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Quarantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna

Per uscire dalla crisi, servono uomini su Marte

22 luglio 2009 (MoviSol) - L'impresa lunare fu paragonata da Werner von Braun al passaggio delle prime coraggiose specie acquatiche sulle terre emerse. È, infatti, assolutamente naturale questa spinta verso lo spazio extraterrestre [1].

L'anniversario dello sbarco sulla Luna coincide con la fase terminale del collasso economico globale, che fu determinato, proprio una quarantina di anni fa, anche dal sabotaggio del programma spaziale. L'ottimismo politico e filosofico che quell'impresa celebrò deve essere recuperato, per la sua preziosa capacità di identificare l'unica strada per uscire dall'attuale crisi culturale ed economica planetaria.

La storia della nostra civiltà ha conosciuto altre crisi politiche ed economiche, che furono al tempo stesso riflesso e causa di interruzioni o regressi nel destino pur progressivo della scienza. Mentre la crisi avanza e la nostra scienza cede di fronte a diverse fascinose deformazioni o superstizioni riguardo la natura e il nostro ruolo nell'universo, occorre ristabilire alcuni punti fermi: urge l'elaborazione collettiva di una concezione generale dell'universo coerente con i processi fisici di un'economia in espansione e di princìpi di azione politica tali da fondare la ripresa nel solo modo possibile, ovvero su quel genere di infrastrutture intercontinentali, globali ed extraplanetarie che sappiano coinvolgere il potenziale creativo di ciascun essere umano.

Per uscire da questa crisi terrestre, servono uomini su Marte.

Rivoluzioni scientifiche e crisi politico-economiche

Nel suo preziosissimo libro su "La rivoluzione dimenticata" Lucio Russo discute di numerose conoscenze scientifiche che erroneamente attribuiamo ai moderni. Tra queste è la misura del raggio sferico della Terra, ad opera di Eratostene, il bibliotecario di Alessandria d'Egitto, "massimo responsabile della politica scientifica statale".

Per il prof. Russo, chi pensa che il metodo dello scienziato ellenista "pur essendo certo ammirevole per gli 'Antichi', sia elementare per noi 'moderni' dovrebbe forse riflettere sul fatto che le misure 'moderne' della Terra si basano su circa due secoli di studio delle opere ellenistiche sull'argomento". Dal suo studio, inoltre, emerge la convinzione che quell'esperimento cruciale fosse stato possibile anche grazie ad una previa misura del meridiano terrestre, "necessaria per la realizzazione di carte geografiche e, soprattutto, nautiche", impresa probabilmente "finanziata dallo stato con una larghezza simile a quella usata per altre opere utili alla navigazione come il Faro e il Canale". Gli scienziati e gli scrittori successivi non riprodussero più autonomamente quelle misure poiché, "potendo ancora leggere l'opera di Eratostene, essi sapevano che egli si era basato su un complesso lavoro di rilievo topografico non più realizzabile nelle nuove condizioni politiche" di decadenza culturale. Russo prosegue: "Gli scrittori di epoche successive, in cui si era perso anche il ricordo della possibilità di progetti scientifici finanziati dallo stato, hanno trasmesso il ricordo di una 'geniale' idea isolata", ma questa è evidentemente una rappresentazione distorta di quella realtà lontana eppure ancora influente sul nostro presente. Infatti Russo si chiede: "Non è accaduto lo stesso, del resto, anche per l'idrostatica di Archimede?"

La conclusione del paragrafo dedicato a questo argomento è un paragone tra la "elevata capacità di organizzazione del lavoro, che spesso consideriamo una prerogativa della civiltà moderna" e le condizioni in cui i francesi moderni misurarono la Terra. "Ricordiamo che nel 1669", infatti, "si era ben lontani dal poter scavare un canale dal Mediterraneo al Mar Rosso. Per questo sarebbero occorsi ancora due secoli e una capacità organizzativa ben maggiore di quella che poteva assicurare l'Accademia di Francia nel XVII secolo. I Tolomei lo avevano fatto qualche decennio prima della misura di Eratostene".

