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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Si estende la rivolta del Nordafrica

30 gennaio 2011 (MoviSol) - Le rivolte che hanno investito il Nordafrica e hanno portato alla caduta del regime di Ben Ali in Tunisia non si sono sedate ma anzi, si stanno allargando all'altra sponda del Mediterraneo. Il 21 gennaio, durante una manifestazione organizzata dall'opposizione a Tirana, tre manifestanti sono stati uccisi da cecchini che sparavano dal palazzo del Primo ministro. Nel frattempo, in Tunisia gruppi dell'opposizione e del sindacato continuano ad organizzare manifestazioni chiedendo l'allontanamento di tutti i membri del governo associati al precedente regime. Le proteste continuano anche in Algeria.

La profonda crisi economica e sociale in tutti i paesi della sponda sud del Mediterraneo è il prodotto della politica liberista imposta dal FMI e dall'Unione Europea. Già privi della sicurezza alimentare, questi paesi sono stati colpiti duramente dall'aumento dei prezzi delle merci a partire dal 2007.

Nel caso della Tunisia, la collusione è evidente. Oltre vent'anni di cooperazione tra Tunisi e la Banca Mondiale e il FMI ha portato ad un'alta disoccupazione, in particolare tra le fasce più istruite. Un rapporto della Banca Mondiale nota che il numero dei giovani laureati disoccupati è quasi triplicato in 10 anni, da 121.800 nel 1996-97 a 336.000 nel 2006-2007.

Spinto dalle istituzioni internazionali, dall'UE e dalla Francia, il governo ha realizzato "riforme" come la privatizzazione delle infrastrutture e delle industrie (compresi i porti, le acciaierie e le imprese minerarie), l'eliminazione dei dazi, la liberalizzazione delle esportazioni, svalutazione della moneta, apertura del mercato del lavoro alle imprese estere che impiegano la forza lavoro tunisina a salari bassi per produrre parti di ricambio per automobili e articoli di abbigliamento. La Tunisia è stato il primo paese nordafricano a stipulare un accordo di libero scambio con l'UE nel 1995, che ha permesso l'applicazione radicale di queste politiche.

Jacques Cheminade, leader del partito Solidarité et Progres in Francia, ha lanciato un appello al governo francese e a quelli europei per "decolonizzare la nostra mentalità" e fornire veri aiuti alla Tunisia, il che significa ribaltare la politica di globalizzazione. È urgente un piano per la produzione agricola e lo sviluppo su scala mondiale, ha scritto Cheminade, dando priorità assoluta alle colture alimentari e mettendo fine alla produzione di biocarburanti. Per l'Africa deve essere messo a disposizione credito attraverso la famosa riforma "Glass-Steagall", in particolare per finanziare una "rivoluzione azzurra" in Tunisia e nel Maghreb lanciando una versione moderna del piano di Francois-Elie Roudaire per riempire di acqua dolce gli chotts, gli acquitrini salmastri nel sud della Tunisia e dell'Algeria, e trasformare la regione in un granaio e un centro agro-industriale.

Tuttavia c'è anche un elemento culturale presente nelle rivolte nordafricane che mostra che questo "non è un problema tunisino", come ha spiegato LaRouche nella webcast del 22 gennaio in risposta ad un ascoltatore. Riferendosi alle immolazioni come forma estrema di protesta tra i giovani, e accostandole alla recente sparatoria in Arizona, in cui un giovane ha sparato a bruciapelo sul gruppo della congressista Giffords, LaRouche ha messo a fuoco un "problema culturale diffuso nel mondo con varie espressioni" e in forma acuta nelle regioni "più orientate a quello che si trova nella comunità transatlantica, o trans mediterranea".

La degenerazione della cultura, ha spiegato LaRouche, si esprime nel culto della "società verde", da cui vengono banditi il vero progresso tecnologico e l'ottimismo tecnologico. "I giovani che sono stati condizionati a credere alla green society sono quelli più demoralizzati, nel senso di mancanza di vera morale".

Questo declino culturale verso una "green society" è imposto dalle politiche sociali ed economiche dominanti. Alcune nazioni, come la Cina, resistono e continuano a promuovere il progresso e la costruzione della nazione. Ma come mostra il caso della strage di Tucson, questo declino culturale è un fenomeno mondiale. Perciò "non esiste un problema tunisino", ha concluso LaRouche. "C'è una malattia che si è diffusa da Londra a Tunisi".


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