ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

Parmalat:

pungere la grande, grande, grande bolla


di Lyndon H. LaRouche Jr.

3 gennaio 2004

In questo momento, si rende necessaria qualche parola di cautela sulle implicazioni possibili, e forse immediate, del caso Parmalat. Il mio è un monito specifico, che va oltre ciò che hanno già detto al proposito i miei collaboratori ed altri, in varie parti del mondo.
Su basi quasi quotidiane si accumulano i sintomi che rivelano come la bolla della Parmalat non sia uno sfascio alla Enron, di dimensioni contenute, ma una versione più grande del tipo di crisi che colpì il fondo speculativo Long Term Capital Management (LTCM), scuotendo alle fondamenta l'intero edificio del sistema monetario e finanziario mondiale tra l'agosto ed il settembre 1998. Quella crisi già sbatté il Sistema di Riserva Federale USA sul banco di tortura tra il 23 ed il 29 settembre di quell'anno. Oggi la cosa più evidente è che, come riflette il caso esplosivo della Parmalat, molto probabilmente abbiamo a che fare con l'emergere di una crisi molto maggiore e più pericolosa della stessa crisi di LTCM, che sta esplodendo su un piano molto più esteso e molto meno controllabile rispetto a quel precedente del 1998. Ci sono dei buoni motivi che consigliano di seguire una linea di indagine che dia principalmente risalto a questa, molto probabile, ipotesi.
Illustrerò le premesse di questo monito, spiegando la situazione nel modo più semplice consentito dalla natura del problema. Mi si perdoni qualche ironia nel corso della spiegazione, ma né io né il lettore possiamo perdere il senso dell'humor in quanto sto per dire. In crisi come questa, mantenere uno spiccato senso dello humor, dai tratti marcatamente rabelaisiani, è un prerequisito necessario per mantenere chiarezza e fermezza di giudizio, specialmente in un'epoca in cui si addensano crisi sempre più gravi.
Non concentratevi sugli aspetti meno significativi dello scandalo, quelli della situazione finanziaria interna della Parmalat in quanto tale. La Parmalat è soltanto il punto di riferimento di un problema molto più vasto, rappresentato dalla gigantesca bolla mondiale degli strumenti derivati. La continua caduta del dollaro sui mercati dell'oro e dell'euro ha creato una situazione tale per cui lo spillo prima o poi avrebbe punto la bolla mondiale del dollaro. Lo spillo ha deciso di pungere la Parmalat. Lo spillo potrebbe essere il proverbiale "chiodo del ferro di cavallo" per cui fu perso il regno, il regno del FMI così com'è ora.
C'è una tale abbondanza di prove per questa affermazione, da indurci a temere che questo è ciò che finirà per verificarsi nel prossimo futuro. Le indicazioni di uno sbocco simile a breve termine sono così forti e si accumulano con tale rapidità che sarebbe da incoscienti rifiutarne la natura sistemica come ipotesi di indagine e di guida nell'azione.
Come è spesso accaduto nella fase terminale delle bolle della storia moderna, come quella di John Law e quella delle Isole del Mare del Sud nel diciottesimo secolo, gli schemi alla Ponzi, la truffa del "Pyramid Club" del 1949, o la fase culminante del giugno-novembre 1923 della bolla del Reichsmark in Germania, il caso della Parmalat è esploso nel momento in cui si è verificato un cambiamento di fase, e rappresenta la puntura della bolla gonfiata all'estremo. La situazione era più che matura perché ciò si verificasse. La possibilità che si tratti di un caso isolato o isolabile è assolutamente zero. Ma a prescindere da quello che non è, il caso Parmalat rappresenta la crisi sistemica della struttura monetaria e finanziaria globale.
