Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

In memoria di Giovanni Cilli

Il 7 luglio si è spento, al termine di una grave malattia, il nostro collaboratore Giovanni Cilli. Giovanni aveva solo 49 anni e da trenta faceva parte del movimento internazionale di Lyndon LaRouche.

Il lavoro di Giovanni tra importanti strati politici ed economici italiani in questi decenni ha spesso aperto la strada alle idee e alle iniziative di LaRouche in Italia. Negli ultimi dieci anni, Giovanni ha organizzato numerose conferenze con la partecipazione dello stesso LaRouche, a Milano, Roma e Vicenza, contribuendo in modo decisivo alla crescita del sostegno per la Nuova Bretton Woods.

Una chiave del successo di Giovanni nel conquistare appoggi per la causa di LaRouche sta nell'aver saputo riscoprire aspetti del legame storico tra la tradizione dirigistica italiana e il sistema americano di economia politica che LaRouche rappresenta, come nel caso dell'economista e industriale vicentino Alessandro Rossi, o della corrente sociale della Democrazia Cristiana che si riconosce nel Codice di Camaldoli. Le esequie di Giovanni Cilli si sono svolte a Wiesbaden, dove risiedeva da parecchi anni, alla presenza dei familiari e dei numerosi colleghi ed amici.


Nel 2001 Giovanni Cilli (a destra) accompagnò Lyndon LaRouche (a sinistra) in una serie di incontri con gli industriali del Nord-Est, in compagnia di Paolo Raimondi (al centro).

Di seguito un promemoria sul Codice di Camaldoli scritto da Giovanni Cilli.

ATTUALITA' DEL CODICE DI CAMALDOLI:

PRINCIPI E VERITA' CHE CI PERMETTEREBBERO DI SOPRAVVIVERE ALLA BANCAROTTA DEI MERCATI FINANZIARI

di Giovanni Cilli

Quella che segue è una sintesi ragionata degli enunciati del Codice di Camaldoli che hanno per soggetto lo stato e l'intervento dello stato in economia.
Il materiale utilizzato è tratto dal numero speciale della rivista Civitas del marzo 1991 interamente dedicato al Codice di Camaldoli (1).
In attesa di ulteriori approfondimenti storici, in particolare sulla figura di Sergio Paronetto (1911-1945) , protagonista poco conosciuto della ricostruzione, dirigente dell’IRI ed esponente di punta della scuola montiniana, la cui opera e il cui pensiero sono la vera fonte di ispirazione delle idee elaborate nel Codice e il punto di riferimento di tutti coloro che si sono battuti per metterle in pratica, ci limitiamo a sottolineare in particolare quei princìpi che possono essere, per così dire, declinati al passato e al futuro.
Possono essere direttamente riferiti all'esempio storico di Enrico Mattei, Alcide De Gasperi, Ezio Vanoni e Pasquale Saraceno, (questi ultimi due, non bisogna dimenticarlo, figurano accanto a Paronetto tra gli estensori del Codice di Camaldoli), e possono al tempo stesso guardare al ruolo che l'Italia sarà chiamata a svolgere nel contesto della improrogabile rifondazione dell'attuale sistema monetario internazionale giunto al limite della disintegrazione.
Se l'umanità avrà un futuro che si addice alla dignità della persona umana, questo futuro dipenderà dagli accordi di "Una Nuova Bretton Woods" che abbiano come obbiettivo la ricostruzione dell'economia mondiale devastata da 30 anni di speculazione globalizzata e postindustriale e che consentano di venire incontro alle esigenze di sviluppo di paesi come la Cina, la Russia, l'India e l'Indonesia; le esigenze cioè di gran parte degli esseri umani che popolano il pianeta e che si pretende si rassegnino a morire di fame, di destituzione, di epidemie nell'inutile tentativo di salvare una manciata di grandi speculatori.
Oggi, l'ordine prefigurato dagli estensori del Codice è il presupposto della soluzione proposta da Lyndon LaRouche alla disintegrazione dei mercati finanziari: una Nuova Bretton Woods e l'integrazione economica euroasiatica (2).