Mente, natura ed economia

Nel rispetto dalla dinamica di correlazione tra i domìni che Vernadskij caratterizzò come sfera del non vivente, biosfera e sfera della cognizione (o noosfera), la civiltà ha sempre dipeso dall'interazione reciproca tra la creatività dei singoli individui e la capacità collettiva di sfruttare, riconosciutane l'importanza, le idee che costituiscono il cosiddetto "avanzamento delle scienze".

La lezione da trarre dalla vicenda di Eratostene è che mentre è scontato riconoscere la dipendenza dalle grandi idee scientifiche dei miglioramenti tecnologici e dei livelli di vita delle popolazioni in generale, è meno chiaro ai cittadini e agli elettori come anche le grandi rivoluzioni scientifiche avvengano soltanto se opportunamente incubate, nell'ambito di programmi "finanziati dallo Stato" con cui il lavoro di tutti sia riqualificato con il beneficio di una (ri)organizzazione innovativa, ovvero di programmi pubblici di spesa e investimento che siano espressione di una precisa volontà politica.

Nel pieno della crisi finanziaria ed economica da noi prevista, anche il nostro programma politico e scientifico di ripresa assume un'indiscutibile valenza strategica. Mentre si fa pressante la necessità di investire enormi capitali nell'aumento del potenziale produttivo del lavoro, la maggioranza dei "politici", all'opposto, risolverebbe tutto con il puro e semplice risparmio. Questo errore metodologico passa inosservato a chiunque sia più o meno influenzato dalla visione economica diffusasi, come una pandemia, a partire dal MIT, dalle università di Chicago, di Harvard, ecc.

Proprio mentre il programma lunare di J.F. Kennedy stava dimostrando la sua potenza economica, quella visione "da contabile" dell'economia ispirò le manifestazioni di opposizione e i suoi propugnatori, veri e propri traditori della missione costituzionale americana, proposero i primi "tagli finanziari", oggi un classico, che ne causarono il declino.

Così, per chi ha sempre pensato da contabile, suggerendo il "risparmio" equivalente all'arresto dello slancio tecnologico di una civiltà umana in via di espansione, è naturale (per quanto stupido) continuare a pensare da contabile, anche se oggi lo stesso pensiero equivale più direttamente ad un suicidio, o al salvataggio di pochi usurai (gli speculatori) a danno di miliardi di persone.

Commemorare lo sbarco sulla Luna, compiuto da americani sì, ma "in pace per tutta l'umanità", è bellissimo. Perché abbia anche senso dobbiamo chiarirci alcune idee e agire rapidamente. Dobbiamo, infatti:

  1. riconoscere che lo sviluppo della scienza e della tecnologia(riscoperta di antiche conoscenze e scoperta di nuove) è strettamente e imprescindibilmente connesso alla bontà di una politica economica degna di una repubblica orientata allo sviluppo del bene comune, per la quale l'agape sia quella condizione con cui la ragione diventa davvero fertile;
  2. riconoscere che la moneta non ha valore intrinseco, né tantomeno è merce essa stessa, ma è strumento di direzione dell'economia; dunque la finanza deve essere sottoposta alla direttive politiche di governi sovrani e rispondenti al popolo secondo il mandato costituzionale;
  3. attivare immediatamente quella serie di grandi opere infrastrutturali internazionali con cui potremo non soltanto "dar da lavorare" a masse di disoccupati (secondo la visione lineare di Keynes), ma in ciascun individuo sviluppare le sue capacità creative, proprio per il fatto di essere coinvolto in una grande opera.

Il metodo scientifico in pericolo

Il genere di ripresa che si rende necessario non è affatto lineare. Mentre chiediamo che le prossime emissioni di miliardi di dollari siano orientate verso le attività fisicamente produttive e la ricerca scientifica su cui quelle si basano, chiediamo anche che la scienza stessa sia definitivamente liberata dal cappuccio empirista e riduzionista, e possa tornare a guardare lontano e nel profondo.

Mentre infatti, gli astronauti e gli scienziati della vecchia guardia si esprimono ancora riflettendo il paradigma culturale che generò la più grande impresa scientifica della storia, i loro discendenti hanno finito per subìre più o meno fortemente la tara dell'ecologismo ispirato a Malthus o all'idea che la natura (se non addirittura l'universo tutto) sia minacciata dall'uomo "violatore degli equilibri".

