Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

Per una banca di sviluppo del Mediterraneo


Il presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi ha presentato questa proposta alla conferenza dall'Associazione "Il Raggio" sul tema del dialogo delle civiltà contro i progetti dei neocon di scontro delle civiltà tenutasi il 21 aprile a Roma.
Dibattito dal titolo:”Pluralismo culturale e dialogo tra i popoli nell’area del Mediterraneo. Il Marocco: estremo occidente del mondo arabo”, moderato da Andrea Iacomini e animato dagli interventi di Nicola La Marca, docente di Storia Economica alla facoltà di Scienze Politiche, di Ahmed Habouss, docente di Berbero e Antropologia dell’Università orientale di Napoli e di Paolo Raimondi, Presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà.
All'incontro ha dedicato un ampio servizio il giornale in lingua araba "Al Magrebia" publicato a Roma.

Il Mediterraneo e l’intera area geografica che lo circonda hanno sempre aspirato storicamente e strategicamente ad essere fulcro e propulsore di stabilità e sviluppo. Oggi la sfida è ancora più urgente quando interessi e forze estranee alla sua storia e alla sua cultura vorrebbero trasformarlo nella fucina dello scontro di civiltà e di guerre infinite.
Il Mediterraneo deve riscoprire attraverso nuovi mezzi il suo ruolo di transito e di cerniera tra Nord e Sud, Ovest e Est. Lo è stato con gli Egiziani, i Greci, i Romani, gli Arabi e con il Rinascimento. Lo è stato per il dialogo dei popoli e delle religioni vincendo contro i numerosi scenari di scontri nella storia passata. Solamente enumerando le nazioni che vivono direttamente sulle sue sponde può contare su un bacino di popolazione e di territorio straordinario con oltre 450 milioni di persone e quasi 10 milioni di chilometri quadrati ricchi di tutto, a cominciare dalla cultura e dall’intelligenza. Vi si affacciano l’Europa produttrice di macchine utensili e di tecnologia, le ricchezze e le sfide dell’Africa e le immense vastità delle popolazioni dell’Asia e oltre l’Atlantico, le Americhe, sorelle del Mediterraneo.

La sfida a cui si deve far fronte è il suo sviluppo omogeneo e coordinato.

In una situazione di crisi finanziaria sistemica foriera di destabilizzazioni sociali, politiche oltre che economiche, dove una finanza fuori controllo, distruttiva e autodistruttiva sta minando le basi di una solida economia produttiva vogliamo pensare ad un grande progetto di sviluppo che unisca l’intero Mediterraneo nelle sue ricche diversità e nei suoi proficui rapporti.

Per far partire, per sostenere e far accelerare il motore dello sviluppo economico la prima sfida da risolvere è quella del credito. Questo vale oggi ancor di più in un processo di bancarotta finale del sistema finanziario dei tassi monetari fluttuanti, dei rendiconti monetari a breve termine, degli strumenti finanziari esotici, delle bolle speculative, iniziato il 15 agosto 1971, quando il presidente Nixon decretò la fine del Sistema di Bretton Woods.

Si propone la creazione di una Banca per lo Sviluppo del Mediterraneo, che funzioni come un fondo di sviluppo per progetti di economia reale e produttiva. Non può essere solamente una banca privata in quanto essa non potrebbe che comportarsi secondo le attuali leggi anti economiche di brevissimo termine di un mercato dominato da schemi e lobby finanziarie. Deve scaturire da una decisione e da un orientamento strategico tra gli stati, almeno tra alcuni stati del Mediterraneo che si accordano su alcuni punti minimi per creare una sana struttura creditizia.

1) Definire l’obiettivo strategico dell’iniziativa che è quello di creare una prospettiva a lungo termine di stabilità e sviluppo attraverso progetti concreti di comune interesse. Il principio della Banca sarà quello di contribuire al bene comune dei popoli e della nazioni della regione in funzione di una collaborazione allargata con le altre regioni del mondo raggiungibili dal Mediterraneo. Di conseguenza la Banca non deve sottostare ai criteri monetaristici di breve periodo e di rendiconti monetari ma dovrà rispondere ai veri criteri economici di profitto reale e di aumento della produttività reale dell’intero sistema coinvolto. La Banca quindi più che uno statuto dovrà darsi una “costituzione” di principio.

