Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

Il flagello degli hedge funds

31.7.07  – In un discorso ai giovani di diversi paesi dell’America Latina, Lyndon LaRouche ha parlato dei motivi dietro i crolli delle borse verificatisi la settimana scorsa, spiegando che il protrarsi del regime di speculazione degli hedge funds rischia di portare al collasso l’intero sistema.
In riferimento ad un articolo apparso il 28 luglio sul New York Times, in cui si ammettevano le dimensioni preoccupanti della crisi, lo statista democratico ha affermato: “La natura del problema è questa: considerando la situazione nella sua dimensione internazionale ci rendiamo conto che siamo giunti alla fase finale di disintegrazione del sistema finanziario mondiale. Gli avvenimenti delle ultime settimane, verificatisi internazionalmente, sono dovuti allo sfascio di aspetti del sistema definiti attività degli hedge funds.
“Il problema, adesso, è il seguente: il mondo è dominato da diversi tipi peculiari di imprese finanziarie. Gli hedge funds sono rappresentativi di ciò. Sono una sorta di gioco d’azzardo: è come lasciare che l’andamento dell’economia si decida sui tavoli verdi di Montecarlo o Las Vegas.
“Le basi di questo sistema poggiano su banche e altre risorse che presumibilmente sono risorse di ricchezza finanziaria, titoli, e sulla pratica di prendere in prestito quei titoli finanziari per acquistare qualcosa: di nuovo, un’opzione! Di conseguenza, quando si rileva un’impresa ... non la si paga, ma si promette di pagarla! Tale promessa dipende dalla consegna del denaro a sua volta promesso da entità come le grandi banche USA e altri grandi istituti simili. In questo le borse, come Wall Street, svolgono un loro ruolo. L’aspetto sostanziale di tutta la faccenda è che il tasso di crescita delle acquisizioni degli hedge funds  — o altre entità acquisitrici del genere che operano nei mercati mondiali, in particolare negli Stati Uniti, in Europa ecc.  — dipende dalla crescita del tasso di acquisizioni stesso.
“Dunque, mentre il volume delle acquisizioni è cresciuto, l’economia fisica reale invece di crescere è andata contraendosi ... L’economia mondiale è al collasso, se  misuriamo i livelli di vita fisici della popolazione”.
Questo significa, ha spiegato il leader democratico, “che siamo giunti al punto in cui l’intero mercato mondiale dipende dalla speculazione nelle acquisizioni di questo tipo, acquisizioni che comportano una contrazione e un collasso dell’economia!”. E’ questa contrazione fondamentale, tra il processo speculativo finanziario e la contrazione economica, che garantisce il disastro.

