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Risposta ad un lettore sulle minacciate liberalizzazioni nel settore farmaceutico

23 luglio 2011 (MoviSol) - Rispondiamo ad un lettore preoccupato per la nuova minacciata ondata di liberalizzazioni, in particolare del settore farmaceutico.

Oggetto: Vs. parere [sulle liberalizzazioni delle farmacie]

Salve

Vi seguo molto spesso sul Vs. sito e apprezzo tutto quello che fate e dite in giro per far aprire finalmente gli occhi alla gente.

Volevo segnalare un articolo sul sole 24ore che mi ha lasciato un pò sgomento, per fortuna poi, leggendo alcuni commenti dei lettori mi sono ripreso un po’.

--> "Nove impegni per la crescita".

Mi chiedo come si possa perseguire ancora la strada che ci stà portanto nel baratro.

In particolare mi serve un Vs. parere riguardo il punto 5, dove si parla di farmacie.

Lavoro nel settore da circa 25 anni ed ho quindi assistito a cambiamenti radicali, come noto si è passati da un periodo di sprechi dove molti cittadini avevano i cassetti pieni di farmaci che regolarmente buttavano perché scaduti (tanto era tutto prescrivibile, quindi non si pagava), al momento attuale dove per avere alcuni farmaci bisogna pagare cifre molto esose.

Da qualche anno assistiamo, vedi lenzuolate di Bersani, ad un attacco al sistema della distribuzione del farmaco in Italia, inizialmente si era partiti con i farmaci SOP e OTC e sono nate le cosidette parafarmacie e i corner nei supermercati(la coop ha fatto una campagna specificain merito), quando si sono accorti che la redditività non era sufficiente sono passati a chiedere la liberalizzazione dei farmaci senza ricetta, la cosidetta fascia C, alcuni addirittura chiedono la cessazione della pianta organica e l’apertura libera di farmacie senza vincoli di territorialità.

È ovvio che illudendo i farmacisti non titolari che pretendono di avere una farmacia tutta loro, si cerca di destrutturare uno dei pochi settori ancora controllato e molto efficiente, ovviamente almeno un paio di multinazionali sono là che aspettano di vedersi spianata la strada, non per investire in Italia ma per accaparrarsi un mercato abbastanza grosso, gestito attualmente da 16000 farmacie distribuite capillarmente sul tutto il territorio nazionale.

La storia insegna, d’altro canto Voi Vi battete anche per questo, liberalizzando un settore e togliendo regole e vincoli arrivano gli oligarchi e si pappano tutto, ed ai farmacisti, non rimarrà che fare i dipendenti, magari con 800€ al mese ( prendere o lasciare).

Saluti

Antonino Giuseppe Merlino

LA NOSTRA RISPOSTA

Gent. Sig. Merlino,

è evidente che lei ha ben chiara la situazione e per quanto riguarda il suo settore, ne sa sicuramente più di noi. Noi le rimettiamo una riflessione di genere più che di specie.

Quel punto 5 che ci sottopone contiene intanto un qualcosa che l'ordinamento già prevede: "Adozione del principio per cui nessun cittadino e nessuna impresa sono tenuti a presentare certificazioni che sono già in possesso della pubblica amministrazione". La legge 241/90 sul procedimento amministrativo e l'accesso agli atti, prevede già quel principio, ma è di fatto disapplicato.

