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Sciopero generale del 14 novembre 2012

Alcune figure storiche che ci sono d'esempio nella nostra lotta all'austerità

di Flavio Tabanelli

17 novembre 2012 (MoviSol) - In occasione dello sciopero generale europeo del 14 novembre scorso, gli studenti del Liceo "M. Morandi" di Finale Emilia (MO) hanno indetto un'assemblea d'istituto, richiedendo l'aiuto di docenti ed educatori per programmarla e arricchirla di interventi. Il testo che proponiamo ai lettori è quello seguìto dal nostro responsabile per l'Emilia Romagna Flavio Tabanelli.

I paragrafi in corsivo ricostruiscono in modo approssimativo le parti improvvisate del suo intervento, preceduto da numerosi discorsi sulla politica d'austerità e sulla condizione di grave sofferenza della scuola pubblica.

Leggi anche: "Lettera aperta al mio sindacato" sullo stesso tema dello sciopero generale.

Potrei parlarvi del decreto sulle ventiquattro ore, o anche di questo ultimo Ministro dell'istruzione. Ma non voglio comportarmi come chi invita le masse a scagliarsi contro un solo elemento di una serie di problemi, senza aiutare i suoi uditori a capire che cosa determini la serie stessa dei problemi. Che cosa voglio dire?

Voglio dire che alla scuola, molto probabilmente, non hanno fatto bene anche il penultimo Ministro, il terzultimo Ministro, il quartultimo Ministro, ecc., e che sarebbe opportuno domandarsi se mai vi sia stato almeno un Ministro, negli ultimi trenta-quarant'anni, che abbia giovato al sistema scolastico. E, d'altra parte, se altri decreti dannosi rischiamo di dimenticare, scagliandoci soltanto su questo ultimo. E quanti siano questi decreti del passato, meritevoli di un semplice annullamento. In altre parole, a questo vi invito a riflettere: fino a quando si dovrebbe risalire, nella storia della scuola pubblica italiana, per trovarne una impostazione soddisfacente, anche se certamente non perfetta?

Parlo a voi per rivolgermi ad una generazione che ha qualcosa in comune con quella cui appartengo: sono, queste generazioni, che troppo spesso hanno visto i potenti e le autorità costituite mancare alle loro responsabilità, soprattutto davanti alle occasioni offerte da grandi avvenimenti, da cambiamenti di fase di portata storica. Difatti, sono quarant'anni che ci viene proposta l'austerità. L'austerità non è cosa esclusivamente di questi giorni.

Abbiamo soltanto in un passato da noi non vissuto, gli esempi cui poterci riferire, per concepire nel modo più giusto possibile il futuro che ci attende. Per questo è di vitale importanza, per noi, comprendere la storia, e studiarla superando i limiti dei libri di testo, sovente frutto di interpretazioni coerenti con le scelte politiche, appunto, fallimentari.

Abbiamo bisogno di leggere la realtà del nostro passato con la sete dei poeti, con l'ardore dei drammaturghi classici, con gli occhi di chi non sopporta che, come dice l'avvilente proverbio, non si impari dalla storia e si tenda a commettere gli stessi errori.

Quando il poeta tedesco Schiller inaugurò le sue lezioni presso l'Università di Jena pose proprio il problema: "Che cos'è e a quale fine si studia la storia universale?" [1]

Quando il nostro poeta Foscolo inaugurò le sue lezioni sulla letteratura presso l'Università di Pavia, lanciò una sfida epocale ai suoi giovani studenti, affermando che la fine della civiltà greca era stata dovuta, determinata dalla corruzione morale e culturale introdotta dai sofisti e che, da quella morte tragica, nessuna vera letteratura, intesa come impegno civile, era sorta fino a quel momento.

Dicevo che certi esempi appartengono soltanto ad un passato che si è svolto ben prima che noi nascessimo.

È una storia di trasgressione, di trasgressione sana.

Non eravamo ancora nati quando Enrico Mattei, il cui assassinio è stato celebrato, alla fine di ottobre, a distanza di cinquant'anni esatti, rifiutò l'ordine di liquidare, di chiudere l'AGIP (l'Agenzia Generale Italiana Petroli di eredità fascista), e invece cominciò a potenziarla attirando su di sé l'attenzione del popolo italiano affaticato dal lavoro di ricostruzione post-bellica.

