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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Contra Greenpeace

Elezioni europee 2009

25 maggio 2009 (MoviSol) - Le seguente lettera è stata inviata ad un largo numero di candidati alle elezioni europee, usando i loro indirizzi di posta elettronica ufficiali. Ci siamo rivolti al massimo numero possibile di candidati. Invitiamo i nostri lettori a spedire questa stessa lettera a quelli della propria area geografica.


Immagine diagnostica di una patologia della
tiroide, ottenuta con l'isotopo radioattivo del
tecnezio (Tc-99m), derivato dall'uranio con la fissione che alimenta le centrali nucleari.
Fonte: www.tiroide.net

Cara Candidata,
Caro Candidato,

Questo scritto confuta le tesi esposte da Greenpeace nel documento dal titolo "Indagine di Greenpeace sulla posizione sul nucleare dei candidati alle prossime elezioni europee", pubblicato l'11 maggio 2009.

Il documento in questione accompagna una lettera che Greenpeace invia ad una rosa di candidati alle elezioni europee dei primi di giugno.

Nella lettera si chiede di esprimere [entro il 25 maggio 2009, NdR] un parere riguardo la realizzazione sul territorio italiano di impianti nucleari del tipo EPR e di uno o più depositi di scorie nucleari.

Ricordiamo che Greenpeace è una delle tante associazioni create sotto l’ombrello del malthusianesimo e delle ideologie che negano il ruolo della creatività umana. Il neodirettore Onufrio, infatti, ribadisce il pregiudizio: "La sfida del Ventunesimo secolo sarà quella di riprogettare il sistema di produzione e consumo per tener conto dei limiti ambientali e delle risorse". L'uomo, invece, non è semplicemente una scimmia fisiologicamente evoluta: sa superare i limiti ambientali e quelli definiti dalle risorse [1].

Il documento si apre presentando il disegno di legge n. 1195 su "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" come un atto legislativo che, se approvato dalle Camere, darebbe un carattere "sovietico" alla gestione da parte dell'Italia del proprio futuro energetico. Il riferimento allo stile sovietico è forse un tentativo di giocare ancora una volta sull’effetto della tragedia di Chernobyl, deformando di nuovo alcuni fatti importanti della vicenda.

Nel paragrafo su "L'eredità radioattiva italiana", si fanno dichiarazioni in merito ai rifiuti nucleari senza tener conto dei seguenti punti:

  1. 1. Prima di definire una massa radioattiva come un rifiuto, bisogna aver eliminato ogni ragionevole ipotesi che autorizzi a pensare quella stessa massa come una risorsa da sfruttare, prima che sia definitivamente esaurita. È perlomeno stravagante che Greenpeace, una delle associazioni più battagliere in fatto di "riciclaggio ecologico", si dimentichi che anche i "rifiuti nucleari" sono "riciclabili".
  2. 2. Per quanto riguarda il sito di Scanzano Jonico, ricordiamo che la quantità di "rifiuti nucleari" italiani certamente non è, in ragione dell'abbandono della produzione elettronucleare [2], tanto elevata da impedire di pensare di impiegare una cava di salgemma abbandonata. Semmai si rischia di occuparne una minima parte, sprecandola. Nel riportare i dati elaborati dalla Conferenza Stato Regioni del 1999, infatti, Greenpeace riassume in un cubo di ~46 m di lato il volume totale dei rifiuti di seconda e terza categoria [3].

Tra l'altro, si ricorda che i rifiuti di seconda categoria sono dovuti, per la metà del peso, a materiale fissile miseramente inutilizzato.

Per quanto riguarda l'argomento secondo il quale un ritorno al nucleare non servirebbe nemmeno come "falsa soluzione per il clima", elenchiamo i seguenti punti degni di una risposta da parte di Greenpeace:

  1. a. Finito il tempo dello spauracchio del "riscaldamento globale" ora si parla di più vaghi "cambiamenti climatici", ostracizzando chi indaga seriamente sulla fisica delle influenze extraplanetarie sul clima, come quelle dei cicli del sole e dei raggi cosmici. Così, la rozza accusa nei confronti delle attività umane soffoca le ipotesi più scientifiche, capaci di farci comprendere come affrontare anche eventi ben più drammatici, nel contesto del ciclo naturale delle ere glaciali.
  2. b. Che l'entrata in funzione delle ipotetiche nuove centrali nucleari sia da posticipare al 2020 è una crassa menzogna. Avvalendosi della miglior tecnologia, si potrebbero impiegare tempi tecnici di 3-4 anni (questi sono i tempi tipici del Giappone, mentre l’americana Westinghouse garantisce già la consegna di impianti nucleari "chiavi in mano" in 4-5 anni), costruendo le centrali in serie (e non più "per prototipi", come agli albori di questa industria ormai matura). Ma evidentemente Greenpeace mette in conto anche il suo piano B, quello dell'assoggettamento dei cantieri ai "tempi eco-burocratici".