Si intensifica la campagna per l’impeachment di Cheney

31.7.07  Dopo l’annuncio dell’on. John Conyers, presidente della Commissione Giustizia al Congresso, che si è detto pronto a iniziare una procedura di impeachment nei confronti di Cheney in Commissione se altri tre parlamentari sottoscriveranno la risoluzione dell’On. Dennis Kucinich, si sono intensificate le pressioni sul Congresso. Il 24 luglio l’on. Robert Brady, democratico di Filadelfia, al Congresso da sei legislature, ha aggiunto il suo nome all’House Resolution 333, il disegno di legge presentato da Kucinich per l’impeachment. Lo stesso giorno l’on. Diane Watson, democratica della California, ha dichiarato ad alcuni giovani del movimento giovanile di LaRouche (LYM) che si trovavano a Capitol Hill per raccogliere consensi sull’impeachment, che avrebbe firmato il disegno di legge. Una telefonata alla sua segreteria a Washington ha confermato che la Watson “sostiene” il d.d.l. 333 ma che non ha ancora firmato. Anche la segreteria dell’on. Caroline Kilpatrick ha risposto ai giovani del LYM che la congressista pianifica di firmare il ddl.
L’umore in tutti gli Stati Uniti è sempre più favorevole all’estromissione di Cheney. Un esempio indicativo è l’incontro organizzato il 21 luglio dall’on. Xavier Becerra a Eagle Rock, in California. L’80% delle domande rivolte al parlamentare, dopo il suo discorso introduttivo, riguardavano l’impeachment. Becerra, che è assistente del Presidente del Congresso Nancy Pelosi, è stato bombardato di richieste per l’impeachment, e quando ha cercato di spostare la discussione sul ritiro delle truppe americane dall’Iraq, un giovane del LYM è intervenuto citando l’articolo del Guardian del 16 luglio, che dimostra che Cheney mantiene una posizione di controllo a Washington, aggiungendo che se non verrà estromesso prima dell’estate provocherà un’altra guerra in Iran.
Anche nel Partito Repubblicano aumentano le richieste di dimissioni di Cheney, che è un bastone tra le ruote ad una possibile rielezione. Sul Financial Times del 25 luglio, Bruce Fein ha rivelato che alcuni membri del Partito Repubblicano stanno “tramando per estromettere Mr. Dick Cheney… il nostro vicepresidente imperiale” prima delle elezioni del 2008. Fein è un ex funzionario dell’amministrazione Reagan e un avvocato costituzionalista. E’ il terzo collaboratore di Reagan a mettere in guardia dall’anticostituzionalità dello strapotere di Cheney alla Casa Bianca.
 
 
 

LaRouche ammonisce Nancy Pelosi

 
28.7.07  In una dichiarazione rilasciata il 26 luglio 2007, l’economista e leader democratico Lyndon LaRouche afferma: “Se Cheney facesse scoppiare un’altra guerra, in assenza di un procedimento di impeachment a suo carico per omissione del Presidente del Congresso USA Nancy Pelosi, allora sarebbe lei a dover rassegnare le dimissioni dal suo incarico. Le conseguenze di tale sviluppo sarebbero tali da poter indicare nella prolungata associazione tra Felix Rohatyn e Nancy Pelosi un fattore di corruzione nel comportamento di quest’ultima.”
 
E’ finito il tempo della “diplomazia”. Lyndon LaRouche sottolinea che è in gioco il destino stesso della civiltà. Ciò che farà o non farà Nancy Pelosi influenzerà il destino di ogni americano. Dunque, valutando quanto riferitogli in merito alla codardia dei membri del Congresso sul tema del sostegno all’impeachment di Cheney, Lyndon LaRouche ha sottolineato quanto segue: se Nancy Pelosi è davvero decisa, se non ad annullare, a continuare a placare - dall’alto del suo incarico – il movimento popolare che esige l’impeachment, dovrebbe decidersi a rassegnare le dimissioni.
 
Se continuerà a bloccare le iniziative che mirano all’impeachment di Dick Cheney, e Cheney lanciasse il suo attacco all’Iran, diventerebbe ovvio alla gente che il suo comportamento è stato troppo a lungo influenzato dal noto sostenitore della “rivoluzione negli affari militari” di Cheney, il proto-fascista Felix Rohatyn cresciuto negli ambienti simil-nazisti della sinarchia internazionale.
 
A tutti coloro che desiderano vincere la battaglia per l’estromissione di Cheney, prima che faccia tuonare i suoi “Cannoni d’Agosto”: non otterrete alcun risultato a meno che non mettiate in guardia Nancy Pelosi dal suo errore, esigendo che cambi rotta immediatamente.
 
