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L'ammontare dei derivati di Morgan Chase supera il PIL mondiale

Il 30 settembre la grande banca J.P. Morgan Chase (JPMC) ha registrato un volume di derivati che supera i 43 mila miliardi di dollari. Si tratta di una cifra superiore al prodotto lordo mondiale e quattro volte il PIL degli Stati Uniti. Secondo in classifica è il Citigroup, con 17,5 mila miliardi di dollari di derivati, seguito a ruota dalla Bank of America con 17,1 mila miliardi. Altre due banche superano la soglia dei mille miliardi: la Wachovia (ex First Union) con 3 mila miliardi e la HSBC North America (branca americana della Hong Shang e dunque "in odore" di narcoriciclaggio) con 1,8 mila miliardi. Le cifre sono state pubblicate dal Comptroller of the Currency, che complessivamente stima a 86,9 mila miliardi di dollari il volume dei contratti derivati delle 25 banche principali (le cifre del Comptroller sono superiori a quelle pubblicate dalla FDIC, l'ente che assicura i depositi).
Le banche e gli organismi di vigilanza sostengono che il rischio netto di questo volume immane di operazioni si riduca a soli 804 miliardi di dollari e che esso comporti un'esposizione creditizia netta (equivalente) di soli 183 miliardi. Tali calcoli rassicuranti escludono, però, proprio quei rischi sistemici che non fanno parte dell'equazione, e che invece puntualmente si verificano perché l'economia reale prima o poi presenta il conto. Così alla vigilia del crac dell'LTCM il rischio derivati era considerato minimo, ma proprio un evento "non calcolato", e cioè il default dei titoli di stato russi, minacciò di far crollare il sistema.
Le banche hanno registrato una drastica diminuzione delle entrate dalle operazioni in contante e derivati. Dai 3,8 miliardi del primo trimestre ai 2,6 miliardi del secondo, all'1,3 del terzo. Le più colpite sono le operazioni sui tassi d'interesse, passate da un utile di 1,5 miliardi nel primo trimestre ad una perdita di 1,4 nel terzo. In parte la perdita è stata compensata da un incremento dell'utile delle operazioni in commodities, che è passato da 89 milioni nel primo trimestre a 405 nel secondo, a un miliardo di dollari nel terzo.
L'87% di tutti i derivati sono scommesse sui tassi d'interesse, mentre il 9% rappresenta scommesse sui cambi (Forex). I derivati sul credito sono saliti a 1,9 mila miliardi. Il 92% dei contratti derivati sono stati stipulati Over-the-Counter, cioè non registrati, e solo l'8% è stato registrato in Borsa.


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