Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

Occorre cambiare approccio sui bond argentini

di Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà

Roma, 15 gennaio 2005 – Nei giorni passati il governo argentino di Nestor Kirchner ha dato l’avvio ad un gigantesca ristrutturazione del debito nazionale che ammonta ad almeno 82 miliardi di dollari. Nel 2001 l’Argentina era stata la prima grande nazione a dichiarare bancarotta su tutto il fronte dei debiti assunti. Parecchi miliardi di dollari di bond diventati inesigibili erano stati piazzati dal sistema bancario a 450.000 risparmiatori e investitori italiani. Il fallimento argentino era stato pilotato dal Fondo Monetario Internazionale e dal sistema bancario internazionale che, attraverso anche la partecipazione di personaggi di governo corrotti, avevano promosso e agevolato l’esplosione della bolla del debito argentino, da scaricare appunto sull’ignaro cittadino in cambio dei suoi risparmi, veri e non virtuali. Cioè allo sfortunato ultimo della catena nel gioco del passaggio del cerino acceso. Per capire la truffa in grande stile fatta dal sistema bancario internazionale con l’Argentina, basta paragonarla al malsano rapporto tra la Parmalat e la Bank of America per l’emissione fraudolenta di bond sui mercati off-shore, i paradisi fiscali delle Cayman Islands.
Ma i veri fautori della truffa l’hanno fatta franca. E non parlo solamente dei Menem o dei Cavallo e degli altri ultraliberisti speculatori argentini. Parlo del FMI e del sistema bancario internazionale.
Dal 2001 alla fine del 2004, il FMI ha incassato dall’Argentina, in interessi e rimborsi, una cifra superiore ai 17 miliardi di dollari. E adesso preme per avere 2 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2005.
Il sistema bancario internazionale e italiano ha incassato provvigioni fantastiche, ancora tutte da quantificare, nel lavoro di collocamento dei bond.
Chi si è scottato le dita con il cerino acceso sono il martoriato popolo argentino, gettato nella povertà, e i risparmiatori italiani detentori dei bond.
Oggi questo sistema bancario si ripromette di scatenare il risentimento dei risparmiatori italiani contro l’Argentina, il suo attuale governo e quindi il popolo argentino.
Questo è il senso di molte dichiarazioni fatte dai rappresentanti del Global Committee of Argentinian Bondholders (l’Associazione dei detentori di bond argentini), come l’italiano Nicola Stock, uno dei più scatenati contro l’Argentina e contro le proposte di ripagamento fatte dal suo governo.
Naturalmente sono proposte di copertura del 25-30% del valore delle vecchie obbligazioni che non possono soddisfare i risparmiatori. Ma il governo argentino non può essere costretto ad affamare la sua popolazione ulteriormente.
Credo che la strategia dei risparmiatori, dei loro rappresentanti politici e delle istituzioni italiane dovrebbe seguire un nuovo approccio.
Oltre all’offerta argentina, occorre chiamare in campo le responsabilità del FMI, il quale non può pretendere che l’Argentina paghi il 100% dei debiti nei suoi confronti, molti dei quali concessi con facilità nel periodo di bonanza e a tassi di interesse proibitivi.
Occorre chiamare in campo anche il sistema bancario, che consapevolmente ha irretito i risparmiatori nella grande truffa.
Così come sono in atto azioni legali, le famose class actions, contro l’Argentina, si dovrebbero aprire procedimenti legali nel confronti del FMI e delle banche coinvolte per “concorso in truffa” e costringerli a partecipare nel risarcimento.
Inoltre le istituzioni italiane, che con l’Argentina hanno un debito storico di accoglienza e amicizia, dovrebbero partecipare più massicciamente nei progetti di rilancio dell’economia reale della nazione, sostenendo solidi programmi di ricostruzione che rendano il paese capace di soddisfare gli impegni assunti.
Infine la crisi argentina deve suonare come il campanello d’allarme della crisi finanziaria sistemica globale che vede bolle speculative di tutti i tipi e sempre più grandi minare i settori dell’economia produttiva. Questo comporta l’ideazione di una riorganizzazione per bancarotta dell’intero sistema finanziario e monetario internazionale regolamentando i mercati lungo le linee di una “Nuova Bretton Woods” di cui spesso abbiamo parlato.


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