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La crisi umanitaria nel Sahel sottolinea l'urgenza del progetto Transaqua

19 luglio 2013 (MoviSol) - Oltre undici milioni di persone sono minacciate dalla carestia nel Sahel, a causa della siccità e delle conseguenze della guerra. Mentre nel passato l'ONU è riuscita a fornire aiuti d'emergenza, stavolta solo il 36% dei fondi è coperto, a causa della crisi siriana che ha distratto fondi e attenzione. Il coordinatore umanitario dell'ONU Robert Piper ha lanciato l'allarme. Il conflitto in Mali ha sradicato migliaia di persone e sta avendo un effetto "tremendo", ha detto Piper. La sua prima visita alla regione dopo essere stato nominato, è stata come "un tour del fondo dell'indice dello sviluppo umano". "Questa gente estremamente vulnerabile subisce disastri naturali con frequenza crescente e sempre maggiore intensità. E ogni volta è per loro più difficile ricominciare".

Il 10 luglio l'opinione pubblica mondiale si è commossa alle parole del Papa Francesco in visita a Lampedusa, approdo di centinaia di migliaia di disperati che fuggono dalla fame e dalle guerre e non muoiono nella traversata. Questa ondata di migrazione iniziò proprio con la prima grande crisi del Sahel negli anni Ottanta, ed è peggiorata con le guerre neocoloniali in Nord Africa.

La grande sofferenza dei popoli africani potrebbe essere terminata facilmente con un grande progetto di trasferimento idrico, come "Transaqua". Sviluppato dall'impresa italiana Bonifica, del gruppo IRI, a partire dal 1972, consiste in un canale lungo 2400 chilometri, che attingendo il 5% complessivo dagli affluenti del fiume Congo, scaricherebbe nel Lago Ciad 70/100 miliardi metri cubi all'anno, sufficienti a ripristinare la dimensione originale del lago. Il Lago Ciad è oggi ridotto a meno di un ventesimo di quello che era appena 50 anni fa. Transaqua non solo ricostituirebbe il lago e fermerebbe l'avanzata del deserto, ma creerebbe un'area di sviluppo agricolo larga come la Lombardia, genererebbe una notevole capacità di produzione idroelettrica e formerebbe il nocciolo di una infrastruttura di trasporti pan-africana.

L'occidente però dimostra ancora una volta di non essere interessato alla soluzione. Il 26 giugno l'inviato speciale dell'ONU per il Sahel, Romano Prodi, ha presentato la sua strategia al Consiglio di Sicurezza, senza nemmeno menzionare l'idea di un programma di trasferimento idrico. L'EIR sa che Prodi è stato ripetutamente informato da autorevoli fonti su Transaqua, ma nel suo rapporto ha parlato solo vagamente di "progetti di sviluppo regionale". Ha raccomandato la creazione di un Fondo di Azione per il Sahel, i cui donatori "saranno liberi di scegliere il tipo di assistenza e i popoli del Sahel sapranno da dove questa proviene". Il Fondo dovrebbe finanziare un Istituto di Ricerca del Sahel, che costituirebbe una struttura "leggera" sul territorio e servirebbe anche per addestrare tecnici locali.

Possiamo tranquillamente aspettarci i soliti impotenti micro-progetti, per di più ambientalisti, e forse la risurrezione di Desertec, la folle idea di coprire il deserto con pannelli solari per produrre elettricità da mandare in Europa. Bloccando Transaqua invece di usare la propria conoscenza e il suo ruolo all'ONU per avviare un primo studio di fattibilità, Prodi si rende complice del genocidio.

Nel 2010 i paesi del bacino del Lago Ciad si riunirono a Ndjamena e si accordarono su una versione ridotta di trasferimento idrico, che avrebbe attinto acqua solo dall'Obangui, un grande affluente del Congo. Il presidente libico Gheddafi partecipò all'incontro e offrì la partecipazione del suo paese. Oggi la Libia è nel caos e esporta estremismo.

Come ha ripetutamente denunciato Lyndon LaRouche, le guerre neocoloniali in Nordafrica sono parte di un più vasto piano di genocidio.

NAWAPA | TRANSAQUA:
Intervista con il dott. Marcello Vichi
24 settembre 2010

NAWAPA
Una panoramica sul progetto
20 ottobre 2010

NAWAPA | TRANSAQUA:
Un'idea per il deserto del Sahel
21 ottobre 2010

 




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