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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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LaRouche sul ritiro dall'Iraq

28 novembre 2003

Lyndon LaRouche è aspirante alla candidatura democratica per le presidenziali del 2004 ed è il secondo candidato in termini di sostegno finanziario raccolto tra la popolazione.


RIPRISTINARE LA COSTITUZIONE DELL'IRAQ

La goffaggine esibita sistematicamente dagli altri candidati democratici nella questione del ritiro degli USA dall’Iraq rende necessaria questa mia dichiarazione. Lo scopo è quello di aiutarli ad uscire dallo stato confusionale che quasi tutti hanno pubblicamente manifestato su questo argomento, ma anche di segnalare al presidente George W. Bush Jr. alcune opzioni immediate per sfuggire alle sabbie mobili in cui le subdole manovre anti-costituzionali e gli sporchi trucchi del vice presidente Cheney hanno spinto la nazione e le sue forze armate.

I. La mia proposta

Propongo che gli Stati Uniti compiano immediatamente tre passi ben definiti verso il ritiro dalla posizione indifendibile e sempre più precaria in cui si trovano non solo in Iraq ma in tutto il Medio Oriente.
1. Dichiarare che è intenzione dell’aspirante Presidente cessare l'occupazione militare dell'Iraq non appena questo sia possibile, e notificare al Consiglio di Sicurezza dell'ONU l'intenzione degli USA di riaprire il capitolo della sovranità irachena sui propri affari, sollecitando l'assistenza del Consiglio di Sicurezza dell'ONU nel fare in modo che questo si possa realizzare.
2. Abbandonare gli insulsi tentativi di redigere una nuova Costituzione per l'Iraq. Promuovere il ripristino della Costituzione esistente e storicamente radicata della nazione in vista dell'instaurazione, il prima possibile, di un governo provvisorio sotto l’egida di tale Costituzione. Cercare di applicare nuove ricette contaminate dalla presenza più o meno esplicita di un personaggio come Chalabi non favorisce la pace, ma alimenta una guerra asimmetrica interminabile, che comporterà numerose altre vittime cadute inutilmente tra le forze statunitensi stazionate per svolgere il ruolo del bersaglio in quello che è diventato un quotidiano poligono di tiro a tempo indeterminato.
3. Liberare immediatamente Tariq Aziz, affinché possa assumere il suo ruolo naturale, e internazionalmente riconosciuto, del migliore rappresentante dello spirito ecumenico della sovranità costituzionale dell'Iraq.

II. La situazione attuale in Iraq

La speranza di evitare la recente recrudescenza di una guerra asimmetrica sostenuta dalla popolazione è naufragata con l'ordine di sospendere la cooperazione con i militari iracheni nell'opera urgentemente necessaria della ricostruzione. Lo sforzo dispendioso di sostituire le forze armate come fattore di stabilità e di capacità ingegneristica con una valanga di decine di miliardi di dollari rovesciati nelle casse delle corporation vicine a George Shultz e al vice presidente Cheney, accompagnato dal flirt continuato con il solito Chalabi, ha fatto sì che il governo degli Stati Uniti rovinasse ogni possibilità di successo della missione che era stata recentemente assegnata a Paul Bremer.
Venendo meno all'obbligo che la potenza occupante ha di ricostruire subito la nazione che ha conquistato, gli Stati Uniti hanno perso per omissione, per il momento, ogni credibilità per poter presiedere agli affari interni della nazione occupata. Trasformando l'occupazione dell'Iraq in una corsa all'accaparramento delle commesse sia del Tesoro USA che delle ricchezze irachene, il ruolo degli USA è scaduto, grazie alla onnipresente influenza del vice presidente Cheney, dal patetico al rivoltante.
Ora, come risultato della politica rifilata all'amministrazione Bush dalle manovre usurpatrici del vice presidente Cheney, l'odio contro gli Stati Uniti è diventato una forza unificatrice che alimenta il conflitto asimmetrico, non solo in Iraq, ma in tutto il Medio Oriente. Non c'è nulla che potesse incoraggiare la crescita del terrorismo in tutta la regione più delle follie che l'onnipresente influenza del vice presidente Cheney ha imposto in questa situazione di degrado. In linea di principio questa situazione è molto peggiore della follia che portò gli USA nella guerra d'Indocina tra il 1964 e il 1972. E' pertanto necessario che le forze armate USA siano rimosse dall'attuale posizione di un bersaglio che si attira un odio sempre crescente. E' ora di sgombrare l'Iraq, e subito!
E' evidente che se oggi fossi io il Presidente degli Stati Uniti, nel mondo arabo le popolazioni avrebbero fiducia in una proposta ragionevole avanzata dagli USA. Purtroppo non sono ancora il Presidente. Sotto l'attuale amministrazione contaminata da Cheney, o quella dei miei attuali rivali, non c'è modo che il governo USA possa sostenere in maniera credibile la propria posizione di potenza occupante. Pertanto, in assenza di un Presidente sufficientemente qualificato, occorre ritirare le nostre forze e lasciare che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU subentri là dove l'attuale amministrazione USA e il Democratic National Committee hanno ambedue fallito tanto miseramente.
Occorre tenere presente la seguente valutazione della situazione.
Ad un certo punto, nella recente guerra degli USA in Iraq, le forze armate irachene sono sparite dal campo di battaglia e sono diventate una milizia nazionale in borghese ritiratasi in posizione di attesa. Quando gli Stati Uniti hanno rinunciato a cooptare questa milizia nel ruolo più appropriato di forza per la ricostruzione della propria nazione martoriata dalla guerra, l'attuale amministrazione USA ha finito per costringere la milizia a reagire come il nucleo centrale di un movimento di resistenza che combatte asimmetricamente contro le forze occupanti degli USA, come pure contro ogni entità che si presta a cooperare con tale occupazione.
Gli specialisti dovrebbero studiare le lezioni della resistenza jugoslava all'occupazione nazista come lezione introduttiva per comprendere le complessità a cui le forze militari statunitensi sono andate incontro con la loro sciagurata occupazione dell'Iraq. L'evasivo e maldestro gen. Wesley Clark, ad esempio, ma anche Madeleine Albright, devono ancora apprendere quella lezione.
Di conseguenza adesso non ci sono soltanto i milioni di riservisti iracheni addestrati che si schierano contro la nostra occupazione, ma anche schiere crescenti di volontari provenienti dall'estero. Tutto questo significa che il vice presidente Cheney, che usurpa il ruolo di presidente, rappresenta la fonte principale di alimentazione e diffusione di fatto del terrorismo nell'Asia occidentale e oltre.

