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Pericolosa trasformazione dei flussi di capitale a giugno

A metà agosto il Dipartimento del Tesoro USA ha reso noti i dati sull'afflusso di capitali stranieri che i mezzi d'informazione hanno voluto salutare come «una bella notizia». Il totale di 71,2 miliardi supera di molto quello del mese precedente. La cosa dovrebbe dimostrare che c'è una forte domanda di titoli USA e infatti alla notizia ha fatto seguito una corsa agli assets denominati in dollari.
Ad un esame approfondito però i dati in questione - ripartiti per categoria d'investimento e paese - rivelano una storia ben diversa. La prima cosa che si nota è che c'è stato un crollo dell'acquisto netto di titoli del Tesoro USA. A seguito del crac della «New Economy» degli anni passati gli acquisti netti di titoli del Tesoro e di agency bonds (le obbligazioni emesse dai giganti del mercato ipotecario secondario come Fannie Mae e Freddie Mac) rappresentavano la parte più consistente dell'afflusso di capitali. Ma nel giugno 2005 gli stranieri hanno acquistato solo 7,9 miliardi di titoli del Tesoro, una riduzione del 74% rispetto alla media dei primi cinque mesi dell'anno (30,7 miliardi). Il motivo di ciò non è un'improvvisa caduta degli acquisti delle banche centrali asiatiche.
L'anomalia più macroscopica è costituita dai famosi «centri offshore»: Caraibi, Bahamas, Bermuda, Cayman, Antille Olandesi, Isole della Manica e Isola di Man. Tutti insieme questi centri offshore hanno venduto titoli di stato per 36,4 miliardi e altri 12,8 miliardi di agency bonds. Nel primo trimestre gli stessi centri avevano registrato un acquisto netto di titoli del Tesoro per 132 miliardi, nel secondo trimestre anni hanno registrato una liquidazione netta di 44 miliardi, con il grosso delle vendita avvenuto a giugno. Non si tratta di oscillazioni cicliche dettate dalle trasformazioni della «domanda e offerta». Queste vendite di titoli del Tesoro e agency bonds da parte degli offshore sono la punta dell'iceberg di una vasta liquidazione di emergenza, per raccogliere liquidità, decisa da gran parte degli hedge funds che per lo più sono registrati in quei paradisi fiscali.
Come mai, allora, l'afflusso di capitali negli USA è aumentato a giugno, proprio mentre avveniva la svendita generalizzata di titoli del Tesoro e di agency bonds? La spiegazione sta in un'altra grande anomalia delle cifre di giugno. Mai prima di adesso, nemmeno nelle fasi più promettenti della «new economy» alla fine degli anni Novanta, gli stranieri hanno acquistato quantitativi così grandi di obbligazioni societarie USA. A giugno si è arrivati a 52,2 miliardi di dollari, e cioè il 134% in più rispetto alla media dei primi cinque mesi dell'anno che è stata di 22,3 miliardi.
Chi potrebbe acquistare obbligazioni societarie USA proprio a ridosso del taglio del rating di GM e Ford che ha gettato nello scompiglio l'intero mercato obbligazionario? E perché? Dai dati del Dipartimento del Tesoro risulta che più della metà dell'acquisto netto di titoli societari USA è stato fatto in Inghilterra (22,8 miliardi di dollari), dalle Isole della Manica e Isola di Man (3,2 miliardi) e dall'Irlanda (2,5 miliardi). Altri 13,3 miliardi sono stati acquistati dai centri offshore.
La conclusione possibile sembra essere solo questa: questi acquisti riflettono una gigantesca operazione di salvataggio internazionale, e cioè un gran quantitativo di denaro è stato, e viene ancora, incanalato, soprattutto dalla City di Londra, direttamente per sostenere gli hedge funds e i bond societari da essi detenuti. Quindi i dati sui flussi di capitale forniti del Tesoro USA indicano soltanto che ad un certo punto un flusso di capitali è entrato nei confini degli USA per poi andare in investimenti tradizionali, come azioni e obbligazioni. Operazione necessaria per sostenere quei titoli detenuti dagli hedge funds in grandi difficoltà, anche per la loro cronica mancanza di liquidità.


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