Non ho fatto in tempo a trascrivermi il testo della famosa intervista in cui Mattei paragonò l'Italia ad un gattino maltrattato da due cani affannati a mangiare, non disposti a condividere con lui il cibo. Cercate in rete il video in cui Enrico Mattei formulò questa metafora dell'ENI, ovvero dell'Italia desiderosa di non rimanere un semplice consumatore di petrolio.

Vidi arrivare un gattino...

Non eravamo ancora nati quando fu assassinato John F. Kennedy, il quale, in una situazione di guerra fredda, per la quale – come sappiamo – almeno due mondi, quello sovietico e il cosiddetto 'mondo libero', avrebbero dovuto rimanere separati, propose ai russi di collaborare alla esplorazione spaziale e, d'altra parte, il 12 settembre 1962 motivò il suo programma lunare con queste parole, dimostrando certamente di non pensare in termini di austerità: [1']

“Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e di fare altre cose, non perché esse siano facili, ma perché sono difficili. Questa è la sfida che vogliamo accettare, che non vogliamo posticipare e che vogliamo vincere”.

Scegliamo di andare sulla Luna...

Non eravamo nati quando furono assassinati Martin Luther King negli Stati Uniti, Patrice Lumumba in Congo...

Non eravamo ancora nati quando, pur lavorando circondati da migliaia di tecnici e scienziati, i grandi ispiratori del programma di esplorazione dello spazio extraterrestre, Wernher von Braun e Krafft Arnold Ehricke furono lentamente isolati. Questo, quando si cominciò ad imporre l'austerità ai progetti di ricerca spaziale, alla quale essi si contrapposero fieramente.

Già nei primi anni Cinquanta, Von Braun aveva pubblicato il suo programma di esplorazione di Marte, con il titolo tedesco di Das Marsproject [2]. Krafft Ehricke è famoso per aver espresso nel principio del cosiddetto "imperativo extraterrestre" la spinta insopprimibile dell'umanità a varcare il limite dell'atmosfera terrestre [3].

Fate il confronto tra questa apertura sul futuro e quella dell'attuale Presidente degli Stati Uniti, il quale ha chiuso, nella sostanza, il programma spaziale americano; e ha motivato la sua scelta facendo riferimento all'austerità, da una parte, e al fatto che "sulla Luna ci siamo già stati" [4], dall'altra. È come se Cristoforo Colombo, dopo il primo viaggio che lo aveva portato sulle coste di Cuba, ecc., avesse detto: "non torno più perché abbiamo già capito com'è l'America"...

So che questa serie di nomi vi dice poco, non vi parla chiaro. Ma le involuzioni per decreto, come quella che oggi ci fa riunire e che ci lascia nello sconcerto, indicano una necessità per il futuro: confrontarsi sempre più con queste figure storiche, avvicinarsi a loro, approfondirne la conoscenza, comprenderne le idee, attingere alla fonte del loro coraggio un po' di coraggio per noi.

Ora, grazie alla collaborazione di docenti e studenti, ascolteremo le parole di alcune figure storiche. Cominciamo con l'attacco ai sofisti da parte di Ugo Foscolo, di cui vi ho fatto cenno prima. Vi premetto che sarà un po' difficile, perché in un italiano, per così dire, "antico". Si tratta di un frammento.

