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Un "super-watergate" per Cheney e Bush
La rapida escalation di catenacci e insabbiamenti a cui ricorre l'amministrazione Bush indica che "sta prendendo forma un super-Watergate". Questo è il giudizio del fondatore dell'EIR e candidato democratico Lyndon LaRouche, il quale nota che il processo in corso, contraddistinto da un fuoco incrociato sempre più fitto, non è certamente una sorpresa per chi abbia seguito la lotta politica condotta da LaRouche e dalla sua organizzazione contro la cordata neo-con nell'amministrzione Bush, e contro Dick Cheney in particolare negli ultimi due anni.
Lo scandalo delle torture in Iraq sta costringendo l'amministrazione a prepararsi a rispondere all'accusa di "crimini di guerra". Questo avviene mentre s'infittiscono le denunce delle falsificazioni delle prove sulle presunte armi di sterminio con cui è stata giustificata la guerra in Iraq; aumenta il disappunto per gli errori e i pasticci dell'occupazione; e diventa decisamente pressante l'indagine sul caso di Valerie Plame, agente segreto la cui funzione fu rivelata alla stampa per rappresaglia contro il marito, l'ambasciatore Joseph Wilson, "reo" di aver certificato la falsità della storia dell'uranio proveniente dal Niger.
Nel Congresso ribolle la rivolta, non solo tra i democratici, ma anche tra alcuni esponenti repubblicani. Otto parlamentari democratici di rango – Henry Waxman, David Obey, Tom Lantos, John Conyers, Ike Skelton, Jane Harman, John Dingell e Charles Rangel – hanno dichiarato che condurranno in proprio un'indagine sulle torture ad Abu Ghraib ed hanno ripetutamente richiesto all'amministrazione Bush di consegnare i documenti attinenti al caso. Nel sostenere l'iniziativa, LaRouche ha detto: "Chiedo a John Kerry di sostenere apertamente questo ricorso. Deve piantarla di tenersi defilato; lo sfido a dimostrare di avere il coraggio di sostenere questi parlamentari democratici".
La Commissione armamenti della Camera vota il 14 giugno una risoluzione di 40 democratici che chiedono al segretario alla Difesa Donald Rumsfeld di fornire al Congresso le fotografie ed i documenti attinenti al Rapporto Taguba sull'abuso dei prigionieri ad Abu Ghraib e sul conto dei civili chiamati a prendere parte agli interrogatori dei prigionieri.
Alla lista si aggiungono poi gli scandali che colpiscono Cheney per i contratti in Iraq irregolarmente ottenuti dalla Halliburton/KBR (Cfr. Strategic Alert dell'EIR n. 24). Il 15 giugno i contratti in Iraq, sottoposti a nuove indagini, sono stati il tema di un'udienza parlamentare, indetta soprattutto su pressioni del parlamentare Henry Waxman.
La disgregazione che incombe sull'amministrazione è evidente nelle quasi contemporanee dimissioni del direttore della CIA George Tenet e del suo vice responsabile delle operazioni James Pavitt. La loro decisione è giunta nel momento in cui era svanita ogni speranza di riuscire a contenere lo scandalo di Abu Ghraib scaricando le colpe sul sergente di turno, in seguito alla pubblicazione di importanti documenti dell'amministrazione da cui risulta lampante come la decisione di non tenere in conto la Convenzione di Ginevra e la stessa legge USA sia stata la politica deliberata di quest'amministrazione immediatamente nel periodo successivo agli attacchi dell'11/9, quando partirono le operazioni militari in Afghanistan.
Lo scandalo è esploso con le rivelazioni su un memorandum che il consigliere legale della Casa Bianca, Alberto Gonzales, presentò al presidente Bush nel gennaio 2002, per metterlo in guardia dai rischi di incriminazione dei funzionari dell'amministrazione per "crimini di guerra" a causa del trattamento dei prigionieri in Afghanistan e a Guantanamo. Il 7 giugno, poi, sul Wall Street Journal è apparso un memorandum del Pentagono dell'aprile 2003 in cui si afferma che il presidente può ordinare la tortura dei prigionieri, ignorando i trattati internazionali e le stesse leggi USA che la proibiscono. Il memorandum ottenne l'approvazione politica di Rumsfeld e dei vertici civili del Pentagono, in barba all'opposizione degli ufficiali militari.