Gli astronauti della vecchia guardia

Eugene Cernan, comandante della missione Apollo 17, nel presentare il volume dell'americana National Geographic dedicato al 40mo anniversario, dice: "Sono stato l'ultimo uomo a camminare sulla Luna, ma spero che questo volume racconti una storia incompleta, anzi ne sono convinto. Presto torneremo a calcarla e poi ci avventureremo nello spazio ancor più remoto. L'essenza della vita umana è la curiosità e la ricerca ha sempre fatto parte del suo significato. L'esplorazione spaziale è un rischio, ma dobbiamo essere disposti a correrlo".

Buzz Aldrin, come abbiamo riportato in >questo articolo<, sottolinea l'urgenza di riattivare il programma di conquista di Marte proprio per dare impulso alla ripresa economica globale.

In che senso il metodo scientifico è in pericolo

Il premio Nobel Kary Mullis [2], parlando del catastrofismo dell'IPCC - beneficiario di diversi miliardi di dollari erogati dalla comunità internazionale - e della concezione statica che gli ecologisti hanno della natura, dice: "Nessuno è mai stato capace di fare previsioni meteorologiche a lungo termine più di quanto possa farlo una moneta lanciata in aria. Per quale motivo continuiamo a pagare una schiera di scienziati e di burocrati che pretendono di parlare a nome del pianeta?"

"Sostengono che possiamo cambiare definitivamente il mondo e hanno tutte le intenzioni di dirci esattamente come. L'US Weather Service ha assunto un atteggiamento più conservatore nei confronti delle affermazioni che riguardano il futuro: contrariamente a prima, non fa più neanche previsioni a 90 giorni. Smise dopo il 1988, quando si rese conto che una monetina lanciata in aria era più economica di una schiera di informatici, e altrettanto precisa".

"[...] La gente viene terrorizzata all'incirca una volta al mese dai nuovi annunci provenienti dai portavoce di vari enti governativi, e gruppi di ricerca finanziati con fondi governativi. Ci dicono che creiamo gas responsabili dell'effetto serra ogni volta che mettiamo in moto la macchina, che distruggiamo la fascia di ozono e contribuiamo all'incenerimento di ogni forma di vita ogni volta che diffondiamo nell'atmosfera del freon proveniente da un frigorifero, da un condizionatore o da uno spray. Il fatto è che non ha nessun senso, alla luce della storia climatica del pianeta, parlare di catastrofici mutamenti del clima prodotti dalle attività umane".

"Che cosa è successo negli anni Ottanta? Ci siamo tirati addosso qualcosa che è risultato altrettanto costoso - se non altrettanto brutale - di una guerra mondiale. Si sono tutti dimenticati che eravamo solo formiche un po' cresciute? Qualcuno ci ha convinti che, visto che la maggior parte delle religioni hanno perso il loro fascino, ci siamo improvvisamente trasformati in dei? Che siamo diventati i padroni del pianeta e i custodi dello status quo? Che le identiche condizioni climatiche che casualmente esistono sul pianeta oggi, in questo benedettissimo XX secolo, l'anno zero dell'era del clima, il primo anno della dominazione umana sulla terra, dovrebbero andare avanti per sempre, in secula seculorum? Adesso esistono tutte le specie giuste. Nessuna di esse dovrà scomparire, e non dovranno aggiungersene di nuove. La biologia ha perso l'autorizzazione ad agire: hanno preso il controllo l'Environmental Protection Agency e l'Intergovernmental Panel on Climate Change. L'evoluzione è finita".

Come vediamo, benché egli tenda ad ironizzare sulla concezione rinascimentale della centralità dell'uomo nella natura e, nell'individuare la fonte delle minacce al metodo scientifico, si limiti a puntare il dito su affaristi e scienziati corrotti dal denaro, senza avanzare ipotesi su ambienti ideologicamente avversi al progresso umano, Mullis fornisce un vivace profilo del problema.