 
 
Gli hedge funds in fuga dalla Germania
 
24.7.07    Secondo un sondaggio Harris pubblicato il 23 luglio, la grande maggioranza della popolazione di molti paesi europei è convinta che la globalizzazione abbia effetti negativi e in particolare è contraria ai continui tagli delle tasse ai redditi alti dei dirigenti e manager di hedge funds e private equity. Germania e Danimarca in particolare hanno recentemente approvato misure per impedire che private equity e hedge funds aggirino il fisco specialmente nelle operazioni di acquisizione delle imprese condotte con denaro preso in prestito.
La legge approvata in Germania sembra molto decisa ed è scaturita a seguito di uno scontro politico avvenuto per lo più dietro le quinte proprio sulla regolamentazione degli hedge funds nel contesto del vertice del G8 a Heiligendamm.
La nuova legge tedesca entrata in vigore il 1 luglio, hanno spiegato degli esperti all’EIR, riduce lievemente la pressione tributaria complessiva sulle imprese, ma la sposta a monte, prima della deduzione delle spese per gli interessi sui debiti, con una esenzione limitata soltanto ad un massimo del 30% di tali spese. Le imprese sono inoltre tenute a documentare al fisco tutti i finanziamenti ricevuti, anche dall’estero. Per i fondi scatenati nei takeover, noti in Germania come locuste finanziarie, questa è proprio una sventura giacché effettuano le acquisizioni prendendo in prestito volumi enormi di denaro, caricano poi questo debito sui bilanci delle imprese acquisite e deducono gli interessi enormi che debbono pagare dal reddito imponibile, garantendosi in tal modo l’esenzione fiscale. Inoltre trasferiscono off-shore alcuni settori delle imprese acquisite, ad esempio le entità che detengono i brevetti, in modo che anche le royalties riscosse diventano esentasse. La nuova legge si premura di tappare anche questa falla.
Mentre qualche altra scappatoia dev’essere ancora arginata, i takeover in barba al fisco sono diventati più difficili in Germania e i grandi hedge funds hanno cominciato ad abbandonare il paese.
La nuova legislazione che entrerà in vigore in Danimarca il 1 gennaio 2008 è simile a quella tedesca ma è meno rigida. Sono deducibili dall’imponibile il 45% delle spese per gli interessi, ma con il tetto del 6,5% dell’imponibile totale del capitale dell’impresa. Non sono più deducibili parcelle e commissioni percepite dai fondi o dalle loro banche. Tutte le royalties sui brevetti sono rigorosamente tassate al 12,5%.
Negli Stati Uniti qualche ufficio parlamentare sta esaminando questi modelli per eventuali iniziative analoghe.

Cheney ordisce un nuovo 11 settembre?

24.7.07    Questa è la domanda che l’esponente democratico americano Lyndon LaRouche ha posto a seguito degli sviluppi che hanno fatto seguito al vertice USA-Russia dei primi di luglio a Kennebunkport. Anche a Washington ci sono osservatori attenti che sono convinti che Cheney abbia reagito a quegli sviluppi moltiplicando gli sforzi per una guerra degli USA con l’Iran.
Ciò è ad esempio riflesso sulle pagine del Guardian, che il 16 luglio riferiva di incontri avuti dal vicepresidente con esponenti della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono per sostenere la linea secondo cui l’opzione diplomatica è inconcludente e che bisogna quindi passare all’opzione militare. Per giustificare una guerra occorre naturalmente una nuova provocazione terroristica, come ha denunciato Paul Craig Roberts (vedi oltre).
Intanto ai militari viene detto di preparasi: le portaerei Nimitz e Stennis incrociano nelle acque del Golfo Persico mentre la Enterprise le raggiungerà presto. Manovre navali sono previste nella zona per settembre e, secondo fonti iraniane, gli USA prevedono il ridispiegamento di unità navali al di fuori del raggio immediato delle forze iraniane, nel Golfo di Oman, o nella Baia del Bengala, dove si terranno pronte ad intervenire.
A tirare la volata guerrafondaia di Cheney c’è il senatore “indipendente” Joe Lieberman, che l’11 luglio è riuscito a far approvare un emendamento al bilancio militare che prevede ogni due mesi un rapporto dell’intelligence al Congresso sulle iniziative antiamericane prese dall’Iran in territorio iracheno. E sempre allo stesso scopo è stato nominato inviato speciale il generale in congedo Kevin Bergner, della cordata di Cheney.
 
