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Argentina: Kirchner rafforza la sua posizione con un rimpasto del governo


di Cynthia Rush
EIR, 1 dicembre –
Le dimissioni del ministro delle Finanze argentino Roberto Lavagna, rassegnate il 28 novembre su richiesta del presidente Nestor Kirchner, hanno lasciato di stucco il mondo delle banche e della grande finanza. Le sorti di Lavagna erano in discussione già dalle elezioni del 23 ottobre, che hanno segnato un notevole rafforzamento della coalizione Fronte della Vittoria di Kichner. Il rinsaldamento della posizione del presidente ha portato finalmente a risolvere l’incompatibilità di fondo tra i suoi indirizzi politici e i disegni monetaristi accarezzati da Lavagna.
Pochi però credevano che Kirchner avrebbe agito così rapidamente per defenestrare un elemento che il FMI e altre forze retrive — sinarchiste — gli avevano messo alle costole per “marcarlo”.
Siamo dunque alla sfida aperta: con l’aggravarsi della crisi finanziaria, Kirchner ha deciso di difendere gli interessi del paese, compreso il diritto alla re-industrializzazione. Prese in contropiede, le forze della speculazione finanziaria, che erano convinte di poter continuare indisturbate la politica del saccheggio iniziata negli anni Novanta, si affannano a gridare “populista” contro il presidente.
Il loro disappunto è aumentato quando le dimissioni di Lavagna sono state confermate del capo dello staff del presidente, Alberto Fernandez, che quello stesso 28 novembre ha indetto una conferenza stampa per annunciare i nuovi ministri degli Esteri, della Difesa e dello Sviluppo sociale (i ministri precedentemente in carica si sono trasferiti al Congresso a seguito delle vittorie elettorali del 23 ottobre). Ancora più inquietante, per quegli interessi, è stata la scelta di Felisa Miceli, presidente del Banco de la Nacion, in sostituzione di Lavagna.
E’ “una nessuno”, hanno scritto stizziti i quotidiani finanziari, lei non ha “le influenze” e la “rispettabilità” di un Lavagna. Senza “l’influenza moderatrice” di Lavagna l’Argentina intraprenderà una sterzata a sinistra allineandosi con Hugo Chavez, ha scritto un’economista dell’Università della California, secondo il quale Lavagna era “la voce della ragione” in questa “follia”.
Nella realtà dei fatti, il presidente argentino manovra con perizia nel nuovo scenario mondiale determinato dallo scontro terribile che sta scuotendo Washington, che vede proprio nell’occhio del ciclone l’offensiva di Lyndon LaRouche per “liquidare Cheney”, che riscuote sostegni sempre maggiori nelle istituzioni, a cominciare dal Congresso.
La cordata neo-conservatrice che fa capo al vice presidente Cheney non si era ancora ripresa dal rovescio subito al Vertice delle Americhe del 4 e 5 novembre, dove Kirchner e il presidente brasiliano Lula da Silva hanno fatto muro insieme, contro il tentativo di imporre un’area di libero scambio delle Americhe, FTAA. Prima di denunciare con decisione la politica del FMI di fronte ai capi di stato che hanno aperto i lavori del vertice il 5 novembre, Kirchner aveva personamente ammonito George Bush, chiarendo che l’Argentina abbandonerà il FMI se questo continuerà ad esigere nuove condizioni di austerità come base per qualsiasi accordo.

Attirare in trappola i “Napoleone Bonaparte”

