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I prestiti della Cina in Africa superano quelli della Banca Mondiale, e gli investimenti sono più sensati

30 dicembre 2011 (MoviSol) - Uno studio della società Fitch mostra che nell'ultimo decennio la Banca Export-Import cinese (EXIM Bank) ha esteso di 12,5 miliardi di dollari i prestiti alla regione più povera del mondo, l'Africa a sud del Sahara, compiendo uno sforzo nettamente superiore a quello della Banca Mondiale. L'istituto bancario ha prestato per complessivi 67,2 miliardi di dollari, mentre dal 2001 al 2010 la Banca Mondiale ha erogato 54,7 miliardi. Con tali massicci investimenti di capitali la EXIM Bank conduce il 20 per cento dei suoi affari, stando alle stime di Bloomberg.

Gli stati al centro di queste operazioni, iniziate nel 1994, sono l'Angola, l'Etiopia, la Nigeria e il Sudan. Di recente si è avuto un coinvolgimento più paritetico anche delle altre nazioni africane. "Come risultato essa ha fornito ai governi africani un finanziamento utile per sviluppare la loro economia, valendosi di condizioni di prestito meno stringenti di quelle proposte da istituti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale", afferma Bloomberg.

L'assenza di condizioni politiche per i prestiti, i tassi di interesse competitivi e le scadenze di pagamento flessibili, condizioni ben differenti da quelle ottenute dalle controparti occidentali, rendono i prestiti cinesi assai più interessanti, afferma la Fitch. Quel che è più importante, i prestiti della EXIM Bank sono stati usati per finanziare progetti infrastrutturali. La Banca Mondiale è invece nota per la sua politica della "tecnologia appropriata".

Entro la fine del 2009, inoltre, trentacinque nazioni africane hanno ottenuto la cancellazione dei loro debiti nei confronti della Cina, che ammontavano a circa 30 miliardi di dollari.

Anziché insistere a dipingere questa come una forma di morbido colonialismo, le potenze occidentali, in particolare quelle europee, farebbero meglio a imitare l'esempio cinese, recuperando gli oltre venti anni perduti nel non coinvolgere l'Africa in progetti di mutuo sviluppo, quegli stessi progetti che, una volta avviati, non ci avrebbero fatti trovare nella più grave crisi economica della storia.

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