[...] s'imparò ad insidiare la ragione, e a far sospetta la verità: quindi la moltitudine de' sofisti, l'indifferenza del vero ch'essi non sapeano difendere, l'irriverenza al giusto ed al bello che poteano negare, l'amore del paradosso da cui solo attendeano trionfi, l'infinito numero delle quistioni, la libidine eterna di controversie, l'arte dialettica insomma. Su queste trame fu tessuta l'arte rettorica da quei letterati venali che, promettendo di far eloquenti gl' ingegni vani e le lingue più invereconde, ebbero le cattedre affollate di demagoghi e di pubblicani che già con le speranze invadeano gli onori, le leggi e l'erario della repubblica.
Primo Gorgia, che non poteva amare una città ov'egli era mercenario e straniero, insegnò in Atene a blandire i vizi e l'ignoranza del popolo, ammaliandogli l'intelletto con la pompa delle figure, chiudendogli il cuore alla voce degli affetti e del vero, lusingandogli i sensi con l'azione teatrale e con la cadenza di periodi aculeati e sonanti. Salì sul teatro e si proferì parato a qualunque argomento; e mostrò che si può declamare con lode senza meditazione. Foggiò canoni d'eloquenza e di stile, e fu padre della turba clamorosa, implacabile de' grammatici, intenti sempre ad angariare gli scrittori obbedienti e a scomunicare i magnanimi. Insegnò antitesi a chi non avea nervi e spiriti nel pensiero, luoghi comuni a chi non sapea le materie, descrizioni ed amplificazioni a chiunque mancava di fantasia pronta e pittrice, lenocinio di declamazione a chi non avea dignità di aspetto e di voce, lascivia d'idioma a chi cercava le grazie, superstizioni per le regole inanimate a chi non ha senno da considerarle calde e parlanti nei sommi scrittori, l'arte, insomma, che nel petto de' letterati fa sottentrare all'emulazione l'invidia, all'ardore di fama la vanità degli applausi, all'esempio l'imitazione, al sapere l'erudizione, l'arte, o giovani, che moltiplica i precettori, che nella prima educazione snerva le fibre de' più forti intelletti, che per tanti secoli fe' ricca d' inezie l'italiana letteratura.
Almeno la letteratura fosse divenuta disutile, senza divenire scellerata ed infame! Ma quel Gorgia stesso, ravviluppando nelle fallacie dell' arte dialettica anche le verità concedute al senso e alla mente degl' idioti, celebrò in Atene un mestiero che valeva a coronare il delitto, a insanguinar l'innocenza, ad esaltare le usurpazioni degli opulenti, a santificare le libidini della democrazia e le carnificine della tirannide, a tradire la patria, a vendere l'anima, a contaminare di fiele e di sangue la vecchiaia di Socrate.

Ugo Foscolo, Dell'origine e dell'ufficio della letteratura,
Orazione del 22 gennaio 1809

Ora ascoltiamo come Hans Scholl, un giovane come voi, solo di qualche anno più anziano, finì per guidare un piccolo gruppo di coetanei (compresa la sorella) in un'azione di sfida del regime hitleriano. In questo passo biografico si legge di come inizialmente avesse pensato che per contrapporsi a quel male avrebbe dovuto affidarsi agli autori, scrittori, intellettuali invisi al nazismo e di come, poi, capì di dover rivolgersi agli antichi.

Sentiva che la bellezza e il godimento estetico dell'esistenza, e anche il silenzioso maturarsi, non gli bastavano piú, che non erano piú sufficienti a preservarlo dai pericoli che i tempi comportavano. Sentiva che rimaneva un ultimo, bruciante vuoto e che non v'era risposta ai difficili, profondi, inquietanti interrogativi: né in Rilke né in Stefan George, né in Nietzsche [5], e nemmeno in Hólderlin. Hans aveva però la netta sensazione che la sua sincera ricerca lo avrebbe condotto per il giusto cammino. Incontrò, infine, per strane vie indirette, i filosofi antichi, conobbe Socrate e Platone, si imbatté nei primi pensatori cristiani, si occupò del grande Agostino. Scoprì poi anche Pascal...

Inge Scholl, La Rosa bianca, La Nuova Italia, 1966

Ora è il momento di una terza figura che combatté per alti ideali. Ne ho parlato prima. Si tratta di Martin Luther King. I passi saranno letti in inglese e nella traduzione italiana.

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese.
Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull'Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell'avida ingiustizia. Venne come un'alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.
Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un'isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa.
In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d'Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei "diritti inalienabili" della "vita, della libertà e del perseguimento della felicità". E' ovvio, oggi, che l'America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l'America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti".
Noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in bancarotta [6]. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a vista, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.
[...]
Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno.
E' un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: "noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali".
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell'arroganza dell'ingiustizia, colmo dell'arroganza dell'oppressione, si trasformerà in un'oasi di libertà e giustizia.
Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.
Ho davanti a me un sogno, oggi!. [7]

Martin Luther King, 28 agosto 1963

Abbiamo sentito parlare del sogno. Ora, per avvicinarci al tema della scuola, ascoltiamo la grande scienziata Maria Curie argomentare sulla necessità che l'umanità sollevi alcuni individui dalle preoccupazioni quotidiane, perché possano "sognare", dedicarsi alla ricerca scientifica e così apportare benefici all'umanità stessa.