2) Gli stati e i governi partecipi stabiliranno delle loro quote di partecipazione al fine di creare un fondo di riserva sulla cui base sarà emesso del credito per progetti definiti. Parte delle quote del fondo dovranno essere in oro per due ragioni: per creare un punto di riferimento, un ancora ai valori delle monete coinvolte e per preparare la Banca ad operare in un nuovo sistema monetario che dovrà inevitabilmente sorgere sulle ceneri di quello attuale e dove l’oro ritornerà ad avere una sua funzione di riferimento e di stabilità.

3) L’entità del fondo di riserva deve essere sufficientemente grande per poter generare credito per finanziare grandi progetti infrastrutturali e altri progetti portanti per lo sviluppo dell’intera regione. Si pensa che una base di partenza minima debba essere di 30-50 miliardi di euro per generare un ammontare di crediti intorno ai 250 - 400 miliardi di euro per un periodo di 10 anni.

4) La dirigenza della Banca dovrà essere nominata d’accordo tra i governi e gli stati partecipi affiancando economisti esperti di economia reale e del credito, non finanzieri, con uomini di scienza e di cultura di provato spirito ideale capaci di guardare alle sfide del futuro per progettare risposte lungimiranti e, se necessario, assiomaticamente nuove. La Banca poi funzionerà in piena autonomia rispondendo di volta in volta alla necessità di controllo e di prova delle autorità degli stati.

5) Al fondo di riserva della Banca potranno partecipare, ma solamente in posizione di minoranza, anche privati che accettano gli orientamenti di base indicati precedentemente. Questo permetterà in particolare il coinvolgimento della “finanza islamica”, basata sui principi etici della partecipazione alla realizzazione dei progetti e della ripartizione dei loro veri risultati

6) La Banca funzionerà secondo i criteri che hanno guidato con successo i lavori della Kreditanstalt fuer Wiederaufbau nella ricostruzione della Germania del dopoguerra e in seguito. Questa Banca di Ricostruzione, creata inizialmente sulla base di un fondo di riserva costituito dagli aiuti del Piano Marshall, si era dato l’obiettivo di finanziare progetti di ricostruzione reale della nazione con la partecipazione di industrie pubbliche e private, soprattutto della piccola e media industria (Mittelstand) che è diventata poi l’ossatura e la nervatura dei settori tecnologicamente avanzati. I profitti realizzati da questi progetti ( o parte di essi), invece di essere distribuiti, venivano poi reintegrati nel fondo di riserva, aumentando così la capacità creditizia della Banca e quindi la capacità di finanziamento di progetti sempre più vasti e sempre a lungo termine.

