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Manifestazione del movimento di LaRouche contro la privatizzazione delle pensioni il 4 febbraio ad Omaha.

L’effetto LaRouche sul Partito Democratico USA

Di Debra Hanania Freeman, portavoce del LaRouche PAC, il comitato politico di LaRouche nel Partito Democratico USA.

Se qualche democratico sperava che Bush adottasse una linea più moderata al suo discorso sullo Stato dell’Unione il 2 febbraio, e tenesse conto dell’opposizione sempre più forte da quando i rappresentanti degli elettori dell’Ohio al Congresso hanno contestato l’esito delle presidenziali, il 6 gennaio scorso, le loro speranze sono svanite nel nulla mercoledì scorso.
Quello che è certo, è che nel corso della sua campagna elettorale del 2004, LaRouche ha ringiovanito quello che sembrava un Partito Democratico moribondo, a partire dalla Convention a Boston, dando il tipo di sostegno e consiglio a Kerry che ne ha trasformato la candidatura (per quanto in ritardo) rendendola capace di mobilitare la stragrande maggioranza della popolazione americana in difesa del Bene Comune. Il risultato, lo scorso novembre, è stato il più grande afflusso alle urne dal dopoguerra.
Anche se lo sforzo non è bastato a sconfiggere i piani, ben finanziati, del gruppo di Bush per sopprimere il voto democratico, come hanno dimostrato la Sen. Barbara Boxer (democratica della California) ed altri leader democratici al Congresso, durante le udienze per confermare Bush presidente il 6 gennaio, da quel momento LaRouche è diventato il punto di riferimento di tutti i democratici pronti a battersi. Il 9 novembre, mentre i democratici si leccavano le ferite della sconfitta elettorale, LaRouche ha dato una conferenza stampa a Washington, teletrasmessa a livello internazionale, chiarendo che NON era il momento di gettare la spugna. Il 6 dicembre, ha chiesto una mobilitazione totale contro la soppressione del voto e contro i piani di Bush per la privatizzazione della previdenza sociale. Ribadendo quello che aveva già detto il 9 novembre, subito dopo il voto, ha accusato i repubblicani di aver condotto un “golpe neanche tanto freddo” contro la Costituzione americana, violando il Voting Rights Act, la legge per il diritto di voto che fu la principale conquista del movimento di Martin Luther King, con una politica consapevole di soppressione del voto, soprattutto nelle circoscrizioni in cui si concentra maggiormente la base democratica e in particolare i quartieri dei neri.
Al contempo, LaRouche ha identificato i piani di Bush per annullare le conquiste sociali rese possibili da Roosevelt, privatizzando le pensioni, ed ha fatto di questo un secondo punto di mobilitazione per difendere il paese dai pericoli costituiti dalla seconda, folle, amministrazione Bush. Ha avvisato che la riforma delle pensioni di Bush provocherà un buco di 2000 miliardi di dollari nel sistema, e richiederà tagli alla spesa sociale fino al 45%, come affermano gli esperti della Commissione Bilancio del Congresso USA.
“Con questi due punti nella mobilitazione” ha affermato LaRouche “potremo rimettere in moto il sistema politico americano, ricostruendo il Partito Democratico e facendone nuovamente una forza trainante, e stabilendo un rapporto tra i democratici e quei repubblicani tradizionalisti che comprendono il pericolo che la rielezione di Bush e le sue menzogne costituiscono per la nazione”. L’appello di LaRouche è riecheggiato nell’Aula del Congresso e nelle strade delle principali città americane grazie alla mobilitazione del movimento giovanile di LaRouche, che ha portato la sua campagna in tutti gli Stati Uniti.

Il 5 gennaio, quando LaRouche ha dato la sua seconda conferenza teletrasmessa, erano state create le precondizioni per la più grande battaglia che gli Stati Uniti abbiano mai condotto. Era la sera prima che la rielezione di Bush venisse confermata al Congresso. La prima domanda posta a LaRouche è giunta da un leader democratico, che chiedeva se battersi contro la soppressione del voto non fosse “tenacia, ma fissazione”, dimostrando la demoralizzazione all’interno del partito. La risposta di LaRouche è stata chiara: non si può rinunciare a difendere la Costituzione.
Quando il Congresso si è riunito a camere congiunte il giorno dopo, per confermare la vittoria di Bush, è diventato subito chiaro che il messaggio di LaRouche, la sera prima, era stato ascoltato. In uno storico atto di difesa della Costituzione, la Sen. Barbara Boxer, democratica dalla California, si è unita all’on. Stephanie Tubbs Jones dall’Ohio nel mettere in dubbio la certificazione del voto fortemente contestata dagli elettori dell’Ohio, imponendo un dibattito di due ore che ha interrotto le procedure normali, ed ha messo in difficoltà il vice presidente Cheney che presiedeva in Aula. Anche se la ratifica dell’elezione di Bush non poteva essere fermata, l’iniziativa ha messo in dubbio il suo vero mandato. Da quel momento in poi, grazie al ruolo di leadership svolto da LaRouche, un Partito Democratico sempre più unito sta cercando di bloccare la spinta dell’amministrazione verso un “cambiamento di regime”, ovvero la dissoluzione della repubblica americana come la conosciamo.
Il 20 gennaio, nonostante l’arrogante insistenza di Bush a che il Senato si riunisse alle tre di pomeriggio, subito dopo la sua inaugurazione, per confermare le nomine di Condoleeza Rice e Alberto Gonzales (rispettivamente a segretario di Stato e ministro della Giustizia), i senatori democratici si sono rifiutati di rinunciare al regolare dibattito sulle nomine. Prima, la Sen. Barbara Boxer, poi il Sen. John Kerry si sono rifiutati di approvare la nomina della Rice, imponendo un dibattito di 8 ore in cui alla Rice sono state poste domande molto dirette sulle menzogne che hanno condotto al disastro in Iraq, ed a Gonzales sull’approvazione che aveva dato alla politica delle torture dei prigionieri ad Abu Ghraib in veste di consigliere legale della Casa Bianca.
Anche il 2 febbraio, durante il discorso di Bush sullo stato dell’unione, molti democratici hanno manifestato con decisione la propria indignazione quando Bush ha attaccato la litania sulla privatizzazione della previdenza sociale.
Un atto simbolico ha suggellato questa svolta nel Partito Democratico, suscitata da LaRouche, e il suo ritorno alla tradizione rooseveltiana, quando il gruppo democratico al Senato, guidato dal Sen. Harry Reid del Nevada e Chuck Schumer dello Stato di New York, si è riunito di fronte al memoriale Franklin Delano Roosevelt una fredda mattina a Washington invocando lo spirito del più grande presidente democratico in America, e dando voce alla decisa opposizione dei democratici ai piani di Bush per smantellare quel sistema di previdenza sociale che Roosevelt creò in difesa delle categorie più povere.



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