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Rovesci a raffica sull'amministrazione Bush-Cheney

1 ottobre 2005 (EIRNA) – Una serie di indagini, da tempo in agguato, ha colpito la scorsa settimana l'amministrazione Bush e i suoi alfieri al Congresso:
• Il 28 settembre, mentre il vice presidente Cheney si stava riprendendo da un intervento chirurgico, il capogruppo repubblicano alla Camera dei Rappresentanti Tom DeLay è stato incriminato da un Gran Giurì del Texas con l'accusa di aver orchestrato il finanziamento illecito della campagna elettorale di diversi esponenti repubblicani. DeLay è anche noto come “la mazza”, il caporale usato dalla Casa Bianca per imporre al Congresso i suoi diktat.
DeLay è stato costretto a dimettersi dall'incarico di capogruppo e la sua successione ha provocato una netta polarizzazione tra i repubblicani.
Ai problemi legali con cui DeLay si trova ora a fare i conti c'è da aggiungere l'incriminazione, primo risultato di una serie di indagini in corso, del suo braccio destro finanziario Jack Abramoff. Negli ultimi giorni di settembre tre personaggi legati ad Abramoff sono stati denunciati per aver avuto un ruolo nell'assassinio di Gus Boulos, ex proprietario di SunCruz, le linee di crociera con casinò a bordo. La SunCruz era stata rilevata da Abramoff e soci, ma essi non hanno mai versato a Boulos il pagamento dell'acquisto, e proprio per questa truffa sul conto di Abramoff era stata aperta un'inchiesta in Florida. Come già riferito dall'EIR, Ambramoff e DeLay erano al centro di un apparato di raccolta fondi e di lobby in cui sono implicati anche altri esponenti repubblicani come Ralph Reed, che in passato ha presieduto la “Christian Coalition”, e Grover Norquist, punto di riferimento della lobby contro le tasse.
• Il 30 settembre Plato Cacheris, legale dell'ex analista del Pentagono Lawrence Franklin, ha reso noto che il suo cliente ha raggiunto un accordo con i procuratori federali per cui è disposto a testimoniare come collaboratore di giustizia contro l'apparato neo-con nel Pentagono e contro Steven Rosen, anche noto come “Mr. AIPAC”. Franklin fu incriminato all'inizio dell'anno da un Gran Giurì di Alexandria, in Virginia, per aver passato documenti segreti del Pentagono ai funzionari dell'AIPAC Rosen e Keith Weissman e a funzionari dell'ambasciata israeliana a Washington. Il caso di Franklin porta dritto al nocciolo dell'apparato neo-con nel Pentagono e tocca questioni delicate come la contraffazione dei documenti sulle presunte partite di ossido di uranio (“yellowcake”) che Saddam Hussein avrebbe acquistato dal Niger, faccenda per la quale Franklin visitò Roma insieme a Michael Ledeen, nel dicembre 2001. (Vedi Strategic alert dell'EIR nn. 19, 32, 33).
• Il colpo più duro per Cheney è quello arrivato il 29 settembre con la notizia che la giornalista Judith Miller ha accettato di testimoniare di fronte al Gran Giurì che indaga sul caso Valery Plame. La Miller ha fin ora pagato con la reclusione il suo rifiuto di mettere agli atti che la fonte delle sue notizie sull'identità della Plame come agente segreto della CIA era Lewis Libby, il capo di gabinetto e primo consigliere di sicurezza nazionale di Cheney.
Gli alti papaveri cominciano a preoccuparsi dei rovesci che si abbattono sull'amministrazione Bush. Un esempio è dato da un commento di Jim Hoagland, primo giornalista politico del Washington Post, pubblicato il 29 settembre:
“L'annaspare di Bush, da quando l'uragano Katrina l'ha sorpreso con la guardia abbassata e senza i piedi per terra, mette in risalto una vasta serie di continue disattenzioni ai doveri della governance, di devozione fuori luogo a dei subordinati incompetenti, e di rifiuto di apprendere la lezione dagli errori del passato”. Facendo riferimento alle critiche che subissano Bush e Cheney, Hoagland continua: “Non gioisco di fronte a questi duri giudizi. Non ho mai condiviso la convinzione irragionevole di molti suoi avversari più faziosi, i quali ritengono che come leader nazionale Bush sia illegittimo, stupido, o entrambe le cose. Non lo è”. L'imbarazzo nei piani alti nel dover per forza condividere le valutazioni di LaRouche è palese.

Le istituzioni USA ne hanno abbastanza di Bush e Cheney
Commentando i rovesci che dalla metà di settembre stanno colpendo il gruppetto di testa della squadra neo-con Lyndon LaRouche ha dichiarato che “oltre agli aspetti specifici dei reati e delle malefatte dei singoli, per i quali ora pare che si stia arrivando ad un rendiconto, c'è da notare una più complessiva reazione al fatto che il governo è allo sbando. La reazione proviene da ambienti che sono, direttamente e indirettamente, parte delle istituzioni di governo. In ogni caso la molla di fondo è la stessa: con questo regime corrotto e incompetente non si può più andare avanti”.
“Non si tratta - ha continuato il fondatore dell'EIR - di una cospirazione contro Bush e Cheney. E' piuttosto una reazione legittima al caos e alla precarietà delle funzioni del governo provocate da gente come Cheney e DeLay. E adesso la mamma in cucina sbatte i piatti sul pavimento. Non è un'esempio di compostezza, ma è una reazione a lungo covata che è appena esplosa. E non certo troppo presto. Con il sistema finanziario globale che versa in uno stato di tracollo terminale né gli Stati Uniti né il resto del mondo possono sopravvivere molto a lungo a questo fiasco di Bush e Cheney”.
Riferendosi espressamente al caso della giornalista Judith Miller che ha fatto il nome di Lewis Libby nel caso di Valerie Plame, LaRouche ha aggiunto: “E' un colpo devastante per Cheney e i suoi soci per tre motivi. Primo, c'è la questione della fuga di informazioni riservate, presa come tale. Libby adesso è stato nella comunicazione alla stampa della vera identità della Plame, e questo è un reato di per sé. Secondo, c'è un caso di insabbiamento. Libby ed altri hanno dichiarato il falso, ostacolato la giustizia e commesso altri reati minori sempre in tale contesto. Qualcuno davvero crederà che Libby abbia fatto tutto per conto suo, senza consultare il suo superiore, Dick Cheney? Non credo. E poi c'è la terza questione, riguardante il ruolo che l'attuale ambasciatore USA all'ONU John Bolton ha svolto nell'intera vicenda. Sappiamo che Judith Miller e Bolton erano in stretto contatto tra loro, ambedue attivi come elementi centrali nel White House Iraq Group (WHIG). E questo gruppo è stato al centro delle indagini condotte da Fitzgerald sin dall'inizio. Finiremo per vedere un ambasciatore all'ONU costretto a fare le valigie? Lo spero proprio. Sospetto che qualcuno nelle istituzioni consideri il caso di Valerie Plame l'occasione d'oro per allontanare Bolton dall'incarico presso l'ONU”.


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