III. La costituzione irachena esistente

La moderna nazione irachena si è formata nella lotta popolare contro la ripetuta occupazione imperiale britannica. L'unità sorta in quelle guerre ripetute contro forze imperiali d'occupazione diventò la base dell'attuale Costituzione irachena. I membri del Congresso USA, tra gli altri, dovrebbero effettivamente leggere quella Costituzione, come pure qualche resoconto storico della guerra di resistenza che portò il popolo iracheno ad unificare la nazione attorno ad essa.
La tendenza dell'amministrazione USA, contaminata da Cheney, di frammentare la nazione irachena in una serie di staterelli rivali non fa altro che incitare odio e disprezzo inestinguibili contro gli USA in tutta la regione e ben oltre, come sta avvenendo oggi in una situazione strategica sempre più grave, dovuta ai misfatti perpetrati dagli assassini israeliani del primo ministro israeliano Rabin e al fatto che essi siano stati tollerati.
Una Costituzione nazionale non ha più autorità di quella contenuta nella storia della lotta che ne ha determinato la nascita. Quest'autorità dev'essere rinnovata costantemente portando una base sempre più ampia della popolazione, compresi gli strati più poveri, a riaffermare i principi fondamentali contenuti in quell'accordo. Ad esempio, in passato, quando gli Stati Uniti sostennero l’esercito nazionale e il servizio di leva universale, rafforzarono in tal modo il legame reciproco tra la Costituzione e la popolazione in generale.
Una buona Costituzione di uno stato nazionale repubblicano moderno non è un contratto finanziario stilato da studi legali senza scrupoli per conto di avide case finanziarie, ma, come la Dichiarazione d'Indipendenza degli USA del 1776 e il preambolo della Costituzione Federale, dev'essere l'affermazione di principi universali della legge naturale. L'Iraq dispone di tale Costituzione, una carta forgiata nella lotta contro l'oppressione e nella ricerca di interessi comuni unificanti tra le comunità che componevano quella nazione in lotta.
I guai subiti da quella Costituzione, prima che scoppiasse la recente guerra degli USA in Iraq, non consistono solo nelle spinte usurpatrici delle forze interne allo stato iracheno, ma anche nelle ingerenze di forze internazionali nelle questioni interne irachene e dell'intera regione. Oggi negli USA, dall'11 settembre 2001, certe forze nel Congresso, nei partiti e nell'esecutivo, hanno sfruttato la percezione di una crisi per minare e invalidare di fatto aspetti cruciali della nostra stessa Costituzione americana sacrificandola nel nome di una troppo abusata "emergenza". Come si può permettere che l'amministrazione e certe correnti di partito si mettano in cattedra squadrando dall'alto in basso il governo recentemente rovesciato in Iraq? E' uno spettacolo di ipocrisia che il resto del mondo non può osservare senza malessere.
L'Iraq di oggi si trova di fronte alle stesse sfide costituzionali che furono affrontate quando fu adottata l'attuale Costituzione. Perciò il governo statunitense commetterebbe una vera idiozia se tentasse, come sta facendo, di rabberciare qualcosa che non è rotto: sostituire una vera Costituzione formata dalla storia con un patto stilato da avvocati imbroglioni. Non c'è nulla di meglio per la situazione irachena che il pieno rispetto della Costituzione attuale. Questa deve essere l'opinione del governo degli USA.
Intanto siamo nella situazione molto particolare in cui l'umiliazione del proprio governo, inflitta allo scopo di liberare quel governo dalla propria tendenza autodistruttiva, è la cosa più patriottica da fare. Non dobbiamo lasciarci intimidire da canaglie che come il presidente Cheney e il suo tirapiedi Lewis Libby confezionano le proprie scelleratezze nei lustrini del "patriottismo".