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Nancy Pelosi propone “una nuova era di innovazione e competizione americana”

La capogruppo dei democratici alla Camera dei Rappresentanti USA, Nancy Pelosi, ha pronunciato un discorso all’Università di Harvard, il 2 dicembre, intitolato “Programma per l’innovazione, un impegno alla competitività affinché l’America resti al primo posto”. Parlando a nome dei parlamentari democratici, Pelosi ha detto: “Tutti gli americani sono gli eredi di una tradizione di innovazione. Gli Stati Uniti debbono la loro stessa esistenza alle idee imprenditoriali. I nostri fondatori erano convinti di essere parte di un cambiamento mondiale ed avevano una grande fiducia nel futuro.”

“Immaginiamo la loro visione del futuro. Nel fondare quel nuovo ordine i nostri fondatori allargarono i nostri orizzonti, ampliarono il nostro paese e auspicarono un mondo migliore. Riconobbero anche che ogni generazione è responsabile di fare dell’America un luogo migliore per la generazione che la segue, per la nostra posterità…”

“Rispondendo all’appello del presidente Kennedy ad assumere la leadership nella scienza e nell’industria, l’America edificò l’economia più attiva e divenne leader mondiale nella scoperta e nell’innovazione scientifica”.

Pelosi ha passato in rassegna le principali conquiste del “genio americano”, ed ha notato che ogni nuova scoperta “ha lanciato nuove industrie, creato nuovi posti di lavoro ed ha innescato altre innovazioni successive”, e che in tal modo si è affermata “una cultura imprenditoriale, creando la più salda alleanza tra pubblico e privato nella storia del mondo, investendo in idee a lungo termine e ad alto rischio…”

Il mondo oggi è cambiato, ha spiegato la parlamentare, e mentre altri si sono impegnati a seguire la tradizione americana, gli USA se ne sono purtroppo allontanati. “Altri investono nel miglioramento del sistema dell’istruzione, nella creazione di università di fama mondiale, in particolare per la scienza e la tecnologia. Noi abbiamo meno studenti nelle facoltà scientifiche e meno insegnanti di queste materie di quanti ne avremmo effettivamente bisogno. Quest’anno si laureano in ingegneria 70 mila studenti americani. In India se ne laureano nella stessa disciplina 350 mila e in Cina 600 mila. Loro si sono assunti un impegno alla ricerca ed allo sviluppo a lungo termine. Noi consentiamo che il nostro impegno in tal senso venga meno. Il sostegno dello stato federale alla ricerca di base raggiunse un massimo nel 1987 e da allora o è andato diminuendo o è rimasto stazionario”.

Nancy Pelosi ha quindi elencato le iniziative necessarie per ribaltare questa tendenza, in primo luogo ripristinando l’istruzione scientifica, che i parlamentari democratici hanno concordato dopo un’attenta discussione con gli esperti in ogni parte del paese.

“Per raggiungere questo obiettivo occorre aggiungere 100 mila scienziati, matematici e ingegneri alla forza lavoro esistente, in un arco di quattro anni, fornendo agli studenti borse di studio e altre forme di assistenza economica, insieme a nuove opportunità da parte del settore privato.

“Secondo, dobbiamo riconoscere come la ricerca scientifica indipendente fornisca la base per l’innovazione e le tecnologie del futuro. Noi prevediamo di raddoppiare i fondi federali per la ricerca di base e lo sviluppo delle scienze fisiche, e per promuovere una partnership tra pubblico e privato che si tradurrà in nuove idee, in tecnologie applicate alla produzione di mercato.

“Ad esempio le borse di studio della National Science Foundation hanno finanziato dei successi in ogni campo, dall’internet alle fibre ottiche alle nanotecnologie. È nostro impegno raddoppiare questi investimenti.

“Ci impegnamo inoltre a modernizzare e a rendere permanente il meccanismo degli sgravi e delle esenzioni fiscali per gli investimenti nella ricerca e sviluppo. Si tratta di investimenti che consentiranno di affrontare nuovi indirizzi a lungo termine per la ricerca da cui deriveranno nuovi progressi, nuove industrie e nuovi posti di lavoro di alta qualità.

“Terzo, riconosciamo che la realizzazione di comunicazioni e internet a banda larga, alta velocità, con collegamenti costanti e mobili, alimenterà lo sviluppo di milioni di nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti…”

“Quarto, riconosciamo che solo l’innovazione e la tecnologia possano condurre l’America all’indipendenza energetica. I dollari per l’energia dobbiamo spenderli nel Midwest e non nel Medioriente. … Il nostro obiettivo è l’indipendenza energetica ed intendiamo raggiungerla in 10 anni.

“Quinto, i democratici riconoscono che per la piccola e media industria occorre creare un ambiente competitivo all’insegna dell’innovazione. L’evoluzione di un’idea in una piccola impresa, fino a raggiungere il successo imprenditoriale, è stata la scintilla della rivoluzione tecnologica del paese e resterà la molla per la continua crescita dell’occupazione nel futuro.

