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Banca per il Mezzogiorno
e Ponte sullo Stretto

20 ottobre 2009 (MoviSol) - La nascita della Banca per il Mezzogiorno può rappresentare l'elemento di una politica di sviluppo per il Sud che traini l'economia italiana. Essa va affiancata da una serie di progetti di sviluppo di grandi dimensioni, come il progetto del Ponte di Messina non a caso rilanciato contestualmente dal governo, in modo da generare una domanda per tutti i settori dell'industria.

È chiaro che la battaglia di Tremonti per aggirare il blocco del credito bancario va appoggiata senza se e senza ma. La Banca per il Mezzogiorno va vista in questa prospettiva, e ci si può aspettare che il cosiddetto "Partito del Britannia" fará di tutto per affossarla nella culla. Già si raccolgono voci che a Palazzo Koch e alla BCE si sta freneticamente lavorando per squalificare l'iniziativa per distorsione del mercato.

La Banca non è una nuova Cassa per il Mezzogiorno, ha detto Tremonti. Peccato, perché oggi ci vuole proprio una nuova Cassa per il Mezzogiorno prima maniera. "Se fosse per me, la rifarei", aveva detto Tremonti, per cui è lecito desumere che siamo di fronte ad una soluzione di compromesso. La Cassa era un ente che progettava gli interventi e poi stanziava il credito messo a disposizione dallo stato. Con la nuova banca, abbiamo potenzialmente il credito, finanziato dal risparmio che si vuole attrarre con un trattamento fiscale agevolato, ma ancora non abbiamo i progetti. Ci si muove nelle strettoie della dittatura di Maastricht (ora Lisbona), che vieta il credito produttivo ma non i salvataggi bancari.

Ancora il 19 ottobre Tremonti è tornato sul tema del credito, rifacendosi alla Costituzione. Accanto ad alcuni passaggi superati, come quello sul carbone, " ce n'e' uno fondamentale, ossia che la repubblica tutela e regola il risparmio e favorisce l'accesso alla proprietà dell'azionariato popolare dei grandi complessi produttivi del Paese". L'evoluzione delle cose, secondo Tremonti, ha fatto sì che "la Costituzione non sia stata pienamente applicata" in quanto "c'e' stata una rotazione rispetto ai principi formulati allora che ha portato ad un grande favore per i titoli di debito sfavorendo quelli di proprietà". Un fatto che ha portato al "controllo del sistema bancario sulla grande proprietà industriale". Il ministro ha concluso il suo ragionamento affermando che "un ritorno alla Costituzione attraverso queste riflessioni ci può portare a concrete e non poco remote applicazioni".


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