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Qual è l'Europa che vogliamo?

31 marzo 2012 (MoviSol) - I tempi sono più che maturi per un intenso dibattito pubblico su quale Europa vogliono i cittadini. Come ha sottolineato Helga Zepp-LaRouche nella teleconferenza del 17 marzo scorso, la civiltà europea ha una lunga e grande storia, dai classici greci al rinascimento italiano, da Giovanna d'Arco e lo stato nazionale francese ai classici tedeschi. Ma quest'Europa ha qualcosa a che fare con quella rappresentata oggi da Hermann van Rompuy e dalla baronessa Ashton?


La bandiera della Comunità Europea
del Carbone e dell'Acciaio (CECA),
la cui fondazione fu proposta
dal ministro degli Esteri
francese Robert Schuman per
"rendere la guerra non soltanto
impensabile, ma materialmente
impossibile".

Originalmente, il concetto dell'Unione Europea fu venduto ai popoli come mezzo per assicurare che tra le nazioni europee non scoppiassero più guerre, e che l'UE sarebbe stata forte abbastanza da tener testa alle potenze mondiali emergenti. Ma qual è la realtà di oggi? In primo luogo, la discordia tra le nazioni europee non è mai stata così grande dalla seconda guerra mondiale. A sud delle Alpi e dei Balcani, la Merkel viene ritratta in uniforme nazista, mentre sulle rive del Reno e dell'Elba i media trattano greci, italiani e spagnoli come fannulloni. In secondo luogo, le potenze emergenti guardano a questo mucchio di litigiosi europei e si sbellicano dalle risate al pensiero che esso dovrebbe diventare una superpotenza.

In altre parole, ciò che l'Unione Europea avrebbe dovuto diventare e ciò che è invece diventata sono due cose interamente diverse. Questo fatto ha spinto Helga Zepp-LaRouche a chiedere un dibattito in tutti i paesi su quale tipo di Europa abbiamo bisogno. Vogliamo un'Europa delle Patrie, come pensava De Gaulle, un'alleanza di repubbliche sovrane con una missione comune, o vogliamo una ipertrofica macchina burocratica europea composta di tecnocrati non eletti a Bruxelles, Strasburgo o Lussemburgo, che non devono rendere conto a nessuno?

La Grecia è l'esempio più chiaro di come le attuali politiche siano completamente fallite e perché si debbano cercare nuove soluzioni. Invece che tagli al bilancio perpetui che distruggono i livelli di vita e le capacità produttive, c'è bisogno di un Piano Marshall che assicuri la crescita dell'economica fisica. Mentre qualcuno propone un Piano Marshall che consiste nel ricoprire la Grecia di pannelli solari per poi esportarne la produzione elettrica in Germania, noi consideriamo ciò un'assurdità perché l'economia deve andare verso una densità di flusso energetico superiore, e non inferiore come quello del solare.

Un vero Piano Marshall per la Grecia deve necessariamente coinvolgere gli altri paesi mediterranei, e dovrebbe essere collegato al progetto del Ponte Eurasiatico (infrastrutture e corridoi industriali est-ovest). In aggiunta, l'Europa meridionale dovrebbe diventare la piattaforma per sviluppare l'Africa. Nelle parole della signora LaRouche, "Se noi europei non riusciamo a sviluppare il continente africano periremo, non perché gli africani hanno la bomba nucleare, ma perché la nostra incapacità morale di fermare il genocidio in corso in Africa ci condurrà al fallimento come civiltà".

Perciò ci dovrebbe essere un dibattito pubblico sul tema: vogliamo un'Europa delle dittature, un'Europa in cui la sovranità è stata schiacciata e la democrazia è una cosa del passato, dove i popoli sono sempre più alienati dalle strutture di governo? O vogliamo un'Europa in cui i pinnacoli della cultura, i classici greci, il rinascimento italiano, i classici tedeschi tornano ad essere la base per il dialogo e la cooperazione tra le nazioni?

Coloro che sostengono che il sistema dell'Euro debba essere mantenuto a tutti i costi altrimenti l'Europa muore, hanno torto. L'euro crollerà sicuramente, o come risultato di una bancarotta a catena, o a causa dell'iperinflazione. Ma perché mai questo dovrebbe significare anche la fine dell'Europa? A parere di Helga Zepp-LaRouche, le nazioni europee cooperano al meglio "quando sono sovrane e adottano una strategia di sviluppo e di rinascita delle nostre culture".

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