della circonferenza passante per questo punto medio O: il raggio incontra la circonferenza in L. Da L tracciamo la corda LH, ovvero il lato del dodecagono. Che lunghezza ha questa corda? Che lunghezza ha il lato LH del dodecagono? Pensateci su. Lo sapete? La cosa non è così ovvia come nel caso dell’esagono, vero?

A questo punto, chi è forte in algebra si getta a testa bassa in calcoli elaborati, senza però attenersi all’aspetto geometrico, o figurativo, quindi senza procedere in tutta autonomia mentale.

Cerchiamo di essere, invece, più filosofici: ci serve per distinguere ciò che conosciamo da ciò che non conosciamo.

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Attribuiamo al raggio CL una lunghezza pari a 2. Il lato dell’esagono, pertanto, sarà uguale a 2, e la sua metà 1. Con il famoso teorema di Pitagora, possiamo ottenere la lunghezza di OC comparando i quadrati costruiti sui lati dei veri triangoli. Il quadrato di OC deve essere uguale alla differenza tra il quadrato di 2 (CH2) e il quadrato di 1(OH2). Dunque OC2 = 3, quindi il segmento OC è lungo √3. Che numero è √3? Lo chiamano numero irrazionale perché, come molte cose, è inconoscibile in sé. Tuttavia, sappiamo che è il lato di un quadrato di area 3. Il tre è facile da capire; ma non è così per la sua radice quadrata (√3). La calcolatrice non può aiutarci più di tanto, poiché ci fornisce una buona approssimazione di questo numero, ma pur sempre un’approssimazione. La calcolatrice non sa che cosa stia facendo. La mente umana, invece, può capire che cosa sia la radice quadrata, conoscendone la relazione col quadrato.

Attenzione, però! Quant’è la porzione LO del raggio, oltre il segmento OC? 2 - √3. Che genere di numero abbiamo, adesso? Il segmento LO è chiamato apotomo. Benché lontano da essere conoscibile, è come se lo fosse un po’ di più. Con questo valore di lunghezza, possiamo passare a calcolare la lunghezza del lato del nostro dodecagono, impiegando ancora una volta il teorema di Pitagora.

Il quadrato di LH è uguale alla somma del quadrato di OH e del quadrato di LO. Ovvero il quadrato di AB è uguale alla somma del quadrato di 1 e del quadrato di 2 - √3. Questo vuol dire che LH2 è uguale 8 - 4√3. Così abbiamo scoperto la lunghezza del lato del dodecagono.
LH = √(8 - 4√3). Che cosa notiamo, adesso? La radice quadrata di una radice quadrata? Per meglio dire, si chiama “radicale doppio”? Che strano numero, vero? Come possiamo pensare di comprenderlo? È possibile soltanto risalire all’indietro, attraverso la successione:
diametro — raggio — quadrato — apotomo — quadrato dell’apotomo.
In questo, siamo lontani dal diametro per ben “cinque gradi di conoscibilità”.

Questo approccio, tuttavia, resta fin troppo algebrico. La nostra mente comprende molto meglio il significato di queste lunghezze se esaminiamo le aree coinvolte. Esaminando, con la prossima animazione, il triangolo formato dal lato del dodecagono, dalla sua diagonale maggiore HP e dal diametro, troviamo che il rettangolo di lati LH e HP (la sua area) è pari ad un quarto del quadrato costruito sul diametro. I quadrati di questi lati LH e HP, inoltre, sono uguali al quadrato del diametro.

VEDI LA SECONDA ANIMAZIONE

La linea curva e la linea retta

Ora, domandiamoci quale sia la relazione tra la circonferenza e il raggio di un cerchio. I nostri esempi precedenti non bastano, perché non si può costruire un poligono con tanti lati da farlo diventare un cerchio. Un poligono con un miliardo di lati, per fare un esempio, anche se la differenza è impercettibile, può soltanto approssimare il cerchio in cui è inscritto. Dobbiamo impiegare un metodo differente per studiare quella relazione, poiché sono a confronto due specie (o qualità) differenti di spazio fisico.

Scegliendo il raggio come unità, la lunghezza della circonferenza – lo sappiamo dalle scuole elementari – risulta pari ad un numero con infinite cifre decimali (pi greco, o 3,141592….). Il valore esatto della circonferenza, rapportata al raggio, non è trovabile, se non in modo approssimato. Tuttavia, guardiamo al problema da un altro punto di vista: pieghiamo in due parti uguali il cerchio (compiendo così un’azione di rotazione circolare) evidenziando un suo diametro. Fermi! Non pensate ai numeri, buttate via la calcolatrice! Per conoscere, o per definire che cosa non possiamo conoscere, nella relazione tra raggio e circonferenza, dobbiamo affidarci ad un processo fisico, come riferimento mentale. Se fate fatica, eseguite la procedura con un pezzo di carta vero e proprio, tagliato in forma di cerchio. È piacevolissimo, tra l’altro.