In armonia col mandato della Genesi
e contro ogni tipo di colonialismo

Tra le fonti di ispirazione dalle quali hanno attinto gli estensori del Codice di Camaldoli c'è evidentemente, e non bisogna essere dei teologi per comprenderlo, il libro della Genesi, il primo scritto di economia che ci è stato tramandato. L'uomo, ci dice La Genesi, dovrà vivere del suo lavoro quotidiano, e dovrà essere fecondo, moltiplicarsi, popolare la terra ed esercitare il proprio dominio sulle altre creature e su tutto il creato. Un suggerimento che non si può impunemente ignorare, nessuna società che lo respinga riesce a sopravvivere.
In armonia col mandato della genesi gli estensori del Codice sostengono che, «essendo i beni materiali destinati da Dio a vantaggio comune di tutti gli uomini (art. 55), risponde a un principio di giustizia naturale che ogni uomo possa attingere ai beni materiali disponibili sulla terra quanto necessario per un pieno sviluppo delle sue energie individuali e di quelle dei familiari a cui deve provvedere (art. 55) ed è proprio nell'attuazione di questo principio naturale che consiste la giustizia sociale in campo economico».
Discende quindi dai principi enunciati che ogni tipo di colonialismo inteso come indebito sfruttamento di risorse materiali e umane che non vada a beneficio dell'intera comunità mondiale è da considerarsi una violazione della legge naturale e deve essere di conseguenza rimosso.


In economia la vera risorsa è l'ingegno umano
che si esprime attraverso la produttività del lavoro
e al quale Dio non ha opposto ostacoli nella natura


«È proprio della giustizia sociale - si specifica nel testo - instaurare un ordine nel quale i singoli diano tutto quanto essi sono in grado di apportare al bene comune e ottengano quanto è necessario per un armonico sviluppo delle energie individuali, quale sia consentito dalle condizioni di ambiente, di tempo e di luogo» e aggiungiamo noi, anticipando le conclusioni degli estensori del Codice, al riparo da impropri condizionamenti politici.
Il pensiero degli estensori del codice si chiarisce meglio non appena passa ad affrontare il tema della produzione dei beni.
«E' debito di giustizia sociale si spiega nel testo, tendere a produrre tutti i beni necessari o utili ai fini sopradetti (vedi art. 55) che si possono ottenere dalle risorse naturali, con l'impiego del lavoro umano e dei mezzi tecnici che l'uomo ha saputo apprestare».
Nel testo si ribadisce più volte che il diritto di tutti i popoli della terra ad utilizzare le risorse che esistono sul pianeta per la piena realizzazione della persona umana presuppone la produttività del lavoro e presuppone anche che quest'ultima vada intesa come «mezzo voluto da Dio per il perfezionamento della persona umana e per il dominio dell'uomo sul mondo.» (art. 55)
Si sostiene con enfasi che il lavoro produttivo è l'espressione di una «tendenza naturale che esiste nell'uomo ad ottenere con minimo sforzo e in maggior copia i prodotti occorrenti per soddisfare i suoi bisogni e che questa tendenza si è manifestata, in gran parte dei settori produttivi, attraverso continue invenzioni di nuovi beni strumentali e un progressivo aumento delle dimensioni e della complessità dei beni strumentali preesistenti». Si ipotizza che «cadendo o anche attenuandosi le barriere che impediscono a tutti i popoli di partecipare all'utilizzazione dei beni della natura, sorga la convenienza di costruire beni strumentali aventi dimensioni in cui tutte le risorse della scienza, delle tecnologie e della tecnica organizzativa possano essere pienamente applicate.»
Questi enunciati del codice rappresentano una bocciatura senza appello delle famigerate tesi neomalthusiane dei limiti dello sviluppo e dell'ideologia ambientalista: il solo limite alle risorse esistenti sul pianeta, si ribadisce più volte nel testo, sta nella facoltà dell'ingegno umano di renderle utilizzabili. La volontà e la provvidenza divina non ha posto nella natura alcun limite all'ingegno umano. Si precisa più oltre, che «il contributo dei beni strumentali all'ottenimento dei beni di consumo che tende ad aumentare non comporta una riduzione dell'opera dell'uomo la quale non cessa ma viene richiesta con modalità nuove e sempre mutevoli mentre vengono a cadere taluni ordini di compiti che tradizionalmente erano svolti dall'uomo e che gradualmente sono assunti dalla macchina.»
Si sostiene che «la diffusione della macchina ha effetti molteplici sulla natura del lavoro umano: da un lato l'uomo viene sollevato da compiti gravosi che erano nocivi alla sua personalità fisica e spirituale, mentre tra i compiti nuovi ve ne sono molti che affinano le facoltà più elevate del lavoratore in misura non minore delle più nobili attività artigianali.»
Si conclude che date le premesse, «sterile astrattismo è deprecare genericamente le ricordate tendenze della tecnica industriale moderna e ostacolarne le manifestazioni più vistose, quali sono il taylorismo, la razionalizzazione, l'organizzazione scientifica del lavoro, la normalizzazione.. Di fronte all'aumento della popolazione terrestre, all'entità e alla natura dei bisogni fondamentali che restano tuttora insoddisfatti presso vasti ceti della popolazione, non sarebbe lecito condannare o contrastare una tendenza che consente di utilizzare i beni di Dio profusi sulla Terra (art. 63).»


