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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

   

Né di destra, né di sinistra: il Rinascimento Nucleare è d'obbligo, alla luce del principio del Bene Comune

 

Il Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà desidera sottoporre agli Onorevoli Deputati della Commissione Attività Produttive della Camera il seguente promemoria, per intervenire nel processo che li porterà a decidere del futuro energetico, e di conseguenza economico, dell’Italia. Negli ultimi decenni, l’Italia, come molti altri Paesi, ha accettato l’idea che le tecnologie avanzate quali il nucleare servano solo a scopi bellici o per sfruttare l’ambiente in modo improprio; ma questa decisione è frutto di una manipolazione ideologica. Infatti, basta guardare la “bontà” della campagna di Bush e Cheney contro le “armi di distruzione di massa”, oppure la distruzione ambientale provocata dalla mancanza di tecnologie avanzate nei paesi poveri, per capire che lo scopo di limitare la diffusione di queste tecnologie non scaturisce da una vera preoccupazione per il bene comune: gli interessi che ne traggono beneficio sono proprio coloro che preferiscono mantenere un potere oligarchico stretto piuttosto che vedere diffondersi il progresso economico tra i popoli.

Negli anni cinquanta e sessanta, un grande italiano, Enrico Mattei, diede un esempio di coraggio e lungimiranza quando lavorò per garantire all’Italia un approvvigionamento energetico stabile ed economico. E lo fece sfidando proprio quelle ”sette sorelle” che insistevano sul proprio diritto di tenere in mano le sorti delle popolazioni mondiali. Non a caso, Mattei fu tra i padri del nucleare italiano, e alla fine della sua vita, insieme ad un altro grande leader che pagò il prezzo supremo per la sua lotta contro il potere oligarchico, John F. Kennedy, stava progettando nuovi accordi internazionali che avrebbero aperto le porte ad un sistema economico mondiale più giusto.

Oggi, mentre assistiamo al crollo delle bolle speculative provocate dal liberismo finanziario, serve più che mai tornare a reimpostare una politica a favore dell’economia produttiva, che permetterebbe alle nazioni di liberarsi da chi crede che il commercio internazionale sia semplicemente un terreno di conquista. In questo senso, decidere di rilanciare l’energia nucleare come volano per lo sviluppo tecnologico dell’economia italiana, diventa un’occasione per prendere una decisione che supera i contrasti tra gli schieramenti politici, dando un segnale di interesse per il Bene Comune.

Qui sotto affrontiamo gli aspetti principali che vanno considerati nel decidere sul ruolo dell’energia nucleare in un’economia moderna. La sicurezza intrinseca, il riciclaggio delle scorie, la velocità di realizzazione, e soprattutto le ricadute tecnologiche che ci permetteranno di sviluppare altre, nuove tecnologie negli anni a venire (idrogeno, fusione). Alcune delle idee qui menzionate, il 19 settembre 2007 sono state ricordate dal fondatore del movimento, l’economista e statista Lyndon LaRouche, nel corso di una discussione con un gruppo di Parlamentari a Roma. La trascrizione dei commenti di LaRouche in quella sede è allegata a questa promemoria, insieme a due articoli che trattano le questioni più tecniche a favore del nucleare.

 

La tecnologia di produzione dell'energia nucleare è importante per più motivi:

1) Essa comporta in assoluto il minor costo collettivo, rispetto alle altre tecnologie. Una manciata di pastiglie di ossido d’uranio è equivalente a cinque tonnellate di petrolio, dice una vecchia pubblicità di Agip Nucleare. Rifondando la produzione elettrica sulla fissione nucleare, inoltre, potremmo potenziare ed assicurare il controllo dei processi di fusione nucleare, che è certamente ancor più efficiente.

2) L’ingegneria nucleare definisce in assoluto i più alti livelli di sicurezza e di produzione. I modelli di centrale più recenti, già in funzione in alcune nazioni (parliamo degli HTGR, i reattori ad alta temperatura raffreddati a gas) prevedono la preparazione del materiale fissile in modo da annullare la possibilità di fughe e la possibilità di riciclaggio ad uso bellico da parte di gruppi terroristici, e da estendere ulteriormente l’automazione quale sostituta della manipolazione umana.