Ma veniamo ora alla questione della sicurezza degli impianti EPR. Gli argomenti di Greenpeace vogliono e possono soltanto far pensare che i nuovi reattori siano poco sicuri. Il settore del nucleare è sempre stato il più sicuro, proprio perché i progettisti sapevano di trattare con qualcosa di potenzialmente pericoloso. Le novità del settore non possono che migliorarlo. Quanto sollevato da Greenpeace, per quanto è dato capire [4], potrebbe essere connesso al fatto che tanti anni di liberismo hanno impoverito la capacità produttiva, anche sul piano qualitativo, delle nostre industrie. In generale, il problema della sicurezza rimane una questione di credito produttivo diretto alla ricerca scientifico-tecnologica di punta, argomento non molto amato da associazioni come quella in questione.

Infine, veniamo al paragrafo dedicato ai "costi non sostenibili del nucleare in Italia": Greenpeace ha fatto stimare un costo di 25 miliardi di euro per i quattro EPR, concludendo che la spesa non è alla portata dell'ENEL. La logica plauderebbe ad un ragionamento così semplice. Tuttavia, con queste considerazioni da ragioniere contabile, limitative di un panorama tecnologico assai più vasto, Greenpeace corrompe i lettori meno esperti (sono la maggioranza), escludendo il seguente fatto importantissimo: è l'avanzamento nelle tecnologie capaci di produrre quantità crescenti di energia il solo fine e la sola giustificazione dei crescenti investimenti monetari. Oltre ad escludere altre soluzioni costruttive (come il PBMR), Greenpeace evita qualunque critica o discussione del modello stesso cui è ispirato, ormai da troppo tempo, l'assetto finanziario delle relazioni tra lo Stato e le imprese di importanza strategica: il libero mercato. Non male per un'associazione che si vorrebbe no-global!

Non ci stanchiamo di ricordare che il kWh prodotto con il nucleare ha il costo più basso in assoluto, rispetto a tutte le altre fonti di energia oggi disponibili.

Dato il livello tecnologico raggiunto dall'ingegno umano, essere contro l’impiego dell'energia nucleare, che è naturale quanto i fenomeni geologici, biochimici e astronomici, significa privare l'umanità dell'unica causa efficiente di crescita dei livelli di produttività fisica, per ogni settore dell’attività umana. Poiché la capacità produttiva sta collassando e la popolazione umana tende naturalmente a crescere, opporsi all’energia nucleare equivale a provocare, più o meno consapevolmente, un genocidio globale.

Anche nella gara a prevedere catastrofi serve essere scientifici.


Note:

[1] - In realtà, sono le risorse stesse che hanno una definizione passibile di revisione. L'uranio ad esempio non era considerata una risorsa fino a qualche decennio fa, ora lo è. Certi processi di trasformazione, ad esempio la desalinizzazione dell'acqua, rendono risorsa ciò che altrimenti non sembrerebbe esserlo. Così, una volta ridefinite le risorse, in base ad un avvenuto salto tecnologico, cambiano anche i limiti demografici della nostra specie.

[2] - Abbandono ottenuto con la manipolazione politica dell'esito del referendum del 1987. Abbiamo cessato di produrre energia, ma non di pagare gl'ingenti costi di gestione degli impianti, alcuni dei quali appena costruiti. È indicativo dell'isterismo di quegli anni che, a fronte dell'incidente di Cernobyl, l'Italia fu l'unico Paese ad abbandonare il nucleare, al contrario di Germania, Francia e Inghilterra (solo per citarne alcuni) in cui la tecnologia nucleare non era affatto più avanzata di quella italiana.

[3] - Prima categoria: 90% dei rifiuti prodotti, 1% della radioattività prodotta, basso livello di pericolo (materiale sanitario di medicina nucleare, camici usa e getta forniti ai visitatori degli impianti nucleari, ecc.);
Seconda categoria: 7% dei rifiuti prodotti, 4% della radioattività prodotta, medio livello di pericolo (guaine degli elementi combustibili, ecc.)
Terza categoria: 3% dei rifiuti prodotti, 95% della radioattività prodotta, alto livello di pericolo e a più lungo tempo di decadimento.
Fonte: sito di Ingegneria Energetica e Nucleare.

[4] - Sulla scheda riepilogativa relativa alla costruzione del reattore EPR in Finlandia si fanno riferimenti, per es., ad aziende polacche inesperte nelle saldature e subappaltatori indiani che non conoscono le caratteristiche climatiche della regione.


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