I trascendentali e le loro contrazioni

La natura trascendentale dell’azione circolare nella realtà fisica si rende evidente solo dopo un’indagine approfondita. Qualunque macchina (la vostra automobile, una sega circolare, ecc.) fa uso di una qualche forma di azione circolare. Provate ad immaginarne una che non faccia uso di un moto circolare. Persino la sega manuale può tagliare il legno soltanto se le vostre articolazioni ruotano.

In geometria, per ottenere una linea retta basta piegare a metà un cerchio. Una volta ottenuta una retta, però, non è possibile costruire una linea curva, né un cerchio. Così, tra una linea curva e una linea retta esiste una relazione, ma non un proporzione, che esprime un ordinamento gerarchico. Il cerchio è trascendentale (di ordine superiore) rispetto alla retta. Ma ora, guardiamo più attentamente che cosa abbiamo sotto agli occhi.

Qualunque studente di filosofia deve aver incontrato un paradosso, nella sua carriera: deve aver incontrato un’idea intangibile ma tale da avere effetti tangibili nel mondo materiale. Che genere di relazione c’è, in questo paradosso? State pensando al cerchio e alla retta? Lasciamoli perdere, adesso: ci interessano cose più importanti! Saliamo di livello: entrambi ora coincidono in una sola idea, benché espressa con una moltitudine di concetti matematici.

I processi dell'economia fisica e i loro contratti

L’azione fisica più essenziale, in questa lezione di economia, è l’azione “circolare” della mente umana mentre tenta di risolvere le inconsistenze presenti in natura e di scoprire i principii fisici universali. La comunicazione di tali scoperte è espressa al meglio tramite la costruzione delle infrastrutture e lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura. Questi risultati, sotto forma di cambiamenti nel comportamento della società, portano ad una crescita della produzione fisica di quella società, considerata nella sua interezza. Questa è l’economia. Per chiarezza, la qualifichiamo con “fisica”, economia fisica. La produzione fisica di una società è il frutto di un processo, ma tale produzione non coincide con il processo stesso. Per esempio, un impianto nucleare e i processi ad esso associati sono una conseguenza del lavoro di scienziati, ingegneri, macchinisti, operai, ecc. associati in un’azione comune. L’impianto nucleare, quindi, ha un valore soltanto in quanto è un prodotto della creatività umana: non ha valore in sé, né di per sé.

È in questo modo che dobbiamo interpretare la relazione dell’economia (il termine trascendentale) con i valori finanziarii (le sue contrazioni, i suoi contratti). Ecco perché si chiamano contratti. L’economia reale NON È MAI prodotta dal denaro. Soltanto un’economia fisica può creare le condizioni di un sistema stabile di banca e finanza. Come potranno funzionare, allora, i salvataggi oggi all’ordine del giorno? Che cosa ci si propone di salvare? Quanti salvataggi hanno mai prodotto una mente umana sviluppata? Quante riprese di borsa ci sono volute per portare il primo uomo sulla luna? Quante società d’investimento servirono per costituire uno stato nazione nella forma di repubblica sovrana? Il modo migliore per capire come opera la vera economa, è seguire l’esempio del New Deal di Franklin Delano Roosevelt. Concentrandosi sulla produzione fisica dell’economia, piuttosto che dar spazio alle preoccupazioni per l’impertinente indice Dow Jones Industrial Average, Roosevelt fu in grado di promuovere una strepitosa crescita delle scoperte ad opera della mente umana creativa. Fu questo a salvare la nazione americana, non soltanto dalla rovina economica, ma anche dal partito nazista, ampiamente finanziato dalla Gran Bretagna e da Wall Street.

Quelle minacce sono di nuovo davanti a noi, oggi. Le nazioni hanno il dovere di riunirsi in una Nuova Conferenza di Bretton Woods, per stabilire un sistema di credito a tassi valutari fissi (variabili previo accordo tra le nazioni interessate) e lanciare una stagione di accordi internazionali si lungo periodo, che abbiano per oggetto lo sviluppo delle infrastrutture, dell’agricoltura e dell’industria, con lo stesso impeto del programma spaziale Apollo, un programma che fece della scienza il motore della civiltà.


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