Commentando la nuova situazione, Lyndon LaRouche vede le iniziative del presidente argentino come parte di una sapiente manovra volta ad indurre i “Napoleone Bonaparte” di oggi a compiere passi falsi. Occorre ricordare che già il 14 settembre, a nome del “Gruppo di Rio”, l’Argentina aveva proposto all’Assemblea Generale dell’ONU che si prendano le iniziative necessarie per indire una Nuova Bretton Woods per ricostruire il sistema finanziario mondiale. (vedi qui) Infuriati dalla sfida loro lanciata da Kirchner, i banchieri internazionali si faranno avanti con le loro richieste oltraggiosamente rigide ed esose, e lui a quel punto risponderà con un “no” chiaro e tondo. Una presa di posizione così semplice e netta riscuoterà senza dubbio moltissime simpatie, in tutto l’emisfero ed oltre, ed è questa la trappola in cui cadono gli aggressori. Krichner è ora impegnato a disporre le sue forze in modo da evitare che il paese possa cadere in preda alla paralisi o subire disfunzioni gravi quando scatta l’aggressione.
Kirchner ha ribadito in diverse occasioni, dopo il voto del 23 ottobre, che l’affermazione decisa del Fronte della Vittoria costituisce un mandato a procedere aggressivamente con il suo programma di ricostruzione economica del paese. In questa fase dunque sta consolidando una sua squadra di alleati politici di cui fidarsi e che condividono la sua impostazione “eterodossa”. La situazione è molto diversa da quella del maggio 2003, quando egli fu eletto con un margine risicato, solo il 22% dei consensi, e dovette accettare di mantenere Lavagna alle Finanze, sebbene quel posto gli era stato conferito dal suo nemico, il presidente uscente Eduardo Duhalde.
Dopo il voto di ottobre Kirchner ha rilanciato la campagna a favore del bene comune, sottolineando in particolare il ruolo “anticipatorio” che lo stato deve assumersi nel dirigere lo sviluppo economico e garantire opportunità uguali per tutti. In un discorso dalla Casa Rosada, il 29 novembre, Kirchner ha ribadito il proprio “impegno ad effettuare cambiamenti profondi in Argentina, e continuare ad affrontare le questioni più urgenti. Sappiamo di rappresentare solo un momento nella storia, un breve momento, e che saremo in grado di dare le risposte che questo breve momento della storia esige”.
Lavagna aveva sfidato la nuova impostazione dirigistica in un discorso del 22 novembre, in occasione del Congresso della Cámara Argentina de la Construcción, affermando che “la capacità dello stato di operare in certi settori non dovrebbe essere esagerata”. Ha continuato accusando i manager delle costruzioni di creare una “cartellizzazione”, di aumentare i costi dei lavori pubblici, di esigere profitti esorbitanti. La critica era in particolare rivolta a Julio De Vito, il ministro della Pianificazione che ha messo a punto un programma di sviluppo delle infrastrutture considerato il pilastro centrale nel piano di nuova industrializzazione del paese.
Rivolgendosi a sua volta allo stesso congresso, il presidente ha spiegato: “è cruciale capire che i lavori pubblici rivestono un’importanza centrale in ogni paese, e che essi non comportano una spesa pubblica improduttiva, come piace dire a qualche ‘esperto di statistica’.” Il modo migliore di combattere l’inflazione, ha aggiunto, è fare investimenti produttivi nelle infrastrutture.
Diversamente da Lavagna, Felisa Miceli è completamente d’accordo con la strategia di Kirchner per alleggerire il debito estero del paese ed è convinta che il paese non abbia bisogno “del corsetto” della politica del FMI. Grazie alla sua esperienza nel mondo delle banche pubbliche la Miceli ha una comprensione diretta dell’importanza che lo stato ricopre nel dirigere lo sviluppo nazionale e nella difesa del bene comune. Da tempo il FMI ha preso di mira, per privatizzarle, le due banche pubbliche che la Miceli ha diretto.
La nuova nomina avrà inoltre il suo peso nel dibattito in corso nell’Union Industrial Argentina (UIA) sulla necessità di istituire una banca nazionale per lo sviluppo, capace di erogare credito a lungo termine e a bassi tassi d’interesse per contribuire alla ricostruzione dell’industria nazionale, e fornire alla popolazione i benefici di nuovi posti di lavoro, della riqualificazione professionale e di migliori livelli di vita. L’UIA è generalmente favorevole all’indirizzo economico di Kirchner.

E il Brasile?

Due giorni dopo aver dato il benservito a Lavagna, Kirchner ha preso l’aereo per andare ad Iguazu in Brasile, dove è stato celebrato il ventennale dell’accordo di integrazione dei due paesi.
Il Brasile, un gigante economico, rappresenta per Kirchner una vera sfida, soprattutto perché il presidente continua ad accettare gli indirizzi economici che il FMI impone attraverso il ministro delle Finanze Antonio Palocci, e determina così una situazione che rende difficile cementare un’alleanza davvero solida. Lula continua ad evitare le polemiche con il Fondo e per questo non offre all’Argentina il sostegno che potrebbe, e di conseguenza questo genera tensioni tra i due paesi.
Una certa opposizione alla politica di Palocci, in Brasile, ha cominciato a coagularsi nel periodo in cui Kirchner stava preparando il rimpasto di governo in Argentina. L’intensità di questa opposizione è diventata tale per cui all’inizio di novembre si parlava della possibilità di un allontanamento di Palocci. Il ministro è però rimasto al suo posto, almeno per il momento, grazie alle pressioni di ambienti di Wall Street sul presidente Lula, che ha finito per cedere. Ma la questione è tutt’altro che risolta, perché Lula, con il suo passato da sindacalista, è in fondo preoccupato del benessere della popolazione e recentemente ha fatto sapere che sta leggendo una biografia di Franklin Delano Roosevelt e che sta accarezzando il progetto di una deviazione del fiume Sao Francisco per sviluppare la regione molto povera del Nordest, prendendo a modello la Tennessee Valley Authority con la quale Roosevelt bonificò e industrializzò una regione vastissima nel cuore degli Stati Uniti, negli anni Trenta.
Proprio su questo ha cercato di fare leva Kirchner, nel discorso molto personale che ha pronunciato a Iguazu. Facendo anche riferimento al recente successo riscosso insieme al Vertice delle Americhe, il presidente argentino ha sottolineato l’importanza della cooperazione tra i due paesi che si prospetta come asse centrale dell’integrazione sudamericana. I prossimi negoziati dell’Argentina con il FMI sono stati discussi dai due presidenti, ma con quale risultato non è stato reso ancora noto. L’incontro si è concluso con un cumunicato finale in cui si afferma tra l’altro: “I presidenti Lula e Kirchner difenderanno insieme, nei confronti delle istituzioni multilaterali del credito, la posizione secondo cui vanno evitate le condizioni che influiscono sulla capacità dei governi di promuovere politiche di crescita, di lavoro dignitoso e di inclusione sociale”.




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