Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

L’euro e le sue controversie: facciamo chiarezza

Abbiamo intervistato Claudio Celani, analista dell'EIR, che ci spiega il significato della proposta di Helga Zepp LaRouche per l'abbandono dell'Euro e il ritorno alla sovranità monetaria.


Allora Celani, il movimento di LaRouche che ora propone l'abbandono dell'euro può apparire sulla stessa lunghezza d'onda della Lega. Si può dire che siete finiti sulla stessa barca?
In realtà quelle della Lega meritano di essere considerate delle mere provocazioni elettorali. A prescindere da ciò, qualcuno sembra cominciare a capire che occorre lanciare delle barche di salvataggio da un Titanic che affonda e su cui altri continuano a ballare incuranti del pericolo. Ma lanciare le scialuppe di salvataggio non basta, occorre raggiungere un porto sicuro. Dubito che la Lega o altri abbiano la minima idea di come farlo, anzi, da quello che dicono sembra capire che si dirigerebbero nel Maelstrom.
Intanto ricordo che mentre noi abbiamo osteggiato l'Euro sin dall'inizio, la Lega nel 1995 chiedeva ufficialmente alla Commissione Europea come si faceva a far entrare la “repubblica di Padania” nell'Euro.

C'è nostalgia per quando l'Italia poteva riacquistare competitività svalutando la moneta.
La politica delle svalutazioni competitive e quella deflazionistica dell'Euro, che ricorda la famosa “quota 90” di Mussolini, sono facce della stessa medaglia e portano entrambe a scenari argentini. La svalutazione lo fa per via inflazionistica e la deflazione lo fa distruggendo la base produttiva. La nostalgia per la svalutazione è stata recentemente attizzata da alcuni studi pubblicati da ambienti liberisti anglo-americani, come quelli a cui appartiene l'economista dell'AIG, Bernard Connolly, che hanno preceduto di pochi giorni le uscite della Lega. Questi suggerimenti provengono da chi ha intenzione di manipolare l'Italia per lucrare sulle sue difficoltà finanziarie e per scopi geopolitici.
La moneta nazionale ci vuole perché senza di essa non è possibile emettere credito produttivo. Quindi la moneta è solo uno strumento con cui decidere delle politiche di investimento, di intervento dello Stato sul mercato in modo da generare le risorse per gli investimenti e ottenere la piena occupazione. Il valore della moneta e dei prezzi va stabilito al livello giudicato idoneo ad onorare il debito che lo stato crea nel momento in cui finanzia lo sviluppo. Questo tema è stato recentemente approfondito da LaRouche in un seminario a Berlino (cfr. https://archive.movisol.org/berlino29605.htm)
Quindi dire “torniamo alla lira” non vuol dire niente se non si rinuncia contemporaneamente al liberismo e alla globalizzazione.

La sinistra dice: rilanciamo gli investimenti allentando i parametri di Maastricht ma mantenendo l'Euro.
E' un controsenso, perché senza i parametri di Maastricht l'Euro non potrebbe esistere, a meno che - e nella sinistra debenedettiana c'è sicuramente qualcuno a favore - non si crei uno stato europeo, con un governo e un bilancio indipendenti dagli stati membri dell'EU. Ma questo, a parte il fatto che è utopistico, dovrebbe essere realizzato subito, cosa impossibile. Quando fu creato l'Euro, sapendo benissimo che una moneta senza sovranità statale non esiste, si decise di creare una moneta irresponsabile, gestita da una banca centrale irresponsabile. Perché tali sono le istituzioni monetarie europee attualmente: i parametri di Maastricht e del Patto di Stabilità servono proprio a creare le regole “oggettive” che permettano questa gestione irresponsabile della moneta, una cosa mostruosa che nella storia non si era mai vista.
Siccome, in assenza di un governo europeo, non c'è nessuno che possa assumersi le responsabilità inerenti all'emissione e all'espansione del credito (ce la vedete la Germania condividere la responsabilità dell'espansione monetaria italiana?), furono create le regole, il “pilota automatico” che avrebbe soppiantato il governo. Ma questo “pilota automatico” aveva un difetto, non prevedeva nessuna strategia per promuovere la crescita, cosa già difficile per i governi, figuriamoci per un non-governo: tutte le rotte prevedibili erano dunque tracciate sulla carta della non crescita. Dunque, la deflazione ci ha portato dove siamo oggi, in una recessione sempre più grave e una disoccupazione alle stelle.