Leggiamo ancora qualche passaggio, questa volta proprio dal capitolo "Cosa è successo al metodo scientifico?".

"Ora, a me le storielle piacciono. Mi piace raccontarle e mi piace ascoltarle. Ma quando la mia auto non funziona, voglio sapere perché - e voglio una spiegazione comprensibile [...] La gente crede a queste e a molte altre cose [riscaldamento globale, buco nella fascia d'ozono, ecc., NdA] non perché abbia le prove, ma perché è ingenua: si tratta di convinzioni basate sulla fede. [...]"

"Gli scienziati che fanno affermazioni categoriche su futuri disastri ecologici e sostengono che gli uomini sono responsabili di tutti i cambiamenti in corso sono fortemente sospetti. Spegnete la televisione, prendete in mano il libro di scienze che usavate a scuola. Dovete sapere che intenzioni hanno. E dovete riuscirci da soli: ognuno per sé, come sempre. Ringraziate la sorte che non abbiano cambiato vesti né abitudini: continuano a indossare abiti bianchi, come sacerdoti, e a evitare i lavori pesanti. In questo modo, è più facile identificarli [...]".

"Dire 'ecologia' è come dire 'universo', sono parole prive di significato, attuali perché l'attualità è un dato assolutamente soggettivo, del tutto dipendente dal capriccio del pubblico, e perché oggi tutti pensano che l'ecologia sia un problema di estrema attualità. Ma [che] cosa vuol dire davvero 'ecologico', se prescindiamo dal contesto di conservazione dello status quo? Si riduce all'immagine, meno attraente, di una specie di vigile urbano. E perde il suo impatto emozionale su di noi, se ci prendiamo la briga di esaminare onestamente la storia del pianeta che tanto amiamo, e ci rendiamo conto che l'unica cosa assolutamente costante è il mutamento - un mutamento improvviso, catastrofico e tutt'altro che confortevole. Perché uno squilibrio deve essere un problema, se lo stato naturale delle cose è il cambiamento? Chi ha inventato questa benedetta idea di equilibrio ecologico? […]".

"Sostenere che gli uomini sono capaci di surriscaldare il pianeta o di disperdere il suo ozono è ridicolo come accusare i graffiti del Maddaleniano di aver provocato l'ultima glaciazione. Siamo convinti che le emissioni da noi prodotte facciano aumentare la temperatura del pianeta, anche se la temperatura non sta realmente aumentando. E anche se aumentasse, sarebbe sciocco pensare che dipenda da noi. Potremmo, con altrettante motivazioni, dare colpa alle mucche [scrivendo nel 1998, Mullis fu profetico! NdA]. Nel XIX secolo la temperatura è diminuita, e in questo secolo è aumentata soltanto di circa mezzo grado. Il trend degli ultimi due secoli segnala temperature in diminuzione: e 'in diminuzione' non vuol dire che fa più caldo. Se proprio volete preoccuparvi, preoccupatevi del fatto che ci stiamo avviando verso una nuova glaciazione. Potrebbe essere vero".

Gli uomini di scienza "ecologizzati" e "monetarizzati"

Lo stesso Umberto Guidoni che si sente tristemente far "parte di quella generazione di astronauti che non ha messo piede su un corpo celeste. Troppo tardi per la Luna, troppo presto per Marte" (visto il mancato raggiungimento degli obiettivi definiti da von Braun ed Ericke) e che difende l'esplorazione spaziale - sia pur con propulsione nucleare -, è tuttavia fortemente avverso alle ricadute civili dei programmi scientifici di punta: "Mentre l'Europa ha varato il piano per ridurre del 40% la dipendenza dai combustibili fossili grazie ad una maggiore efficienza energetica ed un aumento di fonti rinnovabili, il governo italiano riscopre le centrali nucleari che ormai costruiscono solo in Iran [...] I paesi più avanzati come gli Stati Uniti, la Germania e la stessa Francia, che in passato ha puntato sulla carta nucleare, investono sulla 'green economy' perché vedono la possibilità di creare milioni di posti di lavoro", finendo per difendere una concezione entropica dell'occupazione e dell'economia.

Anche sul fronte delle condizioni finanziarie dello sviluppo scientifico c'è qualcosa da sottolineare.