Direi, che su questo inciso, tutti si possa concordare, ma esso non ha niente a che fare con la cultura liberista e - scusi il termine - "risparmista". Si tratta della semplice conseguenza di un principio che dovrebbe ispirare ogni azione umana, ossia quello della efficiente gestione delle risorse. In breve, perchè richiedere ad un cittadino qualcosa che la PA già possiede? Ma tutto ciò, che c'azzecca con le liberalizzazioni? Di fatti, si confondono spesso le liberalizzazioni (la deregulation) con la deburocratizzazione. E quel punto 5), è vittima di questa confusione. Per intendersi, con la deregulation si mira ad eliminare le regole ed a lasciare il tutto alla mano invisibile del mercato; con la deburocratizzazione, si riconosce l'importanza del ruolo delle regole - l'ispirazione è diametralmente opposta - ma si ritiene opportuno intervenire nel quadro legislativo per eliminare ciò che rende farraginose e prive di senso certe procedure. Direi tuttavia che sia le liberalizzazioni che l'iperburocrazia rispondono al medesimo fine di avvantaggiare i processi oligarchici. Infatti anche con quest'ultima si rende impossibile la vita della piccola azienda, mente la grande azienda, grazie alla sua forza finanziaria e strutturale, può sostenerla: come dire: grazie ad un po' di burocrazia, mi tolgo la concorrenza!

Relativamente a ciò, si pensi alle certificazioni di qualità ISO che hanno innalzato i costi burocratici (dunque produttivi) delle aziende. Non certificano la qualità di un prodotto, ma certificano che la procedura per produrlo è seguita scrupolosamente. Se nella ricetta di biscotti vi fosse del cianuro, sarebbe certificato di qualità il constatare che per ogni biscotto effettivamente è introdotta la specificata goccia di veleno...
Nel collasso generale delle costruzioni infrastrutturali, d'altra parte, molti ingegneri sono stati così dirottati in questi lavori burocratici.

Questi due opposti dunque (liberalizzazioni e burocrazia) sono dunque figli di una stessa cultura oligarchica.

Queste liberalizzazioni non sono altro che l'ultimo rantolo di un sistema al collasso. Si immagini un elastico che già molto tirato, lo si tira fino al suo limite perchè qualcuno possa avvantaggiarsene (e perchè il Pil possa crescere). Alla fine l'elastico si rompe ed il sistema va in crac! Diversamente, abbiamo bisogno di un sistema ben regolamentato dall'ingegno umano: la politica deve occuparsi di ciò. Gli animali si rimettono alla mano invisbile del mercato (bosco, giungla, ecc.), non gli uomini! Per far crescere il sistema vi è bisogno non di tirare l'elastico, ma di passare ad un nuovo elastico, ossia di modificare la complessiva piattaforma economico-fisica. Questi signori che sostengono le tesi che ci ha sottoposto, sono dei meri contabili non degli economisti. Essi non rilanceranno mai un'industria rendendola sempre più forte, ma potranno al massimo renderne comoda (per il suo azionista di maggioranza) la liquidazione!

Vogliamo far ripartire l'economia? Non esiste precedente storico al mondo per cui ciò possa avvenire tagliando la spesa pubblica. Gli Stati Uniti attuarono almeno 4 rivoluzioni per sviluppare la propria economia, da Hamilton a JFK, sempre passando per un'espansione del credito in settori strategici che rivoluzionarono di volta in volta la complessiva piattaforma economica (con Hamilton la manifatture, con Licoln le ferrovie, con FDR industria e bonifica del Tennessee, con JFK lo sviluppo aero-spaziale).

Oggi che cosa potremmo fare? La ricette più ambiziose sono quelle della green economy e delle liberalizzazioni: frodi malthusiane! Potremmo invece trasformare tutto il settore dei trasporti con mezzi ad idrogeno. Una sfida di questo genere non vorrebbe dire cambiare le auto, ma cambiare l'intera economia del pianeta. Le industrie dovrebbero sviluppare nuovi motori; gli scienziati e gli ingegneri dovrebbero dedicarsi a ciò; i distributori dovrebbero essere rivisti da petrolio all'idrogeno; l'idrogeno andrebbe prodotto e per fare ciò necessiteremmo di energia nucleare (per produrlo a grandi quantità non basterebbero le pale eoliche); ecc. ecc. Questo solo per avere un esempio di cosa andrebbe fatto per rilanciare veramente l'economia. Per le farmacie a quel punto vi sarebbe un solo rischio: vendere meno medicine, a causa di un'aria più libera da sostanze tossiche procurate dalla combustione di carburante fossile!

Saluti.

Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà



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