Come non essere ossessionati dall'idea che una semplice firma apposta in altri tempi su un brevetto sarebbe stata infinitamente più efficace? Come non pensare che una Maria Curie ricca avrebbe potuto dotare il proprio paese di laboratori e d'ospedali? Venti anni di lotte, di difficoltà, non hanno ispirato a Maria qualche rimpianto, non l'hanno forse convinta che respingendo la ricchezza essa ha sacrificato a una chimera lo sviluppo dell'opera sua? Nelle brevi note autobiografiche redatte al suo ritorno dall'America, la signora Curie s'è posta queste domande. E ha risposto:
« Un gran numero dei miei amici affermano, non senza valevoli ragioni, che se Pietro Curie e io avessimo garantito i nostri diritti, avremmo conquistato i mezzi finanziari necessari per la creazione d'un Istituto del Radio soddisfacente, senza urtare in ostacoli che sono stati un handicap per noi due e che sono tali ancóra per me. Tuttavia io rimango convinta che abbianao avuto ragione.
« L'umanità ha certamente bisogno d'uomini pratici che traggano il massimo possibile dal loro lavoro e che, senza dimenticare il bene generale, salvaguardino i propri interessi. Ma essa ha bisogno anche di sognatori, per i quali il prolungarsi disinteressato d'un' impresa è cosi affascinante ch'è impossibile per loro consacrarsi ai propri benefici materiali.
« Non si può dubitare di questo: che questi sognatori non meritano la ricchezza, perché non l'hanno desiderata. Tuttavia, una società bene organizzata dovrebbe assicurare a questi lavoratori i mezzi efficaci per adempiere al loro cómpito, in una vita liberata dalle preoccupazioni materiali e liberamente consacrata alle Ricerche. »

Eva Curie, Vita della Signora Curie, Mondadori, 1943

Un collega mi ha proposto la lettura di un testo, tenendo per un momento nascosto il nome dell'autore, in modo che, durante la lettura di queste parole di stupefacente attualità, siate sfidati a datarlo.

[...] Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata.
Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private.
Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Piero Calamandrei, III Congresso
in difesa della Scuola Nazionale,
11 febbraio 1950

Secondo alcune stime - stime difficili da fare poiché gli speculatori raramente iscrivono nei loro bilanci le scomesse, le giocate alla roulette, che fanno con i grandi capitali che si trovano tra le mani - oggi nel mondo circolano dodici dollari legati alla speculazione per ogni dollaro rappresentativo della produzione reale nell'economia, cioè degli scambi di prodotti dell'agricoltura, dell'industria, ecc.

Quando, in momenti di crisi come questo, uno Stato favorisce il gioco d'azzardo sostenendo di arricchire così le sue casse, non dovete credergli. Quindici anni fa fu stimato che per ogni dollaro legato al mondo del gioco d'azzardo (Las Vegas, ecc.) il Governo federale degli Stati Uniti doveva spenderne due, per il sistema sanitario e per l'assistenza sociale. Perché la gente che si mangia tutto si suicida, oppure uccide i suoi famigliari. Oppure tenta il suicidio e sopravvive, ma va a carico del sistema sanitario. Oppure deve essere assistito da psicologi, ecc.
Così, questa è una grande menzogna. Il gioco d'azzardo, d'altra parte, sottrae forze alla produzione.

Oggi ci viene imposta l'austerità perché si vuole ripagare il debito che corrisponde a quei dodici dollari.

Ora ascolteremo un poeta, Friedrich Schiller, che si permise di intervenire nelle questioni economiche del suo tempo. Già questo vi sembrerà strano, poiché i poeti, si pensa generalmente, si limitano a scrivere versi d'amore, di sentimenti, ecc.

Sarete ancora più stupiti se pensate che il frammento è parte di una celebre sua opera, l'Inno, o Ode alla Gioia, che fu musicata da diversi compositori, tra cui Beethoven. Questo inno fu scelto come inno della Comunità Europea, di quella stessa Comunità Europea che ora vede morire il suo Programma Erasmus, sacrificato sull'altare dell'austerità, perché, accettando tagli in realtà ingiustificati, asseconda le pretese della finanza internazionale.