Ma all'Italia conviene uscire dall'Europa?
Uscire dall'Euro non significa affatto uscire dall'Europa. E comunque noi sosteniamo che l'Euro rimanga come unità di conto e che all'Unione Monetaria subentri un sistema monetario più o meno flessibile, la cui stabilità a lungo termine sia garantita da una politica di crescita. Helga Zepp LaRouche annuncia che se verrà eletta Cancelliere attuerà contestualmente una serie di misure che vanno dalla reintroduzione del marco al ripristino del sistema monetario europeo e ad una politica di piena occupazione. Il vero problema dell'Europa è come far ripartire la sua locomotiva, costituita dall'economia tedesca, e a questo serve la sovranità monetaria nazionale.

Non vi disturba che anche l'estrema destra in Germania chiede il ritorno al marco?
Come dice LaRouche, se il tuo vicino è fascista e mangia le bistecche, questo non è un buon motivo per diventare vegetariano. Qualsiasi buona idea trova anche sostenitori balzani, e di questo non mi preoccuperei. Guardiamo invece al fatto che se non riparte lo sviluppo, I cinque milioni di disoccupati in Germania, che sono dieci reali, fanno intravedere all'orizzonte il pericolo di un'involuzione democratica. Quindi, se vogliamo evitare il fascismo, dobbiamo abbandonare l'Euro.
In realtà il processo di abbandono dell'Euro è già in atto. Per il momento, esso assume aspetti politici, che riflettono una disintegrazione già in atto della moneta unica. Ci sono stati I referendum in Francia e Olanda che hanno sancito la morte precoce del progetto di unificazione costituzionale. Con questo, sono stati messi I chiodi sulla bara dell'unica alternativa teorica, benché assolutamente impraticabile, alla sovranità monetaria nazionale, quella del superstato europeo. Poi la Francia, approfittando delle bombe di Londra, ha sospeso unilateralmente il trattato di Shengen. Infine, la Corte Costituzionale tedesca ha pronunciato una sentenza contro il mandato di cattura europeo, giudicandolo anticostituzionale. Questo nel giro di due mesi.
Tali sviluppi contrassegnano un processo di abbandono dell'utopia sovrannazionale dettato dalla necessità, perché l'accentuarsi della crisi economica, che è anche sociale e dell'ordine pubblico, chiede il ricorso a poteri di sovranità nazionale per essere gestita. Questo processo sboccherà inevitabilmente nel ritorno alla sovranità monetaria. Sta a noi decidere se ciò debba avvenire in modo eteronomico, anarchico e conflittuale, o, come propone Helga Zepp LaRouche, in modo cooperativo e sociale.
Chi sostiene di mantenere l'Euro a tutti i costi, sta già preparando i piani per un Euro ristretto, senza l'Italia. Il 7 agosto, l'economista della Morgan Stanley Joachim Fels ha concesso una lunga intervista in cui ha preconizzato un'espulsione dell'Italia, a causa dell'esplosione dei conti pubblici, e un Nuovo Euro, che lui chiama Neuro senza apparentemente rendersi conto del doppio significato. Fels parla a nome di ambienti finanziari che io chiamo irriducibili, cioè quelli che vollero l'Euro per ingabbiare geopoliticamente la Germania, e stanno approntando piani di ripiego in vista dell'inevitabile fallimento del progetto monetario. Ma nemmeno questi piani funzioneranno. Però, quanto ho appena detto deve farci capire che, comunque vada, le decisioni sono state già prese e gli eurocrati hanno già scaricato l'Italia.

Ma è realistico proporre di tornare alla Lira? In fondo, il marco era una moneta stabile, ma la Lira è associata a crisi, svalutazioni, inflazione.
Capisco l'importanza del fattore psicologico che vuole dire: non torniamo indietro ma andiamo avanti. Allora, facciamo che le nuove emissioni per finanziare gli investimenti saranno emesse da una Banca Nazionale, o da una Banca Centrale nazionalizzata, e saranno denominate in valuta nazionale, che chiameremo come vogliamo. Possiamo chiamarla come vogliamo: Lira, marco italiano, o per me andrebbe bene anche Euro-I, cioè Euro Italiano, affiancato ad un Euro-D, un Euro-F ecc. Si potrebbe introdurre la Lira pesante, come proponemmo nel 1979 pubblicando in Italia un famoso scritto di LaRouche, “Una riforma gollista per la crisi monetaria italiana”. A quel tempo facemmo anche un bozzetto della nuova lira, con il ritratto di Dante. Si tratterebbe di una lira che avrebbe un valore di parità con il marco, 1:1, o leggermente inferiore.