Il giorno successivo, 8 giugno, il Washington Post e il New York Times hanno riportato in prima pagina una fuga di documenti dal Dipartimento di Giustizia (DOJ) da cui risulta che sono stati i funzionari del DOJ ad approntare le argomentazioni legali contenute nel memorandum del Pentagono del 2003 e usate anche da Gonzales nel memorandum alla Casa Bianca del gennaio 2002. Si tratta di un documento prodotto dall'Office of Legal Counsel, infestato da ideologhi, in cui si sostiene che gli agenti che torturano i prigionieri dietro direttiva del presidente non possono essere perseguiti in base alle leggi sulla tortura.
I memorandum sono trapelati alla stampa proprio nel momento in cui John Ashcroft, il capo del dicastero, è stato ascoltato dalla Commissione Giustizia al Senato l'8 giugno. Diversamente da Tenet, che ha deciso di lasciare la nave che affonda, Ashcroft si è incatenato all'albero maestro. Ai senatori che gli chiedevano di rendere conto dei memorandum sulle torture, Ashcroft ha risposto tergiversando, fino a quando non ha detto che non fornirà alla Commissione i memorandum che sono stati trafugati alla stampa. Dopo aver respinto più volte tale richiesta senza addurre alcun giustificativo legale, Ashcroft si è sentito dire dal sen. Joe Biden che rischia di essere ritenuto in "contempt of Congress", ovvero rischia l'impeachement per reticenza. Lo stesso monito gli è stato rivolto in termini durissimi anche dal sen. Richard Durbin.
Il 10 giugno il New York Times ha pubblicato due commenti che rappresentano una sorta di incriminazione dell'amministrazione Bush da parte dell'Eastern Establishment per la questione dei crimini di guerra:
• Donald Gregg, ex capostazione della CIA che sotto l'amministrazione Reagan fu consigliere di sicurezza nazionale del vice presidente George Bush senior, ha criticato apertamente l'amministrazione Bush per la politica della tortura e i successivi tentativi di insabbiare le indagini sulle torture in Iraq, Afghanistan e Guantanamo. I memorandum scritti dai legali dell'amministrazione Bush, ha scritto Gregg, hanno dato il via libera alle torture e "rendono una farsa le affermazioni del governo secondo cui il vile abuso dei prigionieri sarebbe stato solo opera di qualche militare in servizio". Secondo Gregg "non c'è niente che possa minare in maniera più devastante la posizione dell'America nel mondo -- o, cosa più importante, l'opinione che abbiamo di noi stessi -- di queste decisioni" che hanno permesso abusi e torture.
• L'altro commento è firmato da un direttore di Foreign Affairs, la rivista del Council on Foreign Relations, ed è intitolato "Un americano all'Aja". Spiega che gli esponenti dell'amministrazione Bush corrono il rischio di finire di fronte al tribunale internazione dell'Aja, secondo gli stessi criteri legali in base ai quali gli Stati Uniti processarono i dirigenti nazisti a Norimberga e che hanno applicato nei tribunali per i crimini di guerra in Ruanda e in Jugoslavia. "In base alla dottrina della responsabilità di chi ha il comando", afferma l'autore, "gli ufficiali possono essere chiamati a rispondere dei crimini commessi dai loro subordinati anche se non sono stati loro ad ordinarli, nella misura in cui i perpetratori erano loro sottoposti, era loro responsabilità di venire a conoscenza dei crimini ma non li hanno impediti o non hanno punito i criminali".
Sul caso della Plame è stato confermato che gli inquirenti federali hanno interpellato Dick Cheney e che il presidente Bush ha convocato un legale privato ed è pronto a ingaggiarlo. L'ex legale della Casa Bianca John Dean ha definito il fatto "uno sviluppo decisamente sbalorditivo e straordinario". Potrebbe significare, ha detto, che l'inquirente speciale sa che Bush è al corrente "non solo di chi ha passato l'informazione [segreta sulla Plame], ma anche dei maneggi per mettere tutto a tacere". L'inchiesta, come abbiamo più volte riferito in passato, riguarda soprattutto l'ufficio di Cheney, dove il primo sospetto è Lewis "Scooter" Libby.
Le informazioni contraffate sui presunti arsenali di Saddam facevano capo soprattutto al beniamino di Cheney, Ahmed Chalabi, e al suo Congresso Nazionale Iracheno. La FBI sta conducendo un'indagine approfondita sul fatto che Chalabi ed il suo braccio destro per l'intelligence passavano le informazioni ai loro amici a Teheran (reduci dell'Iran-Contra). Persino dopo che la CIA ed il dipartimento di Stato avevano preso le loro precauzioni per isolare Chalabi, Cheney e la sua banda di neocons al Pentagono hanno continuato a fare propaganda a favore delle sue "informazioni" contraffatte, spacciandole per buone alla Casa Bianca.
Questo quadro, complessivamente, mostra come per avviare un Watergate non c'è che l'imbarazzo della scelta.