ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

DICHIARAZIONE DI PAOLO RAIMONDI

Petrolio: occorre subito una strategia concertata contro la speculazione

Roma, 1 giugno 2004 – L’impennata record dei prezzi petroliferi non ha niente a che fare con la domanda e l'offerta. In realtà, in questo momento l'offerta eccede di diversi milioni di barili al giorno la domanda. Allora, chi è responsabile dell'esplosione dei prezzi dell'oro nero?

Prima di tutto la speculazione che si muove nel contesto della situazione in Iraq e nell'intera regione dell'Asia sudoccidentale, che sta sfuggendo ad ogni controllo.

Già in un’analisi prodotta nel 2000, il centro americano-europeo di studi economici e strategici dell’Executive Intelligence Review (EIR) mostrava che sul mercato di Londra, l'International Petroleum Exchange (IPE), ben 570 "barili di petrolio sulla carta" – e cioè petrolio contrattato sul mercato a termine – corrispondevano alla consegna effettiva di un solo barile di petrolio. Ovviamente i contratti che riguardano i 570 "barili cartacei", fanno lievitare il prezzo di quell'unico barile di petrolio esistente. I massimi operatori in derivati sul mercato IPE sono la Barclays Capital, la Bear Sterns International, la Deutsche Futures London, la BP Oil International, la Shell International Trading. Contemporaneamente centinaia di hedge funds, spesso collegati con le principali banche mondiali, hanno invaso i mercati a termine delle merci. Secondo la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), i contratti aperti sul prezzo a termine del petrolio hanno raggiunto un volume record assoluto alla New York Mercantile Exchange (NYMEX). Il 26 maggio, in una conferenza stampa a Bruxelles, anche il Commissario per l'Energia dell'Unione Europea Loyola de Palacio ha dichiarato: "Questa è una bolla speculativa ... non c'è nessuna penuria sui mercati. Questa è la realtà".

In secondo luogo, da alcuni mesi l’Amministrazione Bush-Cheney sta gonfiando le riserve strategiche in vista di un possibile crollo della regione mediorientale nel caos. È in atto un notevole aumento delle importazioni di petrolio che non è dovuto ad una fantomatica "ripresa" economica USA che non c’è. Gran parte finisce nei depositi strategici. Il termine "riserve strategiche" non è riferito ai giacimenti del sottosuolo ancora non sfruttati ma riguarda il petrolio acquistato, stoccato e tenuto pronto per l'uso immediato nel caso di emergenze.

Dopo i fatti dell'11 settembre 2001, l'Amministrazione Bush decise di portare da 540 a 700 milioni di barili le riserve strategiche (SPR), e questo significa il massimo che può essere contenuto nelle apposite caverne sotterranee lungo la costa nel Golfo del Messico. Le SPR dovrebbero ammontare ora a 660 milioni di barili. A ciò vanno aggiunti gli stoccaggi commerciali. Gli stoccaggi complessivi, riserve commerciali più SPR, ammontano oggi a circa 180 giorni di importazioni.

Ora, se gli speculatori operando sui mercati de-regolamentati possono provocare un eccezionale rialzo dei prezzi del petrolio che va a intaccare l’andamento dell’economia reale e produttiva con conseguenze economiche e sociali devastanti, non si vede perché i governi e gli stati, che hanno costituzionalmente la responsabilità di difendere e promuovere il bene comune delle loro nazioni, delle loro popolazioni e delle loro economie, non possano prendere delle contromisure forti per fermare questi effetti distruttivi della speculazione. D’altra parte i liberisti più accesi insistono nel dire che la massima qualità del “mercato” è la libertà non la stupidità o la complicità suicida.

È per questo motivo che fissare il prezzo del petrolio intorno ai 25 dollari il barile con un accordo forte tra paesi produttori e consumatori, e punire così gli speculatori che spingono il prezzo sopra la soglia dei 40 dollari, secondo la proposta fatta dall’economista democratico americano Lyndon LaRouche, darà senz’altro un segnale positivo di stabilità.