Ma molti in Italia sostengono proprio che questo sia il problema, e cioé che la lira sia sopravvalutata.
Questo dimostra l'ignoranza di quanti sostengono che le svalutazioni competitive servano a qualcosa. In realtà, svalutando la moneta si ottiene, sì, un temporaneo aumento delle esportazioni, a cui però fa seguito un corrispondente aumento dei prezzi delle importazioni, e quindi inflazione. I costi di produzione aumentano tornando ai livelli pre-svalutazione, se non oltre.
Quando si parla dei danni procurati dall'Euro, che esistono, non sono quelli relativi al rapporto di cambio e nemmeno solo quelli, pur pesanti, dell'aumento dei prezzi al consumo, quanto la sottrazione degli strumenti di politica economica per far fronte alla crisi, primo fra tutti l'emissione del credito. Il credito è indispensabile per far crescere l'economia. Prendiamo il problema centrale dell'Italia che, a parte gli aspetti della globalizzazione, è il divario di sviluppo tra nord e sud. Per colmare questo divario occorrono investimenti infrastrutturali che alcuni anni fa il prof. Aurelio Misiti contabilizzò in circa 300 mila miliardi di lire. Da allora, la cifra dovrebbe essere aumentata perché le infrastrutture sono ulteriormente invecchiate. Ma quello è l'ordine delle cifre di investimenti da mobilitare. Dunque, il ritorno alla sovranità monetaria è imprescindibile dall'impegno, e quindi dall'assunzione di responsabilità, per l'emissione di credito che finanzi quegli investimenti. Si tratta di infrastrutture nei trasporti, nell'energia, nel sistema idrico, e poi ancora nel sistema scolastico e in quello sanitario. Un tale programma creerebbe una domanda di beni di investimento e una ripresa dell'industria e dei consumi non solo al sud ma in tutto il paese. Contestualmente, va fissato il rapporto di cambio, cioè il valore della moneta, secondo il valore potenziale di questa moneta espresso dal contenuto tecnologico del piano di investimenti promosso, che definisce la produttività potenziale del sistema economico a lungo termine.

I difensori dell'Euro sostengono che la moneta unica ha impedito che la speculazione facesse crollare a picco la lira.
Falso. Le testimonianze dei protagonisti dei fatti del 1992 mostrano che la lira crollò perché la Bundesbank decise di non difenderla. Ricordo inoltre che la lira era stabile anche nel periodo di due anni precedente all'introduzione dell'Euro, quando questo era solo unità di conto, perché c'era l'impegno dei paesi membri a sostenerla. Quel breve periodo è un esempio di come si potrebbe passare a un sistema in cui l'Euro, appunto, rimane come unità di conto.
Ma ammettendo che la speculazione si scagli contro la lira o un'altra moneta nazionale, ci sono gli strumenti per difendere la moneta. Andrebbe addirittura inclusa una clausola negli accordi monetari, che prevede o addirittura incoraggia, oltre all'impegno comune a difendere il valore delle monete, anche l'adozione di misure difensive unilaterali del tipo controlli sui cambi e sui movimenti di capitale, laddove i dispositivi già esistenti in tal senso, che noi auspichiamo ad esempio sui movimenti finanziari non legati ad attività produttive, fossero purtuttavia insufficienti. Il caso della Malesia, che si difese con successo dall'attacco speculativo del 1994, va studiato per apprendere utili lezioni da applicare universalmente.
Su un piano più ampio, la speculazione va eliminata alla base riformando il sistema finanziario e monetario internazionale secondo il progetto della “Nuova Bretton Woods” di Lyndon LaRouche.

Lei ha parlato di Banca Nazionale o Banca centrale nazionalizzata. Che vuol dire?
Vuol dire che lo stato deve diventare il principale azionista della banca centrale, o direttamente o attraverso una Banca Nazionale creata appositamente. Faccio presente che l'attuale status della Banca d'Italia è anticostituzionale. La Costituzione italiana non affronta esplicitamente il soggetto, ma stabilisce che gli unici organi “indipendenti” dello stato, che cioè non obbediscono a nessuno, sono gli organi costituzionali: Parlamento, Governo, Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale, Magistratura. Dato che la Banca d'Italia non è definita organo costituzionale in nessuna parte della Costituzione, essa è da considerare non indipendente ma sottoposta al potere dello stato.
Gli attuali azionisti, che sono le banche private, vanno democraticamente espropriati, ma siccome nessuno vuole far loro un torto, vanno risarciti offrendo in cambio obbligazioni a lungo termine della Banca Nazionale, la quale avrà potere di emissione. La banca centrale diventa quindi uno sportello della Banca Nazionale. Il credito e la moneta emessi in tal modo non saranno debito ma credito dello stato. Questo sistema fu inventato da Alexander Hamilton, il primo ministro del Tesoro americano, e applicato in due momenti della storia degli Stati Uniti.
Il nostro movimento in Italia, per bocca del suo presidente Paolo Raimondi, ha già annunciato iniziative politiche e legislative per “costituzionalizzare” la banca centrale.


[inizio pagina]

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

Newsletter

Il CD di Solidarietà

© Copyright

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà