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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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[Solidarietà, anno X n. 2, luglio 2002]


Nucleare e 11 settembre

Il nucleare si è attirato una nuova obiezione, dopo i fatti dell’11 settembre: e se mandassero un aereo a schiantarsi contro una centrale avremo una nuova Cernobil?

Rispodendo a questa domanda la rivista Le Scienze (N402/febbraio 2002) spiega che una centrale non è un obiettivo facile. È costruita per resistere a sollecitazioni ben più energiche, dai tornado ai terremoti, e la sua forma solitamente semisferica è un pessimo bersaglio perché devia l'urto.

Nelle centrali atomiche convenzionali una certa fragilità è presentata dalle strutture di raffreddamento, anch’esse molto difficili da colpire. Un loro danneggiamento potrebbe portare a danni che sarebbero però limitati: anche nel peggiore dei casi possibili sarebbero contenuti all’interno della struttura stessa, come avvenne a Three Mile Islands. In tal caso il territorio circostante non ne resterebbe contaminato. Il rischio maggiore è costituito dalle strutture destinate allo stoccaggio provvisorio del combustile esausto. Offrono un bersaglio ancor più difficile, ma se fossero colpite, nonostante le misure di sicurezza già in vigore, si potrebbe rendere necessaria, sempre nel caso limite, l’evacuazione della popolazione. In tal caso si disporrebbe di quasi dieci ore di tempo prima che la radioattività diventi pericolosa. Per questo motivo le autorità stanno già disponendo nuove misure per la protezione di questo “tallone d’Achille”. Una centrale come l'HTR di Hamm-Uentrop, in Germania, fu progettata anche a prova di schianto aereo.

Cernobil e realtà

La centrale in cui si verificò il tragico incidente del 26 aprile 1986 è del tipo RBMK-1000. Per la sua pericolosità intrinseca non è mai stata autorizzata in occidente. “A Cernobil non si è verificato alcun fenomeno che non fosse prevedibile in fase di analisi di sicurezza” (rapporto Insag alla Conferenza di Vienna, 25-29 agosto 1986).

Il regime sovietico decise invece di costruirne ben 17 perché, in barba ai rischi, oltre all’energia il reattore produceva il plutonio necessario all’arsenale nucleare sovietico.

In tale reattore il rischio inerente è rappresentato dalla pericolosa vicinanza di grafite, acqua e zirconio: un minimo guasto o errore può produrre reazioni esotermiche che sfuggono presto al controllo.

Un altro dei motivi per cui questi reattori non sono mai stati approvati in occidente è il forte “coefficiente di reattività positivo”: un aumento della temperatura intensifica la reazione stessa e viceversa, in una spirale di instabilità del reattore.

A ciò si aggiunga il fatto che l’edificio di contenimento era tutt’altro che adeguato, come pure una buona dose di disordini e negligenze della gestione, secondo la media delle attività industriali sovietiche.

Mentre il regime sovietico stava portato l’economia verso lo sfascio del 1989, certi settori dello stato erano pronti a giocare la carta militare, come denunciò LaRouche a quell’epoca. Occorrevano testate nucleari e per questo l’economia fu sottoposta ad attriti inauditi, con conseguenze tragiche, e non solo a Cernobil.

L'articolo è pubblicato nel numero del luglio 2002 di Solidarietà, il bollettino d'informazione del Movimento Solidarietà che i non iscritti possono richiedere telefonicamente agli uffici di Milano: 02/2613058 – 02/26110612


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