Pertanto, in primo luogo il caso della Parmalat in quanto tale è solo un aspetto di una bolla ben più voluminosa composta da un insieme inquantificabile di casi simili, spesso più piccoli ma interconnessi tra loro, di derivati sul credito e strumenti simili. Giacché la truffa dei derivati di qualsiasi grande operazione finanziaria di questo tipo in parte coincide e interagisce, sistemicamente, con un'epidemia internazionale di questo stesso metodo di gestione affermatasi nell'intero settore dei derivati finanziari a seguito del crac del 1987 a Wall Street, lo 'schema di Ponzi' della Parmalat non può essere affrontato come se si trattasse di un caso isolato.
In secondo luogo, rispetto al pericolo che le ramificazioni del caso Parmalat minacciano di mettere in moto su scala mondiale, la dimensione del buco sui bilanci Parmalat, un crac incentrato sul dollaro, è l'aspetto relativamente minore del problema. A tale proposito la cosa più seria da chiedersi è quanto sia vasto e complesso il cancro della frode finanziaria di cui la Parmalat è solo una parte, ma che potrebbe fungere da detonatore di una reazione a catena finanziaria. Questo solleva l'interrogativo sulla possibilità che qualche banchiere internazionale dietro la crescita della bolla dei derivati della Parmalat, forse qualcuno ad un livello di importanza paragonabile a Sandy Weill della Citicorp, abbia finito per decidere di essersi stancato di tenere il dito nel buco della diga.
Quello della Parmalat è un caso che va a braccetto con la caduta a spirale del dollaro di Bush da quando l'euro ha preso a salire, passando da un prezzo relativamente basso di 0,83-0,84 fino a superare l'1,25. Questa tendenza, provocata in larga parte dalla politica dell'amministrazione Bush, ha spinto l'economia USA in un fenomeno paragonabile all'iperinflazione, all'interno, e ad una paragonabile deflazione del valore dell'economia USA sul mercato mondiale. Certo, la bolla non è stata creata dal presidente Bush, ma, coscientemente o meno, con i suoi errori egli ha fatto tutto il possibile per gonfiare la bolla fino alle dimensioni attuali.
Ovviamente la definizione della crisi Parmalat è che non si tratta principalmente della crisi di quell'impresa, che sotto il profilo finanziario è irrimediabilmente morta; essa è ora esplosa diventando la principale manifestazione di una parte della crisi sistemica mondiale del dollaro USA.
Un presidente che avesse avuto un briciolo d'intelligenza avrebbe dovuto dire ai suoi consiglieri: "Basta con le mezze verità, ditemi quanto vale davvero il dollaro in rapporto all'effettiva capacità d'acquisto del cittadino medio americano, per acquistare i prodotti fisici del paniere di mercato della famiglia, così com'era nel 1972".
A questo punto qualcuno, magari il solito idiota laureato ad Harward, si lascia prendere dal panico, strillando per distogliere l'attenzione dalle parole del Presidente, negando il fatto che la risalita dell'euro non è dovuta all'inflazione del dollaro e farfugliando frasi del tipo "valori edonistici".
Semplicemente, la garanzia fittizia del valore della massa di debito nel sistema internazionale del dollaro USA è in larga parte composta da valori finanziari altamente inflazionati di cose tipo i prezzi delle azioni, ipoteche associate alla bolla dei titoli emessi da Fannie Mae e simili. Per esempio, un crollo nella parte della bolla che ruota attorno a Fannie Mae minaccerebbe di scatenare una reazione a catena di crolli nel valore delle ipoteche usate per gonfiare la bolla, il che toglierebbe la terra sotto i piedi di quella e di tutta la carta che viene contata come attivi finanziari nel sistema in generale. In altre parole, una certa approssimazione del tipo di crollo a catena che avviene quando scoppia la bolla.
Come dovrebbe prepararsi il Presidente degli Stati Uniti ora, immediatamente, per reagire alle conseguenze minacciate a breve termine, come quelle che potrebbero essere scatenate dal crollo della bolla della Parmalat?

Che viene dopo?