Intervento dello Stato in economia:
Il diritto di proprietà subordinato
all'adempimento di una funzione sociale da parte del proprietario.

Per gli estensori del Codice, la preponderante importanza dei beni strumentali ai fini del compimento della giustizia sociale e della riproduzione del genere umano deve essere posta quale criterio fondamentale sulla base del quale definire la vera natura della proprietà privata e stabilirne i limiti.
Si precisa nel testo che la proprietà privata coerentemente intesa, ha pertanto «un duplice aspetto: personale e sociale.
Personale, in quanto costituisce un presidio al libero manifestarsi della persona e della famiglia, e un incentivo allo sviluppo delle facoltà individuali.
Sociale, in quanto, contribuendo a stimolare la naturale operosità dell'uomo, favorisce lo sviluppo nello sfruttamento e nell'utilizzazione dei beni materiali posti da Dio a disposizione di tutti gli uomini.
Il diritto di proprietà deve quindi essere subordinato all'adempimento di una funzione sociale spettante ai proprietari».
Per meglio spiegare il concetto di funzione sociale spettante ai proprietari, di cui oggi sembra si sia persa ogni nozione, gli estensori del codice introducono la distinzione tra «beni di consumo e di godimento destinati a soddisfare bisogni personali, familiari e collettivi, e beni strumentali destinati invece alla produzione di nuova ricchezza».
La proprietà privata dei beni strumentali, spiegano i relatori, «ha una funzione sociale tanto più accentuata quanto più è rilevante la quantità e la qualità dei beni che l'impiego di detti strumenti permette di ottenere. Tale funzione sociale si manifesta, da un punto di vista tecnico, nella ricerca della più appropriata utilizzazione dei mezzi di produzione, nel loro sviluppo in relazione a bisogni comuni, e nella cessione a un giusto prezzo dei prodotti ottenuti».
Nel caso ciò non si verificasse, gli estensori del Codice sostengono

