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La BCE teme il crac globale

1 novembre 2013 (MoviSol) - Quando Mario Draghi decide di mandare una lettera segreta al Commissario UE Almunia, per dirgli di congelare qualsiasi iniziativa o discussione sul prelievo forzoso, o bail-in, si capisce subito che la situazione deve essere grave. Draghi ha mandato la lettera, il cui contenuto è stato rivelato da La Repubblica e da Bloomberg, alla fine di luglio. Era il periodo in cui lo stesso Almunia costringeva il Monte dei Paschi di Siena a non pagare alcuni obbligazionisti, ma sarebbe sbagliato ridurre le preoccupazioni della BCE a quelle di Draghi per una banca italiana.

In realtà tutta la situazione finanziaria è estremamente fragile, e il presidente della BCE sa che può esplodere da un momento all’altro. L’espansione della liquidità da parte delle banche centrali negli ultimi mesi ha ricreato la bolla speculativa come nel 2007, anzi forse anche peggiore. I mercati azionari sperimentano nuovamente una "esuberanza irrazionale", con l’indice Euro Stoxx 50 che ha guadagnato il 21% dal punto più basso raggiunto il 24 giugno del 2013. La metà delle obbligazioni societarie (corporate bonds) valutate da S&P vengono classificate come junk bonds. Dunque, la fuga di investitori da una singola banca, per timore di un prelievo forzoso o anche solo per una voce, potrebbe scatenare un crac globale.

Questo ha indotto Draghi, che aveva guidato la campagna per il nuovo meccanismo di "bail-in" in sostituzione dei salvataggi pubblici, prima come capo del FSB, poi come capo della BCE, a lanciare il contrordine. I primi moniti erano giunti da Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del consiglio direttivo della BCE, il quale aveva affrontato pubblicamente Almunia al Forum Ambrosetti in settembre. L’apparente voltafaccia di Draghi dimostra che chi prende le decisioni nell’oligarchia finanziaria naviga a vista.

Al vertice UE del 24-25 ottobre, Mario Draghi ha chiarito a tutti che la Banca Centrale Europea vuole che i governi si impegnino pienamente al "backstop" pubblico (garanzie di salvataggio), prima di iniziare il bail-in. La resistenza proviene da Germania, Olanda e Finlandia.

La BCE vuole che la Germania metta in primo piano il "back stop" pubblico. Se possibile, gli europei dovrebbero accettare la proposta di Michel Barnier, che vuole che il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), 700 miliardi di Euro di soldi dei contribuenti, diventi il Meccanismo di Risoluzione Europea. Questo significherebbe però che, contrariamente alle promesse del governo tedesco ai suoi elettori, i contribuenti sarebbero di nuovo chiamati a pagare il conto. Per questo, Angela Merkel ha la sua controproposta, che implica un "sì" alla creazione di uno strumento UE o dell’Eurozona a sostegno delle (banche) dei paesi che compiono seri sforzi per imporre una rigida disciplina di bilancio. Ma prima che venga creato il nuovo strumento, la Merkel vuole che i creditori ed azionisti della banca in crisi vengano dissanguati, con l’approccio del prelievo forzoso. Prima del vertice, il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha ribadito che insisterà che vengano tutelati i contribuenti, il che tradotto vuol dire "preferiamo il prelievo forzoso subito”.

Potrebbe essere tattica in attesa della decisione della Corte Costituzionale tedesca sull’acquisto di titoli di stato da parte della BCE. Questa decisione riguarda un altro tema, che comunque si basa sullo stesso principio, e cioè la sovranità del parlamento nazionale sulle questioni di bilancio. Ma il tempo scorre, e si è deciso di prendere una decisione al vertice UE del 19-20 dicembre, dove probabilmente si seguirà il solito copione: alla sera inizierà la "maratona" che andrà avanti tutta notte finché non si arriva ad una decisione per stanchezza. Fino ad allora, la BCE è pronta ad iniettare altro metadone nel sistema, con il "bazooka" LTRO, qualora il sistema rischi il collasso.

La nave di folli chiamata Europa non si preoccupa minimante dell’economia reale, della produzione industriale, dei posti di lavoro o della disoccupazione, né delle conseguenze iperinflazionistiche di questa folle politica monetaria, e tanto meno si preoccupa della democrazia.




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