Mappa del sito

Newsletter

Il CD di Solidarietà

© Copyright

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
MoviSol.org
Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

   

A Trento il festival del globalismo razzista comportamentale

6 giugno 2009 (MoviSol) - L'edizione di quest'anno del "Festival dell'Economia" di Trento, organizzato dall'economista di casa De Benedetti, Tito Boeri, ha offerto una passerella di economisti "comportamentali" della squadra di Obama a riprova del fatto che gli "psico"-economisti non sono altro che un arnese della nuova forma di impero mondiale razzista chiamato globalizzazione. Lasciando da parte i "processi agli economisti" fatti più per abbagliare che per fare vera autocritica (la prova è che nessuno ha menzionato l'unico economista che aveva previsto la crisi, Lyndon LaRouche), il Festival, intitolato "Identità e crisi globale", si riproponeva di affrontare il problema di "governare una crisi globale di fronte al rafforzamento di identità locali", come ha scritto Boeri nell'introduzione, chiedendosi se "possono queste diverse identità locali conciliarsi con una identità globale che sostenga la delega di poteri a organismi sovranazionali, di coordinamento fra paesi, come il G20, nella gestione della crisi". "La lezione peggiore e più pericolosa da trarre da questa crisi è che essa sia figlia della globalizzazione", ha sentenziato.

A rispondere sono stati chiamati i "comportamentali" James Heckman e George Ackerlof, che hanno parlato di "economia e psicologia della personalità" e di "spiriti animali". I titoli degli altri interventi danno un'idea del sapore globalista, antinazionale e razzista della manifestazione: "I confini delle nazioni", "Megacomunità", "Come la globalizzazione può aiutarci a uscire prima dalla crisi", "Esiste un'identità europea?", "Identità nazionali", "Conflitti di identità nella storia" e via dicendo.

L'economista di Harvard Alberto Alesina, autore assieme a Francesco Giavazzi del noto libro "Il liberismo è di sinistra", ha pontificato sulla dimensione ideale delle nazioni, suo piatto forte, sostenendo che solo quelle piccole, monoreligiose e monoetniche sopravvivranno nella globalizzazione.

Alesina ha dovuto ammettere che una nazione grande ha il vantaggio di "un mercato economico grande al suo interno" che garantisce una presenza forte sui mercati mondiali. Ma nel mondo globalizzato, "sono i paesi più piccoli ad avere maggiore successo degli altri". Ecco perché la globalizzazione favorisce il separatismo. Le grandi nazioni hanno dei costi da abbattere, come "la maggiore eterogeneità" (differenze "culturali, religiose, etnolinguistiche"). Anche le grandi città multietniche, come New York o Los Angeles, sono a rischio. "Molti studi dimostrano che persone di religioni ed etnie diverse collaborano meno facilmente rispetto a persone dello stesso gruppo".

Con grande candore, Alesina afferma che il colore della pelle è un ostacolo all'integrazione. Alesina e tutti quelli della sua specie escludono il fattore culturale, quello che distingue l'uomo dalle bestie e che è il vero cemento delle nazioni. Con ciò, tradisce il vero volto della globalizzazione: la distruzione delle nazioni come espressione della cultura di un popolo. La cultura, è vero, è di ostacolo a sistemi che riducono i popoli in schiavitù.


[inizio pagina]