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La crisi della General Motors
e il prezzo del petrolio

Nella terza settimana di marzo, lo spettro della crisi sistemica si è ripresentato quando azioni e obbligazioni hanno subìto un forte calo a seguito di una serie di rovesci. Primo, la General Motors ha ottenuto un "Credit Watch" negativo della Standard & Poor's come conseguenza della maggior perdita trimestrale negli ultimi 13 anni. Il 16 marzo le azioni GM hanno perso il 14%, mentre il premio di rischio sulle obbligazioni è aumentato di 56 punti base. La corsa alla liquidazione non si è però limitata alle obbligazioni GM ma ha colpito l'intero settore mondiale delle obbligazioni societarie, estendendosi fino ai mercati obbligazionari del settore emergente. Lo stesso giorno, il prezzo del petrolio ha iniziato un'impennata che lo ha portato a sfondare la soglia dei 57 dollari il giorno successivo. Sempre il 16 marzo, il dipartimento del commercio ha annunciato che l'anno scorso il deficit delle partite correnti è aumentato del 25%, raggiungendo i 665,9 miliardi di dollari. La voragine si è aperta soprattutto nel quarto trimestre, il cui deficit di 187,9 miliardi è pari al 6,3% del PIL.
Questi sintomi di disintegrazione del sistema finanziario hanno provocato una flessione delle borse, soprattutto di Wall Street. Oltre al settore legato all'auto, le ripercussioni si sono sentite in America Latina e nell'Europa orientale, i cosiddetti "mercati ad alto rendimento". Le borse hanno perso più del 5% in Turchia, Brasile, Ungheria e Repubblica Ceca, e contemporaneamente sono aumentati i premi di rischio per i titoli di questi paesi. Il tutto ovviamente acuisce la crisi del debito, in particolare quella brasiliana. Le monete brasiliana, peruviana, ungherese e polacca hanno perso terreno.
Il Financial Times ha annunciato, nella prima pagina dell'edizione del 14 marzo, la fine del "boom creditizio globale" degli ultimi cinque anni e il rialzo dei tassi interesse. Il foglio londinese notava come il denaro facile abbia creato numerose imprese con un alto rapporto di indebitamento, che in condizioni di riduzione del credito difficilmente riusciranno a sopravvivere.

GM rischia il rating "spazzatura"

Il 16 marzo la Standard & Poor's ha deciso che i titoli GM restano al livello BBB-, ma con outlook "negativo". In altre parole, il gigante dell'auto è finito sull'orlo dell'abisso con i suoi 300 miliardi di debito: una retrocessione nel rating porterebbe i suoi titoli a livello di "junk", spazzatura. In tal caso molti fondi d'investimento sarebbero obbligati per statuto a liquidare i titoli GM dal proprio portafoglio.
Lo stesso giorno il portavoce di S&P Sprinzen ha tenuto una teleconferenza, in cui esponenti di Credit Suisse, JP Morgan e altri hanno chiesto quali prospettive ci sono se GM finisce per dover chiedere il fallimento. Il portavoce dell'EIR ha chiesto se, visto che i problemi non si limitano alla GM, ma investono la Ford e tutti i grandi dell'indotto dell'auto – Delphi, Visteon, Lear ecc. – non si dovrebbe parlare di una crisi dell'intero settore dell'auto. Inoltre, vista la precarietà del mercato dei junk bond, non vi sono motivi per temere la crisi dell'intero sistema finanziario? Sprinzen ha risposto che "si tratta principalmente del problema di una sola impresa", pur avendo precedentemente ammesso problemi analoghi nelle altre imprese del settore.
Intanto GM aumenta gli sconti: tra i 500 ed i 1500 dollari per i fuoristrada che ormai sono in magazzino da oltre quattro mesi. Per altri modelli gli sconti arrivano a 4000 dollari o finanziamenti allo 0% e sessanta rate. Oltre alla sospensione della produzione è prevista la chiusura dell'impianto di Janesville in cui si producono fuoristrada.
Stephen Roach, capo economista di Morgan Stanley, ha scritto nella newsletter della banca, il 18 marzo: "Ritengo che il 16 marzo 2005 possa aver rappresentato una svolta per l'America. Improvvisamente gli USA assumono connotati molto diversi in un mondo sempre più instabile: il concorrere di un deficit record delle partite correnti, un disastro per General Motors e ancora una nuova impennata del prezzo del petrolio; tutto sta ad indicare un ruolo sempre più precario per l'egemonia globale. I mercati finanziari mondiali cominciano ad averne appena qualche sentore". Roach indica i crescenti impegni militari americani dall'11 settembre 2001 e poi conclude: "L'America allarga il raggio dei suoi dispiegamenti proprio quando si indebolisce la base del suo potere economico – un monito classico della caduta di un grande impero".


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