«la leggittimità e la necessità di un intervento dell'autorità da svolgersi in due modi:
1) escludendo che certe categorie di beni strumentali possano essere oggetto di proprietà privata.
2) ponendo delle limitazioni al diritto di proprietà di determinati beni strumentali quali era in precedenza concepito o quale è in atto per altri beni strumentali.
L'intervento dell'autorità - aggiungono gli estensori del Codice - è anche legittimo e doveroso nel caso che l'iniziativa privata si mostri manchevole o insufficiente a soddisfare determinati interessi collettivi.
In questo caso l'intervento - è spiegato nel testo - potrà svolgersi a seconda dei casi, sia agevolando l'iniziativa privata, sia associandosi a essa con forme di proprietà mista, sia infine mediante la gestione diretta di beni strumentali posti nell'ambito della proprietà collettiva (art. 76)».
Un discorso analogo è applicato a coloro che «gestiscono i risparmi affidati a banche o ad altri enti che ne dispongono per l'investimento come fossero loro stessi proprietari.
La funzione sociale della proprietà - si specifica - assume in questi casi un preminente rilievo perché tali proprietari, valendosi di opportuni meccanismi finanziari, influiscono, spesso con limitato rischio personale, sullo sviluppo dei mezzi di produzione a disposizione della comunità e , quindi, sul modo di soddisfare i bisogni della comunità stessa, nonché sull'Impiego delle forze di lavoro e dei beni strumentali disponibili».
Per queste ragioni nel documento si sostiene la «estensione legittima a tali beni delle forme di intervento della collettività ammesse per i beni strumentali (art. 76)».


Inesorabili contro la speculazione

Inesorabile deve essere l'ntervento delle autorità nel caso della «proprietà non acquistata con adeguato e lecito lavoro» (art. 82), ovverosia sulle proprietà originate dalla speculazione.
«In quanto il lavoro è all'origine della proprietà - si spiega nel testo - l'acquisizione di beni che non trova corrispondenza in un adeguato e lecito lavoro e nella legittima e libera volontà del precedente proprietario rappresenta un indebito arricchimento effettuato impoverendo altri uomini.
Un ordinamento giuridicamente ed economicamente sano - si conclude - non deve consentire il formarsi di tali possibilità di arricchimento; e nel caso in cui tali arricchimenti non si siano potuti evitare è leggittimo l'intervento dell'autorità atta a correggere gli effetti che ne sono risultati nella ripartizione dei beni esistenti tra i membri della comunità e mirante ad impedire il loro rinnovarsi». (art. 82).


Precursori del Ponte Eurasiatico

Nel capitolo V dedicato alla destinazione e proprietà dei beni materiali, della produzione e dello scambio, si prefigura un ordine economico internazionale di stati sovrani basato sull'equità e sulla giustizia che al tempo in cui fu scritto il Codice, era l'obiettivo che si prefiggeva di raggiungere Franklin Delano Roosevelt spazzando via dalla faccia della terra ogni tipo di colonialismo.
Oggi, l'ordine prefigurato dagli estensori del Codice è il presupposto della soluzione proposta da Lyndon LaRouche alla disintegrazione dei mercati finanziari: una Nuova Bretton Woods e l'integrazione economica euroasiatica (2).
«Gli sviluppi assunti dall'economia produttiva e i progressi delle comunicazioni - si spiega nel Codice - hanno più largamente integrato e avvicinato le varie regioni della Terra e hanno reso profondamente solidali e strettamente interdipendenti le varie economie nazionali; si fa quindi più sentita l'esigenza di dare un assetto giuridico a quell'aspetto della società naturale degli stati che è costituito dall'economia internazionale.
Il complesso problema di dare un'autorità alla società naturale degli stati nel campo economico può essere avviata a soluzione mediante accordi tra stati miranti a regolare la vita economica internazionale o taluni suoi settori, e tendenti a creare appositi istituti di carattere internazionale che potranno svolgere attività in campi molteplici quali la regolamentazione del lavoro, il credito e la moneta, il movimento dei capitali, l'utilizzazione delle materie prime, lo scambio dei prodotti, le comunicazioni, il sostegno alle economie più arretrate e a quelle colpite da particolari crisi e calamità, nelle cui decisioni e direttive gli stati aderenti si impegnino lealmente ad ordinare sia i rapporti economici con gli altri stati, sia la politica economica interna». (art. 84).