3) La tecnologia è, rispetto alle altre, la meno pericolosa e meno inquinante fra tutte, se consideriamo l’integralità del ciclo produttivo, dalle operazioni di estrazione dal giacimento della risorsa prima, fino alla centrale di produzione. A parità di kWh prodotto, con l'uranio si hanno incomparabilmente meno morti tra gli addetti, meno interventi di trasformazione dell'assetto geologico, minori diffusioni inquinanti, ridotto impiego di mezzi di trasporto delle materie prime, ecc.

4) Essa definisce un sistema industriale più ampio, articolato in svariate produzioni, in cui si fa tesoro delle conoscenze della fisica nucleare. Senza l’esercizio delle centrali nucleari, tuttavia, il resto del sistema “nucleare” non può esistere, oppure viene a dipendere fortemente dall’estero, come nel caso dell’industria dei prodotti ospedalieri monouso, i cui costi dipendono dalle forniture di isotopi radioattivi (Co-60) di un oligopolio straniero (fino a pochi anni fa il Commonwealth britannico).

5) Sono allo studio alcune nuove forme di produzione agro-industriale (vedi il caso dei Nuplex) e di infrastrutture integrate, fondate su questa tecnologia. Esse prometterebbero di affrontare dall’alto, problemi come l'infertilità del suolo, la siccità, ecc. Con la dissalazione dell’acqua marina e simili tipologie di intervento sulla natura, è possibile conquistare zone del pianeta ora inaccessibili o ingovernabili, a vantaggio dell'umanità. Tra l’altro, queste nuove forme di organizzazione sociale in senso lato, sono tra i requisiti del successo nella conquista della Luna e di Marte.

6) La tecnologia permette di risparmiare il petrolio, il gas naturale e il carbone, che possono essere destinati ad altre attività produttive. Il petrolio, per esempio, dovrebbe essere massicciamente destinato alla produzioni farmaceutiche e chimiche.

7) Ciò che chiamiamo rifiuto radioattivo, è in generale qualcosa di ancora attivo, e pertanto ancora sfruttabile, in modi diversi. Uno sviluppo in più direzioni delle tecnologie nucleari permetterebbero di ridurre i depositi e sfruttare ulteriormente queste risorse sottovalutate.

 

La recente rinascita, a livello internazionale, dell’interesse per il nucleare è motivata in modo riduttivo con considerazioni di stampo ecologista. Non neghiamo che le centrali nucleari siano meno inquinanti e che soltanto con esse possiamo pensare di sostituire il parco macchine attuale con automezzi a idrogeno.

Tuttavia, è la crisi finanziaria e monetaria internazionale a giustificare questo exploit da parte di quei governi, che si sentono chiamati a proteggere il Bene Comune dei propri cittadini. La Repubblica del Sud Africa, per esempio, si sta proponendo come fornitore di moduli HTGR ai Paesi vicini. Sul continente più martoriato e trascurato del pianeta, finalmente si prendono decisioni coerenti con il principio del Bene Comune, e con un impulso tale che l’Italia si troverà a chiedere aiuto tecnologico al Terzo Mondo!

La comunità scientifica italiana ha sopportato pazientemente l’insulto dovuto a decenni di mancato investimento nel nucleare e altri effetti, dovuti esclusivamente alla paura dell’ignoto, così diffusa tra i cittadini e così pericolosamente manipolata dai media, soprattutto dal giorno del cosiddetto “incidente” di Cernobil.

 

Per concludere, bisogna considerare la questione dei tempi di costruzione, da alcuni considerati troppo lunghi per avere un impatto nell’immediato. In realtà, i tempi costruttivi sono andati aumentando in Europa e negli Stati Uniti semplicemente perché il settore si è fermato a partire dagli anni ‘80. Il Giappone, invece, non ha mai smesso di costruirne, tanto che i suoi tempi costruttivi medi sono andati migliorando: oggi sono pari a 40 mesi, cioè poco più di tre anni.

Inoltre, alcuni esperti, fra cui il direttore generale dell’Associazione Nucleare Mondiale, hanno già indicato la possibilità di passare alla produzione in serie dei reattori, abbandonando la modalità di progettazione per prototipi. In questo modo, i tempi si ridurrebbero ancora, e si sarebbe in grado di sostituire gran parte della produzione d’energia basata sulla combustione di risorse fossili in pochi anni. In considerazione dell’aumento continuo della popolazione, e della auspicata estensione di un tenore di vita decente a tutta la popolazione mondiale, una trasformazione in questo senso diventa più che mai necessaria.

 


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