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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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La Costituzione degli Stati Uniti d'America ha gli strumenti adeguati contro il collasso economico

1 ottobre 2010 (MoviSol) - "In quasi ogni incontro dei gruppi del tea party, afferma l'editorialista Lexington che sull'Economist fa propaganda al Gruppo bancario Inter-Alpha, "potete aspettarvi di trovare un patriota mentre brandisce una copia dei testi sacri e chiede, con voce vibrante, che un'America smarrita si redima ritornando ai 'principii della sua fondazione'".

È chiaro il tentativo di ridicolizzare non già il nuovo Tea Party, cosa troppo facile per tutti i problemi e le ambiguità concettuali che esso si trascina dietro, ma in generale la necessità per il popolo di uno Stato nazionale di restare fedele alla propria Costituzione, più che mai in tempi di crisi culturale ed economica.

Infatti, mentre il gioco preferito dell'economia globalizzata, il "salvataggio dello speculatore", intacca sempre più il destino delle nazioni, gravando sul futuro delle generazioni presenti e future, e limitando ulteriormente la sovranità nazionale – perlomeno in materia di credito (quello nazionale e produttivo) –, per l'ambizione di alcuni lord dell'alta finanza speculativa si rafforzano nuovamente, come ai tempi dell'ascesa dei regimi nazifascisti, le posizioni populiste, ma celatamente cesariste, che si contrappongono al vigore della carta costituzionale. Qui in Italia, il regime fascista, lo ricordiamo, negò che i diritti umani e civili fossero innati, e li trasformò in una mera concessione dello Stato, cioè in qualcosa di revocabile in ogni momento.

L'operazione dell'Economist punta evidentemente a screditare Lyndon LaRouche ovunque aumenti il suo influsso morale e politico: "C'è qualcosa di infantile nella credenza degli osservanti del culto della Costituzione, secondo cui i complessi argomenti politici di oggi possono essere risolti con la semplice fedeltà ad un documento scritto nel XVIII secolo". Secondo l'Economist, quindi, sarebbe ormai dimostrato che la Costituzione (americana), redatta da "aristocratici, creature del loro tempo, timorose di ciò che consideravano una democrazia eccessiva in via di rafforzamento negli stati del decennio 1780" e presi "da conflitti e compromessi di potere" non ha molto da dire sulle "gravi questioni sollevate dalla politica moderna. È lecito per gli omosessuali sposarsi? Non vi sono risposte in essa".

Guardiamo invece che cosa fece il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, il giorno della sua seconda inaugurazione presidenziale, passati quattro anni circa di intensa creatività politica ed economica. Dopo aver cambiato in modo significativo e radicale il cammino degli Stati Uniti con la Tennessee Valley Authority, con i Civilian Conservation Corps, e con la legge Glass Steagall Act, ecc. (senza dubbio facendo buon uso dei suoi primi celebri cento giorni a disposizione), nel gennaio 1937 egli fu tanto onesto da riconoscere alla popolazione americana che, per provvedere pienamente al mandato costituzionale, fosse necessario raccogliere una grande sfida.

"Vedo un terzo della nazione senza una dimora decente, senza vestiti e cibo a sufficienza", disse. Poi aggiunse di voler far sì che "ogni cittadino americano diventasse oggetto dell'interesse e delle preoccupazioni della sua nazione", nello stesso spirito con cui gli Americani avevano adottato la Costituzione centocinquanta anni prima. Mentre altrove si andava sostituendo il Fuhrerprinzip ai vincoli costituzionali, egli insistette affinché gli americani suoi contemporanei usassero "il potere del governo" al fine di "promuovere il bene comune e assicurare al popolo americano i benefici della libertà".

Che cosa fa Obama, a proposito di quel vecchio pezzo di carta? Rispondendo ai molti studenti raccolti presso l'Università del Wisconsin, il 29 settembre ha implicitamente negato la condizione in cui versa il popolo americano (il 30% è disoccupato, i pignoramenti sono al massimo storico, la povertà si estende a macchia d'olio), insistendo invece sul fatto di aver "fatto dei progressi negli ultimi venti mesi". Sono qui soltanto da due anni, ragazzi", ha dichiarato. "Se controllate la lista delle cose da fare, [noterete che] ci siamo già occupati di circa il 70%..."

Per capire come Obama concepisca il ruolo del governo e il senso del suo potere costituzionale, riportiamo un estratto successivo dello stesso discorso. Protestando contro chi lo accusa di essere per il "big government" (chi, cioè, non vede di buon occhio il potere federale sulle "autonomie" regionali degli stati), il presidente ha dichiarato: "Noi non crediamo che il ruolo principale del governo sia quello di creare posti di lavoro o prosperità". Finalmente lo ha detto chiaro e tondo, e con parole sue. Questo Presidente contrasta direttamente il ruolo governativo che gli assegna il Preambolo della Costituzione a mericana, e che Franklin Delano Roosevelt portò alla massima espressione.

La presidenza di Obama è un vero disastro. Sarebbe meglio che il rampollo rassegnasse le dimissioni.


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