La legittimazione del potere politico:
Uomo come Capax Dei e Immago viva Dei

Chiunque in Italia e altrove sia animato, come nel caso del Senatore Francesco Cossiga, dalla lodevole intenzione di far politica traendo profitto dallo studio della teologia, prima di buttarsi a capo fitto nella lettura della teologia inglese, dovrebbe far tesoro degli insegnamenti del codice di Camaldoli.
Il Prof. Marco Ivaldo ha acutamente osservato come per gli estensori del Codice l'autorità politica e la legge positiva debba essere subordianata alla legge naturale, non ad una specifica etica di comportamento, bensì ad un dettato morale che trae origine dalla struttura ontologica della persona umana fatta a immagine di Dio: "l'autorità per gli estensori del codice ha origine in Dio creatore dell'essere e del suo ordine, che ha posto il fondamento di essa nella natura umana; insieme e inscindibilmente - come risulta evidente anche dall'art. 13 - l'autorità risiede nel popolo, il quale riceve da Dio il diritto di governarsi a titolo di agente principale e non strumentale e transitorio e che decide le forme storiche dell'esercizio dell'autorità e designa i suoi rappresentanti, conservando insieme e in modo permanente il diritto di autogovernarsi.
Esiste allora un criterio razionale per valutare sia dell'esercizio dell'autorità che della legge positiva: esso è offerto dalla legge morale, ossia da quel dover essere che deriva dalla struttura ontologica della stessa persona umana e che, a sua volta, è partecipazione alla legge e alla sapienza di Dio. La legge morale non viene presentata dal Codice come una tavola statica e astratta di valori ma come insieme di principi di verità, moralità, giustizia, che scaturendo incondizionatamente dall'umanità dell'uomo, ne permeano l'azione e si concretano nel fare umano il mondo dell'esperienza". (3).

Il Codice e la Costituzione Italiana

L'articolo 13 e i successivi art. 14 e 18 delineano i concetti centrali di una carta democratica di organizzazione del corpo politico e dello stato.
Non può infatti sfuggire come le caratteristiche essenziali dell'ordinamento prospettato dal Codice (i cittadini come soggetto dell'attività politica, legislativa, amministrativa, giudiziaria, il regime rappresentativo, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri, le libertà politiche e sociali, la libertà di coscienza, la partecipazione, la lotta attraverso mezzi giuridici contro la violenza e l'arbitrio) rappresentano la sostanza di un assetto e di un governo democratici della comunità politica.
Si tratta di principi e di criteri etico-giuridico-politici che opereranno fecondamente nella costruzione della nuova Italia e nella Costituzione.


Il diritto al lavoro è un diritto naturale.
La differenza tra il Codice di Camaldoli
e quello di Malines.

Il Codice di Camaldoli almeno sulla questione del diritto al lavoro rappresenta non solo un taglio netto con la cultura cattolica corporativista ma anche una specie di rivoluzione rispetto al Codice di Malines che lo ha preceduto.
Come giustamente osserva Mario Falciatore: "per il Codice di Malines il diritto del lavoro discende dall'obbligo di lavorare imposto a ciascun uomo e non è da confondersi con il diritto al lavoro, concetto condannato in quanto «consiste nel preteso diritto dell'individuo senza lavoro di rivolgersi allo Stato per esigere un'occupazione remuneratrice e un salario (art. 88 Codice di Malines)». Anche Pio XI affermava limitatamente : «a coloro i quali possono e vogliono lavorare, si dia opportunità di lavorare». Pio XII nel radiomessaggio della Pentecoste sostiene che: «il diritto al lavoro viene imposto e concesso all'individuo in primo appello dalla natura, e non già dalla società, come se l'uomo altro non fosse che un semplice servo o funzionario della comunità. Dal che segue che il dovere e il diritto ad organizzare il lavoro del popolo appartengono innanzitutto agli immediati interessati: datori di lavoro e operai» (4).