L'astrofisico Marcello Fulchignoni da' grande enfasi alla questione dei costi, così parlando, a proposito delle risorse lunari: "Ma per l'acqua e l'elio-3, le aspettative superano l'effettiva disponibilità di questi elementi. L'acqua c'è forse in qualche cratere dove non arriva il sole, sotto forma di ghiaccio. Comunque è poca. E il suo sfruttamento, così come quello dei minerali e dell'elio-3, è troppo costoso e complicato per essere davvero intrapreso. Sarebbe forse interessante, dal punto di vista scientifico, costruire un osservatorio spaziale, che sulla Luna eviterebbe l'ostacolo costituito dall'atmosfera; però i costi di mantenimento sarebbero tali da rendere molto più conveniente telescopi in orbita come lo Hubble o il Web Space telescope" [enfasi nostra]. Non sappiamo quali stime abbia sotto mano, ma c'è da domandarsi se le abbia mai paragonate alle migliaia di miliardi di dollari appena usati per salvare gli istituti speculativi e per non toccare i paradisi fiscali dell'evasione multimiliardaria.

"Se Obama o i presidenti delle grandi potenze mondiali si mettono in testa di farlo e [se] hanno i mezzi, lo faranno, e la Luna è una palestra cosmica", aggiunge Fulchignoni. Chi dovrebbe avere i mezzi, se non i presidenti della grandi potenze mondiali? O dobbiamo ammettere l'esistenza di forze superiori?

"L'esplorazione scientifica vale sempre la pena", ribatte Fulchignoni. "Anche se continuo a pensare che per fare questo bastino le sonde robotiche, non c'è bisogno di mandare l'uomo nello spazio […] Forse fra qualche milione di anni, se esisteremo ancora, saremo pronti a colonizzare altri corpi celesti", conclude, rivelando una vena di pessimismo.

È bene invece che anche i nostri scienziati comincino a capire i fondamenti dell'economia fisica, che cessino il loro vassallaggio intellettuale nei confronti degli economisti monetaristi e degli usurai, e si affidino ad una concezione più alta e dignitosa dell'essere umano.

Giovanni Fabrizio Bignami sembra più libero: "Bisogna andare sempre avanti. Il viaggio verso Marte sarà un'impresa complessa e costosa, certo. Ma ne varrà la pena. Anche perché, come è successo per le missioni Apollo [che si stima abbiano generato ricchezza nel rapporto 12:1, NdA], e persino per quel carrozzone orbitante che è la Stazione spaziale internazionale, costata finora 100 miliardi di dollari, gli investimenti torneranno indietro triplicati".

E ancora: "I miliardi di dollari spesi per le missioni Apollo sono rimbalzati sotto forma di benefici per l'economia e la tecnologia […] Andare sulla Luna è facile, e regala contratti alle industrie", anche se si lascia scappare che "oggi non avrebbe più senso", perché a suo dire si dovrà puntare soltanto su Marte.

Il rilancio integrale della cultura, della scienza e dell'economia

Le ragioni di un ambizioso programma sia spaziale (di nuova colonizzazione) che terrestre (di espansione delle infrastrutture) sono dunque tante. Oltre a quella di far riprendere l'economia (che molto ha a che fare con le condizioni materiali di sussistenza di miliardi di individui umani) v'è la necessità di scongiurare una nuova epoca buia culturale in cui anche gli addetti ai lavori, come astronauti e scienziati, dimentichino la ipotesi delle ipotesi su cui si basa lo sviluppo scientifico, proprio come accadde ai milioni di uomini che, per lunghi secoli, dimenticarono che la terra è tonda.

Oltre alla tutela della condizioni materiali della nostra esistenza, dobbiamo proccuparci delle sue condizioni cognitive, per nulla secondarie.

Abbiamo bisogno di uomini su Marte, ma molto prima del 2030.


Note:

[1] - Con la mediazione umana, anche altre forme di vita potranno espandersi oltre i confini della nostra atmosfera.

[2] - Kary Mullis, Ballando nudi nel campo della mente, Baldini & Castoldi, 2000.


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