Al tempo di Schiller il rapporto fu certamente inferiore a quello di 12:1. Tuttavia il grande poeta, che ascolterete in tedesco e in traduzione, propose la cancellazione del debito per dare respiro alla civiltà.

Con coraggio, oh milioni, sopportate,
sopportate per un mondo migliore;
delle stelle, lassù, oltre il bagliore
saran le grandi anime ricompensate.

Sia distrutto di debito ogni certificato,
riconciliato il mondo intero;

Fratelli, oltre lo stellato emisfero
si giudica, come noi abbiamo giudicato. [8]

Friedrich Schiller, Ode alla Gioja

E come possiamo, rispondendo a questa crisi, rifiutare l'austerità e l'imposizione di un debito ingiusto? Sicuramente rifiutando e superando lo spirito di fazione che insterilisce la politica.

Con questo ultimo scritto, sempre di Ugo Foscolo, ascoltiamo la sua esortazione. Leggeremo l'inizio e la fine della prima di quattro orazioni.

Considerazioni generali
intorno alle parti, alle fazioni, alle sètte

A rifare l'Italia bisogna disfare le sètte. Potrebbe, se non disfarle, reprimerle il ferro straniero; ma allo straniero gioverà prima istigarle, onde più sempre signoreggiare per mezzo d'esse l'Italia.

[...]

Ma noi, anzichè insorgere e unire le tendenze guerriere che hanno tutti i mortali, e rivolgerle con generosità militare contro ogni straniero, noi esercitiamo le umane passioni contro di noi; crediamo sia che l'ozio sia pace. [Per essa la discordia, innata fra tutti i mortali, anzichè convertirsi in valore e generosità militare, a difendere la nazione, si cova in odi ed in insidie secrete.] Le sètte amano l'ozio scioperatissimo, e gridano pace; tendono a divorarsi fra loro, e ridomandano sempre il ferro dello straniero: e se alcune sètte bramano o mostrano di bramare la pubblica libertà, vorrebbero sovrastare sole sugli altri. Ma il ferro straniero non potrà disfarle; nè le reprimerà se non quando le avra tutte avvilite; frattanto le istigherà a desolare per mezzo d'esse l'Italia.

Ugo Foscolo, Della servitù dell'Italia, 1816


Note:

[1] - Dalla recensione del convegno dedicato al poeta tedesco, un estratto che può fungere da introduzione alla sua prolusione: "Michele Cometa (Palermo) ha analizzato la memorabile lezione inaugurale dal titolo Was heißt und zu welchem Ende studiert man Universalgeschichte? (Che cos'è e a quale fine si studia la storia universale?) che Schiller tenne all'Università di Jena nella primavera 1789, dove era stato chiamato come professore straordinario di storia per i suoi scritti sulla Guerra dei Trent'Anni e sulla secessione dei Paesi Bassi dalla Spagna. La distinzione di due diverse e contrapposte tipologie di storici – il Brotgelehrter, lo studioso che lavora per guadagnare il pane, e il Philosophischer Kopf, la testa filosofica – ancora oggi dovrebbe dare da pensare non solo agli storici, ma a tutto il mondo accademico. Alla stessa stregua il concetto di storia universale, così come elaborato da Schiller, nel mondo contemporaneo continua a essere di un'attualità quasi sconcertante e proficuamente potrebbe sostituirsi alla teoria banalizzante e spesso becera della globalizzazione."

[1'] - Interessante anche questo video:

Non una pax americana, non la pace dei sepolcri... [Discorso all'Università Americana, 10 giugno 1963]

[2] - Von Braun ebbe Hermann J. Oberth come "stella guida", sia nella vita sia nell'elaborazione pratica e teorica della propulsione a razzi e dell'astronautica. La figura di von Braun è controversa poiché collaborò con l'esercito nazista alla realizzazione dei celebri razzi V2, compromettendosi pur di far avanzare la tecnica dei razzi e abbreviare il tempo che l'umanità avrebbe dovuto attendere per vedere il primo volo extraterrestre.

[3] - Vedi The Extraterrestrial Imperative, 1978.