Programmazione e giustizia sociale.

Come spiega Mario Falciatore, se il valore in economia è la giustizia sociale, non si può ammettere che l'ordinamento economico sia lasciato in balia nè delle cosiddette "forze spontanee" del mercato nè di pericolose chimere corporativiste: "nell'articolo 72 l'estensore del Codice di Camaldoli mette l'accento sulla giustizia sociale la quale assomma in sè una serie di significati: essa è equa ripartizione di beni, intesa però nel senso di quanto basta per far levitare i talenti assegnati a ciascuno; è inoltre massimizzazione della produzione e aumento della solidarietà delle classi.
E' un fatto che la giustizia sociale non può scaturire dall'ordinamento economico lasciato a se stesso, ma da un intervento regolatore dello stato e in questo consiste il cardine della nuova impostazione del Codice di Camaldoli. Questa impostazione fu ribadita per esempio da Taviani che nella prima edizione delle Prospettive Sociali rilevava: «una soluzione del problema sociale mediante l'opera spontanea dei datori di lavoro s'è dimostrata utopistica; d'altra parte l'opera dei lavoratori urta contro ostacoli spesso insuperabili, o minaccia pericolosamente di sovvertire, non solo l'organizzazione economica del lavoro, ma tutto l'ordine della società, con le sue tradizioni e con le sue legge naturali. Questa è la situazione di fatto, che caratterizza il nostro tempo». Di qui l'esplicita affermazione che non si risolve la questione sociale senza la direzione, il controllo, l'ordinamento di tutta l'economia da parte della società, senza una regolamentazione o una pianificazione dell'economia: una pianificazione tempestiva e di volta in volta aderente alle esigenze tecniche, ambientali, politiche, contingenti e di continuo mutevoli. Economia programmatica dunque e non programmata" (4).


Esigenza generale di giustizia e di carità.

Chi nutrisse ancora dubbi sulla validità di quanto è prescritto dal Codice, dovrebbe leggere e meditare in particolare l'articolo 20 nel quale gli estensori enunciano la verità fondamentale sulla cui autorità poggiano tutti gli altri articoli del Codice. Quella stessa verità che si trova espressa nel Vangelo secondo S. Giovanni e nella lettera di S. Paolo ai Corinti: tutto il sapere del mondo non vale nulla se manca la carità.
Vogliamo riportare l'articolo per intero:
«è verità assoluta, alla quale debbono essere riportati tutti i punti finora enunciati, che qualunque organizzazione di vita politica, qualunque escogitazione di forme di Stato e qualunque partecipazione di cittadini alla vita dello stato, non vale a salvare l'umanità della vita sociale, se gli individui non sentono quelle esigenze di giustizia e di carità, le quali mentre attingono le più alte vette dello spirito umano, costituiscono la vita delle anime che credono in Cristo».

Note

(1) Stato ed economia nel Codice di Camaldoli. Edizioni Civitas. Marzo 1991
(2) Lyndon LaRouche. Come funziona l'economia reale. Il paradosso delle dottrine economiche. In Per Una Nuova Bretton Woods. L'alternativa al crac finanziario globale: la nuova via della seta. Studio dell'Executive Intelligence Review.
(3) Marco Ivaldo. Lo Stato come organismo promotore e strumento del bene comune. In Stato ed economia nel Codice di Camaldoli. Edizioni Civitas. Marzo 1991
(4) Mario Falciatore. Dal Codice di Malines del '33 al Codice di Camaldoli: il deciso rigetto del sistema corporativo. Vedi anche La funzione Sociale della Proprietà Privata. In Stato ed economia nel Codice di Camaldoli. Edizioni Civitas. Marzo 1991


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