7) La Banca, su suggerimento degli stati partecipanti, della società e dei suoi centri di studio e di ricerca, identificherà alcuni Grandi Progetti Infrastrutturali, sia infrastrutture “pesanti” che “leggere” (come l’istruzione e R&D) portanti per lo sviluppo d’avanguardia dell’intera regione. Saranno progetti la cui realizzazione e maturazione richiederà dai 10 ai 25 anni per cui richiederanno crediti a lungo termine e a basso tasso di interesse (1-2%). Occorre capire come funziona l’economia fisica, reale e come, attraverso grandi progetti con tecnologia avanzata e nuova, viene creato profitto economico reale attraverso l’aumento della produttività dell’intero sistema economico. Non si misurano in termini di ritorno monetario a breve la profittabilità e la bontà economica di un progetto, bensì nello stimolo e nella realizzazione di un’attività economica. Per grandi progetti infastrutturali si intende per esempio una rete di trasporti veloci ed efficenti di persone e di beni per via ferroviaria ( con treni ad alta velocità e con nuove tecnologie come quella della levitazione magnetica (il Transrapid per esempio) già realizzata in Cina, e per via marittima attraverso le Vie del Mare, combinati tra loro e con sistemi integrati di movimenti e trasferimenti computerizzati di merci.
E’ in questa proiezione infrastrutturale Mediterranea, regionale e continentale, che il Ponte di Messina assume un ruolo strategico. Questa è anche la grande sfida per lo sviluppo e l’integrazione economica dell’intero continente africano per il quale una rete moderna di trasporti è la condizione primaria per la sua crescita. L’Africa, contrariamente alle teorie di certe lobby, è un continente sottopopolato che continua a perdere popolazione sia per guerre che per malattie che il resto del mondo non sembra desideroso di risolvere e nemmeno di permettere che l’Africa cerchi da sé di risolvere. Altri grandi sfide e progetti infrastrutturali sono l’acqua, l’energia, le comunicazioni, l’istruzione, la sanità…. L’acqua vuol dire rendere vivibili enormi territori desertici, creare settori agroalimentari industriali capaci di vincere subito un sottosviluppo non necessario, realizzare il sogno di molti in passato di rendere verdi i deserti. Si può portare l’acqua dove manca attraverso una rete di acquedotti, come la Libia sta facendo da tempo, deviare il corso dei fiumi prima che sfocino nei mari per rifornire laghi, come il Lago Chad, che si stanno prosciugando o depressioni, come quella di Qattara, che un tempo erano ricche di acqua dolce. E creare grandi centri di desalizzazione dell’acqua marina per il consumo agricolo e potalibe.
L’acqua implica energia in grande quantità e a prezzi molto bassi. E’ da tempo arrivato il momento di valorizzare il petrolio, una materia prima ricchissima, che dovrà essere destinata a usi più nobili e più importanti e non solamente per essere bruciata per produrre energia. Nuove fonti d’energia richiederanno grandi investimenti nella ricerca scientifica, nel nucleare e nelle fonti d’energia d’avanguardia legate alla realizzazione di sfondamenti scientifici nei nuovi settori della fisica dei plasmi e altri. Una fonte immaginabile e vicina è la fusione termonucleare la cui ricerca è stata da troppo tempo volutamente rallentata, quasi bloccata per far gioco a interessi di lobby geopolitiche e finanziarie.
Queste frontiere della scienza e della tecnologia, questi sfondamenti nella ricerca richiedono una rete di istruzione e di comunicazione altamente moderna a sostegno di una educazione scientifica e classica. Come in altri momenti della sua storia, il Mediterraneo potrebbe diventare l’università del mondo creando non solo scuole e istituti nuovi, ma vere e proprie città della scienza e della cultura come lo sono state Alessandria, Atene, Palermo. Da queste città ne verrebbero non solamente scoperte scientifiche ma grandi momenti di conoscenza, di dialogo e di integrazione per l’intera regione.

8 ) Una Banca per lo Sviluppo del Mediterraneo con simili progetti trasformerebbe l’intera regione per renderla più partecipe di un ‘altra grande sfida, quella della realizzazione del Ponte di Sviluppo Eurasiatico di grandi infrastrutture, che unendo l’Europa, il Mediterraneo attraverso l’Asia Sud Occidentale fino alla Cina e all’India, sarebbe capace di far fronte competentemente allo sviluppo di quelle zone dove sono concentrati i due terzi della popolazione mondiale.

9) In questo contesto molti conflitti che sembrano oggi irrisolvibili potrebbero trovare la loro soluzione in una nuova prospettiva di cooperazione e rispetto reciproco futuro. Questa prospettiva contribuirebbe ad allontanare quello scontro di civiltà che molti stupidamente o malvagiamente auspicano come inevitabile per gettare invece le basi per una nuovo Trattato di Pace di Westfalia del 1648 che pose termine alla guerra dei Trent’Anni che sconvolse l’Europa quasi mortalmente, con giustizia e con l’attuazione del principio di realizzare quello che è nell’interesse di colui che era stato il tuo nemico.

10) Una simile Banca per lo Sviluppo del Mediterraneo aiuterebbe anche a preparare le forze internazionali in campo per realizzare una improcrastinabile riforma dell’intero sistema monetario e finanziario internazionale, quello che molti economisti, soprattutto di ispirazione rooseveltiana come il politico democratico americano Lyndon LaRouche, chiamano una Nuova Bretton Woods, che sappia riportare i principi dello sviluppo dell’economia reale e produttiva al centro delle decisioni da troppo tempo sopraffatte da pulsioni meramente finanziarie e speculative.


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