Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

“Caso Calipari e dossier 11 settembre”

Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà
Roma, 10 maggio 2005

Molto è stato detto e scritto sulla morte di Nicola Calipari colpito dai soldati americani sulla strada verso l’aeroporto di Bagdad. Non si intende qui analizzare l’avvenuto e le giustificazioni e spiegazioni poi presentate. L’aspetto da sottolineare è questo: il Pentagono ha stilato un rapporto in cui non solo accollava tutte le responsabilità a Calipari e discolpava totalmente l’operato americano, ma, cosa ancora più importante, non nascondeva il fatto di avere cancellato la verità e usato falsificazioni per raggiungere l’obiettivo prefissato. E questo è stato di fatto ammesso e riconosciuto dai servizi italiani che nel loro rapporto sulla vicenda non hanno voluto e potuto sottoscrivere le conclusioni americane.
Si potrà dire che non vi è niente di nuovo in questo atteggiamento, già provato dalle menzogne sulle presunte armi di distruzione di massa irachene e dalle storie preparate per scagionare le alte sfere dell’intelligence militare dalle responsabilità delle torture della prigione di Abu Ghraib.
D’accordo. Ma questo continuo e deliberato uso di menzogne e falsificazioni dovrebbe sollevare almeno qualche altro dubbio. Riconsideriamo gli antefatti: la ragione per cui gli USA e i suoi alleati, Italia in prima fila, hanno lanciato la guerra al terrorismo, che poi è diventata guerra di invasione di altri stati e nazioni, parte dal dossier sull’11 settembre preparato su ordine della Casa Bianca dagli uomini del vicepresidente Dick Cheney. Il dossier, che conterrebbe prove conclusive sulle reti terroristiche che avrebbero perpetrato il crimine, è stato subito secretato da tutti i governi.
Già il 19 maggio 2004 un gruppo di 19 senatori di vari partiti di opposizione e di governo avevano presentato un’interrogazione parlamentare, con richiesta di risposta scritta, in cui si chiedeva a Silvio Berlusconi “di sapere se non sia arrivato il momento di informare il Parlamento e la nazione sulla documentazione riguardante l’11 settembre fornita dall’Amministrazione americana e quindi di togliere il segreto sulle informazioni ricevute.” Alla stesura dell’interrogazione, il cui primo firmatario era il senatore Oskar Peterlini del Gruppo Autonomie del Senato, avevo partecipato anch’io. Non si tratta di manifestare un banale atteggiamento antiamericano, al contrario, si vuole chiedere di conoscere tutta la verità, insieme anche alle famiglie delle vittime dell’11 settembre che si sono più volte dichiarate completamente insoddisfatte delle spiegazioni ufficiali dei fatti a loro date.
Di seguito è riportata l’intera interrogazione (4-06817) pubblicata il 19 maggio 2004 negli Atti Parlamentari. È da un anno che si attende invano una risposta di Berlusconi.


 

PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, KOFLER, MICHELINI, BETTA, CORTIANA, BEDIN, RIPAMONTI, VIVIANI, LIGUORI, DE ZULUETA, DETTORI, FORLANI, GUBERT, ZANOLETTI, MALABARBA, VITALI, PAGLIARULO
- Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:
l'orribile attentato dell'11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle di New York e il quartier generale del Pentagono a Washington ha significato un fondamentale cambiamento politico e strategico nella vita di tutte le nazioni. Alcuni gruppi americani, ma anche europei e internazionali, che oramai sono noti come i "neoconservatori", con Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Richard Perle e altri alla guida, hanno subito dopo chiamato alla mobilitazione in un contesto di "scontro di civiltà". L'Amministrazione Bush-Cheney ha contemporaneamente dichiarato una "guerra globale al terrorismo" che avrebbe dovuto essere condotta con guerre preventive contro l'Iraq e altri "Stati canaglia", fiancheggiatori del terrorismo. Per chiamare gli alleati a raccolta, Washington aveva inviato a tutti i governi una documentazione sui fatti dell'11 settembre, prove subito secretate da tutti i governi informati. Sulla base di questi elementi anche il Governo italiano ha aderito alla guerra globale contro il terrorismo e ha sostenuto l'invasione americana dell'Iraq. Un anno dopo l'intervento militare, la mancata pacificazione dell'Iraq e l'espansione del terrorismo internazionale hanno creato un drammatico aggravamento della sicurezza internazionale;

è comprovato come la storia dell'uranio del Niger con cui Saddam Hussein avrebbe potuto costruire armi nucleari è falsa; basta, per tutte, riportare le testimonianze dell'ambasciatore americano, Joe Wilson, mandato dall'Amministrazione USA in Niger nel febbraio 2002 a verificare la cosa, in cui dichiara pubblicamente di non aver riscontrato nessun indizio a suffragio del presunto trasferimento di uranio e di aver informato le autorità di Washington, Dick Cheney in primis, che avrebbe completamente ignorato il rapporto;

i dossier sulle armi di distruzione di massa non hanno trovato riscontro in quanto dopo l'intervento militare, l'eliminazione di Saddam e l'occupazione dell'Iraq non se ne è trovata traccia alcuna. Bush, Cheney e Blair avevano sostenuto questo argomento per vincere le resistenze dei governi europei e arabi alla necessità della guerra preventiva;

anche il Segretario di Stato americano Colin Powell ha dichiarato il 5 maggio scorso alla rivista americana "Gentleman's Quarterly" che, se avesse saputo che questi fatti erano infondati, non avrebbe tenuto il famoso discorso all'ONU del 5 febbraio 2003 (lo ha qualificato come "una macchia sulla sua carriera") che ha dato il via libera finale per la mobilitazione di guerra;

come risulta in questi giorni, per quasi un anno il governo americano ha taciuto sulla vastità delle torture perpetrate nelle carceri irachene contro detenuti, uomini, donne, religiosi, molti dei quali sono deceduti a seguito delle le brutali sevizie;

dall'inizio di aprile 2004 ha cominciato ad operare anche una Commissione del Congresso Americano sull'11 settembre, presieduta dal repubblicano Tom Kean e dal democratico Lee Hamilton, per cercare di stabilire la verità e le responsabilità dietro l'efferrato atto terroristico e criminale, in quanto le famiglie delle vittime, gruppi di difesa dei diritti umani e civili e anche settori politici e militari non sono soddisfatti delle spiegazioni ufficialmente date. Sono già emersi gravi elementi di inattività e di negligenza, per il momento, dal comportamento di Cheney e di John Ashcroft, Ministro di giustizia americano. L'ex consigliere per l'antiterrorismo della Casa Bianca Richard Clarke nel 2001, allontanato in seguito dal suo incarico per aver più volte detto che l'Iraq non c'entrava niente con l'11 settembre, ha testimoniato come Cheney, prima dell'attentato, non abbia tenuto un singolo incontro della sua task-force dal maggio 2001 quando ricevette l'incarico di occuparsi di terrorismo e della sicurezza del territorio. Thomas Pickard, direttore ad interim dell'FBI, che nel periodo giugno-luglio 2001 aveva dato personalmente 7-8 rapporti di intelligence a Ashcroft, ha inoltre testimoniato che il Ministro di giustizia, dopo i primi due incontri, gli aveva detto di non voler più sentire rapporti concentrati sul pericolo terroristico,

si chiede di sapere se non si ritenga che sia arrivato il momento di informare il Parlamento e la nazione sulla documentazione riguardante l'11 settembre fornita dall'Amministrazione americana e quindi di togliere il segreto sulle informazioni ricevute.
(4-06817)

 


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