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L'enciclica di Benedetto è a favore, non contro gli stati nazionali

24 luglio 2009 (MoviSol) - L'enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in Veritate, ha destato grandi aspettative e vasti commenti, non solo dal mondo cattolico ma da ambienti politici e mediatici di ogni confessione e di ogni parte del mondo, essendo un testo che affronta gli aspetti paradigmatici della crisi mondiale. L'uscita in sincronia con il G8 riflette il desiderio di fornire ai leaders e all'opinione pubblica mondiale delle linee guida che corrispondono alla dottrina sociale della chiesa. Mentre la condanna dei mali della globalizzazione finanziaria e della delocalizzazione, tra le altre cose, è forte e chiara, alcuni passaggi dedicati ad un bisogno di governo internazionale della crisi ha offerto ai tecnocrati il destro per sostenere che il Papa si sia schierato a favore del loro progetto di governo mondiale.

Sintomatico in questo senso l'articolo di Mario Draghi, chairman del Financial Stability Board ed ex banchiere di Goldman Sachs, pubblicato sull'Osservatore Romano il 9 luglio. Vero lupo in manto d'agnello, Draghi si scopre difensore dell'etica nell'economia e sostiene che il Pontefice abbia riconosciuto nella sua enciclica la necessità di una "autorità politica mondiale" sotto la quale i governi siano declassati a livello delle ONG. Inoltre, Draghi suggerisce un'analogia tra l'idea di sussidiarietà proposta da Papa Ratzinger e quella corporativista appoggiata da Pio XI nella Quadragesimo Anno.

Contrariamente ai pii desideri di "Mr. Britannia", Caritas in Veritate non è a favore di un governo mondiale ma di un sistema di stati nazionali sovrani.

Il passaggio centrale è quello del Capitolo 41, secondo paragrafo: " L'economia integrata dei giorni nostri non elimina il ruolo degli Stati, piuttosto ne impegna i Governi ad una più forte collaborazione reciproca. Ragioni di saggezza e di prudenza suggeriscono di non proclamare troppo affrettatamente la fine dello Stato. In relazione alla soluzione della crisi attuale, il suo ruolo sembra destinato a crescere, riacquistando molte delle sue competenze. Ci sono poi delle Nazioni in cui la costruzione o ricostruzione dello Stato continua ad essere un elemento chiave del loro sviluppo".

Non c'è margine di dubbio. Da dove viene, allora, l'idea che il Papa sia a favore del governo mondiale? Da altri passaggi, come nel capitolo 57, dove il Papa scrive: " La sussidiarietà (...) può dar conto sia della molteplice articolazione dei piani e quindi della pluralità dei soggetti, sia di un loro coordinamento. Si tratta quindi di un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano. Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico [138], sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace".

Benedetto XVI promuove un'idea diversa dal corporativismo mondiale voluto da Draghi, in cui l'autorità dello stato è neutralizzata dagli interessi privati. Ciò diventa ben chiaro seguendo l'indicazione della nota 138, che fa riferimento ad un passaggio della Pacem in Terris di Giovanni XXIII. In Papa Roncalli infatti si legge che "i poteri pubblici della comunità mondiale non hanno lo scopo di limitare la sfera di azione ai poteri pubblici delle singole comunità politiche e tanto meno di sostituirsi ad essi; hanno invece lo scopo di contribuire alla creazione, su piano mondiale, di un ambiente nel quale i poteri pubblici delle singole comunità politiche, i rispettivi cittadini e i corpi intermedi possano svolgere i loro compiti, adempiere i loro doveri, esercitare i loro diritti con maggiore sicurezza".


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