ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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Da "il Campanile nuovo"

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04/06/2004

LA SPERANZA “NERA” DEGLI AFROAMERICANI

Amelia Robinson, 92 anni spesi per i diritti civili delle minoranze e degli emarginati
«No alle guerre preventive di Mr. Bush. Stanno pianificando il controllo del mondo»

di Paolo Raimondi


Ha novantadue anni. Un’intera vita dedicata alla lotta per i diritti civili e per la giustizia degli afroamericani, di tutte le minoranze e dei dimenticati degli Stati Uniti. Adesso è impegnata in prima persona a livello internazionale contro le guerre preventive di Bush e Cheney e per il rispetto dei diritti e delle sovranità dei popoli e delle nazioni e per lo sviluppo sociale ed economico del Sud del mondo. Amelia Boynton Robinson è di Selma, Alabama, uno degli stati più poveri e segregati dell’America. Nel 1965 la sua casa divenne il quartier generale di Martin Luther King, dove venivano programmate le iniziative e le marce non violente del movimento per i diritti civili, per il diritto al voto. Lei si batteva per i diritti della sua gente ancor prima di conoscere il leader evangelico battista assassinato a Menphis, Tennessee il 4 aprile 1968.
Aveva cominciato da bambina accompagnando la madre, attivista politica, che andava di casa in casa per far registrare al voto gli afroamericani sfidando le loro paure e le minacce dei razzisti del Ku Klux Klan. Amelia Robinson divenne famosa per aver guidato la marcia da Selma a Montgomery, la capitale dell’Alabama, il 7 marzo 1965. Quel giorno venne chiamato “Bloody Sunday”, domenica di sangue, perché sul ponte Edmund Pettus i dimostranti furono fermati e picchiati selvaggiamente dalle truppe del governatore Wallace. Lei fu colpita e lasciata per morta sul selciato. La sua foto fece il giro del mondo. Quel giorno coraggioso non segnò una sconfitta. Poche settimane dopo il presidente Lyndon Johnson firmò il “Voting Right Act”, che riconosceva ai neri il diritto al voto. Poi con Martin Luther King si mobilitò contro la guerra in Vietnam, sempre con manifestazioni e azioni non violente. “Chi odia distrugge solo sé stesso”, dice spesso. Negli ultimi vent’anni è diventata vicepresidente dello Schiller Institute, un’organizzazione che promuove il dialogo tra i popoli attraverso idee e progetti di sviluppo economico e culturale e lavora, insieme ad altri collaboratori di King, con il movimento politico di Lyndon LaRouche, un democratico in prima fila contro le politiche dei neoconservatori più duri intorno a Cheney e a Ashcroft.
Amelia Robinson è stata spesso in Italia. Nel marzo 2003 prima dell’inizio della guerra in Iraq, aveva accusato Bush di essere il nuovo Erode, pronto ad uccidere migliaia di innocenti, donne e bambini, per realizzare la sua fissazione di eliminare Saddam Hussein. Come aveva già fatto in Afghanistan con bombardamenti a tappeto per prendere un Osama bin Laden mai trovato. La Robinson aveva ammonito che la guerra, motivata da questioni economiche legate alla bancarotta del sistema finanziario globale, si sarebbe allargata minacciando altre nazioni, compreso la stessa Europa. Amelia Robinson è presidente onorario in Italia del Movimento internazionale per i diritti civili “Solidarietà”. Oggi Amelia vive nella sua casa di Tuskeegee Institute, una piccola città universitaria dell’Alabama. E’ un luogo storico dell’America anti-segregazionista: qui alla fine del 1800, un gruppo di intellettuali e giovani studenti guidati dal leader nero B. T. Washington, crearono con le loro mani una cittadina dell’educazione e della cultura aperta a tutti. Alla fine di luglio una sua autobiografia sarà pubblicata in Italia.

- Cosa può imparare il mondo, o cosa tu credi il mondo pensi della guerra in Iraq voluta dall’Amministrazione di Bush e Cheney?
«Io penso che il mondo sia molto scontento e forse choccato di fronte all’azione che Cheney-Bush-Rumsfeld e l’intera banda sta pianificando per il controllo del mondo. Come l’impero romano, l’America ha usato la sua potenza militare e al contempo sta usando il suo potere all’interno di organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, per mantenere in linea le altre nazioni. Io sono sicura che il mondo ha capito che nell’attentato terroristico dell’11 settembre il nostro materiale, la nostra conoscenza avanzata, le nostre finanze e il nostro training hanno giocato una parte rilevante in quello che è stato il primo assaggio di distruzione, che adesso spesso noi scarichiamo contro gli altri per il capriccio o un desiderio del Governo. L’inutile guerra contro l’Iraq ne è un esempio tipico. Per fortuna Bush non è “gli Stati Uniti”. E’ un uomo usato dall’oligarchia economica del suo paese per altri scopi, e con altri mezzi, quali il genocidio. Si pensi all’Aids e a come i paesi ricchi lo usano per distruggere i paesi poveri, che tra l’altro ancora non hanno da mangiare; e quel poco che hanno sono costretti a venderlo a noi. Noi in America, viviamo del cibo che altri paesi producono per noi, affamando sé stessi».

- In questi giorni si celebra il “ Memorial Day” (la Festa del Ricordo) quando gli americani onorano le vite sacrificate nelle guerre. Il ministro di Giustizia John Ashcroft e l’Amministrazione di Bush-Cheney hanno appena annunciato misure di sicurezza e di allerta prevedendo una nuova minaccia terroristica. Cosa pensa di questi interventi?
«Nel passato il “Memorial day” era il momento i cui le famiglie dimostravano il loro rispetto e apprezzamento per chi aveva donato la propria vita per proteggere la sovranità della loro nazione. Una terra di uomini coraggiosi e liberi, una terra di giustizia. Oggi invece l’Amministrazione versa del sale su una ferita aperta utilizzando l’orrore dell’11 settembre e terrorizzando la popolazione con minacce di “forze oscure” che starebbero per colpirla. E gli americani bevono tutte queste storie, invece di chiedere a Bush e alla sua Aministrazione: che cosa state veramente facendo per prevenire un’altra catastrofe?»

- Dove arriveranno gli Stati Uniti se continueranno in questa aggressione?
«Se si continua in questo assalto si rischia di distruggere il mondo, come è già successo per altre civiltà. Questo diverrà storia. Questa guerra infrange la Costituzione degli Usa e il Diritto dei popoli. Bisogna fermarla. L’Europa e il resto del mondo dicano chiaramente no alla guerra per costringere Bush a fermarsi».

- C’è una soluzione, o ci sono delle voci positive che lavorano per una soluzione?
«L’unica soluzione è un ritorno, in una forma rinnovata, alla politica del vecchio New Deal di Franklin Delano Roosevelt, con un programma che sappia fermare queste guerre e crei lavoro per tutta la gente, con i loro differenti livelli di educazione, professione e preparazione. Lyndon LaRouche è un discendente delle generazioni di costruttori di pace e lui stesso è uno che lotta per il futuro di quell’80% di Americani con i redditi sempre più bassi e per il futuro dei popoli dimenticati del mondo. E’ un leader, uno scienziato, un pacifista che vanta un rispetto in molte parti del mondo, sia per le generazioni di oggi che quelle future».