Per comprendere le implicazioni più profonde di questa serie di osservazioni, dobbiamo esaminare il carattere sistematicamente fraudolento dell'attuale politica della Federal Reserve. Dobbiamo esaminare il problema a tre livelli.
In primo luogo, dobbiamo considerare le misure di emergenza richieste per proteggere la parte produttiva dell'impresa Parmalat, e appoggiare il governo italiano nella misura in cui questo prende misure di conseguenza. Se la Parmalat viene ridotta a "spezzatino" nello stile delle banche, come fanno i macellai delle riorganizzazioni finanziarie, e venduta al miglior offerente, le implicazioni sistemiche del caso Parmalat non potranno essere efficacemente controllate. La malattia è stata causata dall'evoluzione del controllo e della soppressione, da parte del sistema finanziario privato, delle funzioni di difesa dell'interesse nazionale, che possono essere svolte solo dai poteri sovrani dei governi degli stati nazionali. L'attuale stato di cose nel sistema finanziario internazionale è la malattia di cui il crac Parmalat è il prodotto e il sintomo. Non somministriamo altre dosi della malattia come cura per il paziente, a meno che non vogliamo veramente provocare una catastrofe economico-finanziaria globale, una reazione a catena che mieterà tante vittime da superare l'immaginazione di ognuno di noi.
Dobbiamo congelare subito l'aspetto finanziario della bancarotta, mantenendo intatta l'impresa sotto un'amministrazione controllata che ne preservi il valore ottimale, mantenendone l'integrità funzionale a beneficio dell'interesse pubblico.
In secondo luogo, benché molti governi siano essi stessi in bancarotta o quasi, la fonte dell'attuale crisi non è l'istituzione dello stato nazionale, ma le istituzioni del sistema monetario-finanziario deregolato, post 1971-72, controllate dai privati. In una crisi internazionale come quella attuale, ogni sforzo per definire o affrontare la crisi da un punto di vista essenzialmente monetario-finanziario condurrà sicuramente ad un peggioramento della catastrofe globale già in atto. Dobbiamo guardare alle cause e ai rimedi della crisi primariamente dal punto di vista dell'economia fisica, invece che delle statistiche monetario-finanziarie. Solo una riforma generale dell'attuale sistema monetario mondiale potrebbe impedire un deragliamento e un crollo generale del sistema globale.
In terzo luogo, mentre vengono messe in cantiere misure di emergenza a breve termine, per spegnere la tempesta di fuoco finanziaria accesa dal crollo del dollaro, dobbiamo approntare un nuovo sistema monetario-finanziario internazionale, abbandonando il morente, deregolato sistema dei tassi fluttuanti e adottando un sistema di cambi fissi, puntellato da misure regolatorie e sostenuto da un intreccio di accordi commerciali a lungo termine il cui arco di vita abbracci una-due generazioni, dai venticinque ai cinquant'anni.
Facciamo un esempio. Oggettivamente, lo stato fisico dell'economia interna USA è oggi di gran lunga peggiore di ciò che Franklin Roosevelt ereditò dalla disastrosa politica dei presidenti Coolidge e Hoover. Lo stato fatiscente delle infrastrutture economiche di base è la semplice dimostrazione fattuale del relativo stato di cose. L'Europa si trova stretta in una morsa simile. L'Europa occidentale è in una condizione fisica che si avvicina a quella degli USA o addirittura, nel caso del Regno Unito, è persino peggiore. Le tre grandi economie europee, Francia, Germania e Italia, sono virtualmente in bancarotta con l'attuale livello di output fisico, ma hanno un potenziale superiore, se c'è un'espansione dei mercati da esportazione ad alta tecnologia, a quello degli USA.
Con un cambiamento profondo della politica americana, verso un sistema a cambi fissi e cooperazione nello sviluppo fisico a lungo termine delle infrastrutture eurasiatiche, l'attuale fase di collasso della crisi economica mondiale potrebbe essere fermata con l'aiuto di un'azione concertata da parte dei governi sovrani, e potrebbe essere avviato un processo a tassi accelerati di crescita fisica netta a lungo termine.
In sintesi: dobbiamo pensare nei termini di tre passi da prendere, come cambiamenti d'emergenza nella direzione del pensiero e dell'azione politica. Primo, riconoscere la vera e propria follia delle attuali politiche che portano a quanto esemplificato dal caso Parmalat. Secondo, impegnarsi a ricostruire le nostre economie nazionali rovinate dalla subordinazione al governo della finanza, sottoponendole al governo di ciò che corrisponde ad un approccio dettato dal buon senso fisico-economico in difesa del bene comune. Terzo, varare immediate riforme di emergenza e conseguenti riforme del sistema monetario-finanziario internazionale, che esigono di essere onorate nella pratica, per un periodo non inferiore a una-due generazioni future.