[4] - "Ora, so che alcuni di voi credono che dovremmo cercare innanzitutto di tornare sulla superficie lunare, come precedentemnte pianificato. Ma qui devo essere piuttosto franco nel dire: vi siamo già stati" ("Now, I understand that some believe that we should attempt a return to the surface of the Moon first, as previously planned. But I just have to say pretty bluntly here: We've been there before.", Barack Obama, 15 aprile 2010).

[5] - Le tesi di Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900), filosofo, filologo e scrittore tedesco, ispirarono il regime di Hitler. Da questo, dunque, fu tenuto in alta considerazione: per questo motivo neanche in prima approssimazione Scholl avrebbe dovuto considerarlo come guida. Contrappose al razionalismo ed alla morale cristiana l'esaltazione della forza e la volontà di potenza del superuomo. Morì pazzo.

[6] - Notare la scelta della metafora bancaria.

[7] - I am happy to join with you today in what will go down in history as the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we stand today, signed the Emancipation Proclamation. This momentous decree came as a great beacon light of hope to millions of Negro slaves who had been seared in the flames of withering injustice. It came as a joyous daybreak to end the long night of their captivity.
But one hundred years later, the Negro still is not free. One hundred years later, the life of the Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the chains of discrimination. One hundred years later, the Negro lives on a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of material prosperity. One hundred years later, the Negro is still languished in the corners of American society and finds himself an exile in his own land. And so we've come here today to dramatize a shameful condition.
In a sense we've come to our nation's capital to cash a check. When the architects of our republic wrote the magnificent words of the Constitution and the Declaration of Independence, they were signing a promissory note to which every American was to fall heir. This note was a promise that all men, yes, black men as well as white men, would be guaranteed the "unalienable Rights" of "Life, Liberty and the pursuit of Happiness." It is obvious today that America has defaulted on this promissory note, insofar as her citizens of color are concerned. Instead of honoring this sacred obligation, America has given the Negro people a bad check, a check which has come back marked "insufficient funds."
But we refuse to believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe that there are insufficient funds in the great vaults of opportunity of this nation. And so, we've come to cash this check, a check that will give us upon demand the riches of freedom and the security of justice.
[...]
Let us not wallow in the valley of despair, I say to you today, my friends.
And so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal."
I have a dream that one day on the red hills of Georgia, the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state sweltering with the heat of injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice.
I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character.
I have a dreamtoday!
I have a dream that one day, down in Alabama, with its vicious racists, with its governor having his lips dripping with the words of "interposition" and "nullification" -- one day right there in Alabama little black boys and black girls will be able to join hands with little white boys and white girls as sisters and brothers.
I have a dream today!

[8] - Il testo qui tradotto è una variante, scoperta l'anno scorso tra le carte del poeta, della versione da tutti conosciuta.

Versione inedita

Duldet mutig Millionen,
duldet für die bessre Welt,
droben überm Sternenzelt
wird ein großer Geist belohnen.

Jeder Schuldschein sei zernichtet
ausgesöhnt die ganze Welt,
Brüder überm Sternenzelt
Richtet man, wie wir gerichtet.

Versione conosciuta

Duldet muthig Millionen!
Duldet für die bess’re Welt!
Droben überm Sternenzelt
Wird ein großer Gott belohnen.

Unser Schuldbuch sey vernichtet!
Ausgesöhnt die ganze Welt!
Brüder – überm Sternenzelt
Richtet Gott – wie wir gerichtet.

Le differenze sono tra i quarti versi della prima strofa e tra i quarti versi della seconda, in cui a Dio (Gott) è sostituito rispettivamente lo Spirito (Geist) e il si impersonale (man) ...

Versione inedita

Wird ein großer Geist belohnen.

[...]

Richtet man, wie wir gerichtet.

Versione conosciuta

Wird ein großer Gott belohnen.

[...]

Richtet Gott – wie wir gerichtet.

... e tra i primi versi della seconda strofa, in cui all'espressione echeggiante la formulazione luterana del "Padre Nostro", "siano annullati (vernichtet) i libri (buch) dei nostri (unser) debiti (o anche colpe, Schuld)" è sostituita l'espressione, più vicina al precetto di Solone, "sia distrutto (zernichtet) ogni (jeder) certificato (Schein) di debito".

Versione inedita

Jeder Schuldschein sei zernichtet

Versione conosciuta

Unser Schuldbuch sey vernichtet!

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