“Pertanto il nostro programma esige un’assistenza sanitaria abbordabile, sostegno finanziario e tecnologico alle imprese e meno burocrazia…”

Gli industriali in sintonia con Nancy Pelosi

La National Association of Manifacturers (NAM) ha tenuto il 6 dicembre un “Summit nazionale sulla competitività” proponendo un programma molto simile a quello descritto da Nancy Pelosi nel discorso del 2 dicembre a Boston, da lei definito “un impegno alla competitività”. L’incontro, che si è tenuto al Dipartimento del Commercio, è stato ben accolto dalla capogruppo democratica, che ha auspicato una cooperazione bipartitica su queste inziative in un comunicato diffuso lo stesso giorno.
Nel discorso principale, il presidente del NAM John Engles ha proposto:
– un aumento del 10% degli investimenti statali per l’insegnamento delle materie scientifiche e tecniche.
– Raddoppio, entro il 2015, del numero dei diplomati nelle discipline scientiche e tecniche e aumento degli insegnanti per queste materie.
– Riforma dell’immigrazione per consentire a più stranieri di studiare e lavorare nei campi scientifici.
All’incontro hanno partecipato anche una cinquantina di amministratori delegati d’impresa, rettori universitari e scienziati, i quali, secondo quanto afferma un comunicato del NAM, “fanno pressione sugli esponenti del governo e i parlamentari affinché garantiscano maggiori stanziamenti alla ricerca e sviluppo”.
Alcuni partecipanti hanno rievocato il clima creato negli anni Sessanta dal programma spaziale Apollo, che favorì l’istruzione scientifica e che ispirò la loro carriera.

Su internet un’audizione dei democratici per la crisi dell’auto

La commissione istruzione e forza lavoro dei parlamentari democratici ha lanciato il 6 gennaio una e-hearing, una raccolta di testimonianze su internet, intitolata: “L’industria automobilistica americana è in crisi:  minaccia l’occupazione, i salari, la sanità e le pensioni dei ceti medi”.

I democratici sono stati costretti a ricorrere a questo espediente perché la maggioranza repubblicana ha deciso di non approvare delle regolari audizioni. George Miller, affermato parlamentare democratico della California, aveva già fatto ricorso a questo espediente la scorsa primavera, in occasione dello scontro per la privatizzazione delle pensioni, e aveva raccolto un’attenta partecipazione in ogni parte del paese.

I parlamentari della Commissione hanno sollecitato dipendenti e pensionati della General Motors e della Delphi a inoltrare per e-mail la loro testimonianza, tra il 6 ed il 15 dicembre.

L’on. Miller ha introdotto l’iniziativa asserendo che la crisi “ha urgente bisogno dell’attenzione del Congresso”. “La crescita dell’industria dell’auto ha reso possibile la moderna economia americana. Il duro lavoro e l’impegno della forza lavoro del settore auto sono l’esempio della produttività e dell’occupazione americane. Per decenni i lavoratori dell’auto hanno dimostrato come fosse possibile per le classi lavoratrici ottenere uno standard di vita decente ed una partecipazione nel sogno americano. Si sono battuti con successo per ottenere salari adeguati al mantemento di una famiglia, un’assicurazione sanitaria a prezzi contenuti sia per i lavoratori attivi che i pensionati, ed una pensione bastante a garantire la sicurezza per la tarda età. Si tratta di aspetti essenziali dell’occupazione a cui da tempo fanno riferimento altri lavoratori ed altre imprese”. Se GM e Delphi decurtano i salari, i benefici e i posti di lavoro, “gli effetti si faranno sentire in tutte le comunità. Ed un colpo del genere alla forza lavoro dell’auto – un bastione dei ceti medi – minaccia lo standard occupazionale di tutti gli americani … Troppo a lungo questo Congresso si è rifiutato di ascoltare la voce di chi lavora … ci riproponiamo di dare voce ai lavoratori ed alle loro comunità in questo Congresso”.

A Miller si sono uniti altri dieci parlamentari democratici che hanno deprecato lo smantellamento dell’industria automobilistica chiedendo, se non altro retoricamente, che si adottino dei rimedi.

Il parlamentare Dale Kildee, eletto nella zona di Flint in Michigan, dove la disoccupazione del settore auto è più macroscopica, ha scritto che i licenziamenti annunciati da GM e Delphi rappresentano un grave colpo per un settore manifatturiero già in difficoltà per la perdita di 3 milioni di posti di lavoro dal 2001. Aggraverà soprattutto la situazione sul fronte della sanità, dove si contano 45 milioni di americani senza copertura sanitaria, e quella della povertà, in cui è già relegato il 13% degli americani. “Oltre un milione di americani dipendono direttamente dall’industria automobilistica per vivere e altri milioni ne dipendono indirettamente”.

Il problema, ha scritto Kildee, è che “disgraziatamente il paese manca di un qualcosa che possa assomigliare ad una politica industriale, e senza di essa rischiamo il ridimensionamento strutturale dell’intera economia … Eliminando le tariffe e consentendo alle imprese di sfruttare il lavoro straniero sono andate distrutte intere imprese americane ed ha condotto al più alto deficit commerciale mai accumulato, ponendo l’America in una situazione economica di grande svantaggio”. Kildee ha sottolineanto l’importanza del suo disegno di legge (H.R. 4407) per “decretare una moratoria su tutti gli accordi liberoscambisti negoziati dagli Stati Uniti”.


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