Economia fisica

Il pubblico non riesce a vedere la realtà dell'attuale crollo generale del sistema finanziario-monetario mondiale perché è accecato dalla menzogna sistematica dei rapporti mensili, trimestrali e annuali sull'inflazione pubblicati dal governo, dalla Riserva Federale USA e da altre rilevanti istituzioni all'interno e all'esterno degli Stati Uniti.
Il mezzo principali con cui la Fed e gli enti del governo USA hanno intenzionalmente falsificato le cifre sull'inflazione è una truffa chiamata talvolta "aggiustamento di qualità" o "fattore edonistico". Il modo più diretto di denunciare la truffa intenzionale nascosta in quei rapporti è paragonare i costi degli elementi fisici essenziali del consumo di una famiglia, compresa la spesa sanitaria, con il reddito medio delle categorie medie e inferiori di reddito familiare. In altre parole, si prendano voci come il cibo, il costo di mantenere un luogo di residenza, l'istruzione e così via, e si confrontino le varie qualità di consumi delle famiglie delle rispettive classi di reddito nel 1966, 1972 ecc., e si calcoli ogni volta che percentuale del reddito familiare è assorbito dal prezzo di quella qualità di consumi.
Ad esempio, che percentuale del reddito annuale del capofamiglia deve essere stanziata per mantenere la proprietà e l'occupazione di un alloggio ragionevole? Paragoniamo le cifre ottenute per il 1960, 1970, 1980, 1990 e oggi.
Oppure, guardiamo all'aumento dei prezzi dei generi alimentari al dettaglio, paragonati a quelli di sei mesi, un anno, due anni fa. O, in un'area in cui un grande fungo, tipo Wal-Mart, ha spinto la concorrenza fuori dal mercato, paragoniamo la qualità di ciò che viene offerto sui banchi di quel negozio, con quanto si poteva trovare cinque o dieci anni fa.
Paragoni di questo tipo si riferiscono essenzialmente al diretto consumo di beni e servizi primari delle famiglie. Essi non includono i fattori del capitale a medio e lungo termine, come l'obsolescenza, la chiusura di impianti o il crollo degli investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture economiche di base, come scuole, biblioteche, ospedali, generazione e distribuzione di energia e così via. A partire circa dal 1971, gli Stati Uniti hanno perso non meno di 4 mila miliardi di dollari equivalente (a prezzi odierni) di infrastrutture di base. Le orde di Gengis Kahn, mascherate da entità come l'American Enterprise Institute, sono piombate sugli Stati Uniti e li hanno saccheggiati, su invito del nostro governo.
I cittadini sono responsabili di aver permesso che ciò accadesse. Lei o lui hanno votato per gli inetti che hanno permesso che queste truffe andassero avanti per decenni, o hanno detto: "Non date la colpa a me. Non sono mai andato a votare! Non date a me la colpa per l'incidente provocato dalla mia automobile; in quel momento non avevo le mani sul volante".
Quando si sveglieranno? Una domanda interessante, no?