Il rebus di Sarkozy
Mentre una valutazione della presidenza di Nicolas Sarkozy merita un esame approfondito, vogliamo qui solo notare che il nuovo presidente ha preso un indirizzo da lui stesso definito “bonapartista”, mirante a proteggere il mondo degli affari e della finanza che lo hanno portato al potere, ma sempre nel contesto del sistema di globalizzazione finanziaria vigente. Solo i più adatti sopravviveranno in questa giungla oligarchica e Sarkozy si preoccupa di far sì che certi interessi francesi sopravvivano, con annessi e connessi.
Voci sulle manovre del presidente per costituire un conglomerato nucleare francese confermano la sua determinazione a costruire “campioni nazionali” in diversi settori, a cominciare proprio da quello energetico, suscitando l’indignazione del Cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling, secondo il quale il patriottismo altro non è che una mascheratura del “protezionismo”.
Prima del nucleare Sarkozy aveva avviato i negoziati per creare un cartello del gas che prevede la fusione di Gaz de France, Suez e la Sonatrach algerina.
Il settimanale economico tedesco WirtshaftsWoche riferisce che Sarkozy mira a rilevare il 34% di Siemens in mano ad Areva NP, l’impresa costituita nel 1999 da Siemens e Framatome e poi fondere Areva, Alstom (energia) e Bouygues (prima costruttrice francese) per dare vita ad un forte conglomerato del nucleare francese. La Francia può far valere la clausola del contratto che le consente di rilevare la quota Siemens per un miliardo di euro. Questa strategia è stata per il momento negata dal portavoce di Areva Charles Hufnagel, ma il capo di Siemens Peter Loescher ha poi dichiarato di “sperare nel sostegno di Angela Merkel” per contrastare il progetto di Sarkozy.
Ma, come Napoleone che creò la Banque de France con capitali stranieri, Sarkozy è anche disposto a dare la loro fetta di torta ad interessi finanziari stranieri. Nel contesto di questa manovra volta a garantire le risorse energetiche alla Francia si colloca anche la politica francese verso il Sudan. La visita della scorsa settimana del premier britannico Gordon Brown e del segretario degli Esteri David Milliband si è conclusa con un appello dei due paesi ad intervenire  congiuntamente in Darfur, nel  Sudan e nel Ciad. Ma in realtà se iniziative del genere dovessero mai concretizzarsi, avverrebbero secondo la proposta presentata dalla Francia all’ONU che prevede contingenti da 15-20 mila uomini da dispiegare nell’area sotto l’egida congiunta di ONU e Unione Africana. La proposta dev’essere ancora adottata come risoluzione dell’ONU. Se fosse approvata rappresenterebbe un dispiegamento militare colonialista di vaste proporzioni mirante a prendere il controllo di quei campi petroliferi su cui si appuntano da tempo gli occhi dell’oligarchia finanziaria.
 
 

I cannoni di agosto 2007: il dito di Cheney è già sul grilletto

22.7.07 Il Guardian di Londra dello scorso 16 luglio riferiva che il presidente Bush, subendo la forte influenza del suo vice Dick Cheney, sarebbe favorevole a condurre un’azione militare contro l’Iran prima che finisca il suo mandato. Sembra infatti che Cheney abbia sfruttato alcuni incontri, avvenuti nei mesi di giugno e luglio tra alti funzionari della Casa Bianca, del Pentagono e del Dipartimento di Stato, per suggerire che a fronte del fallimento dei tentativi diplomatici promossi dal Segretario di Stato Condoleezza Rice e dal Segretario alla Difesa Robert Gates, non si possa sperare che un’altra Amministrazione degli Stati Uniti, successiva a Bush, avrà il coraggio di agire militarmente contro Teheran.
Bush, allora, avrebbe abboccato ancora una volta: così è tornato a vagare per le strade di Washington lo spettro di una nuova guerra preventiva nel Golfo Persico.
 
L’EIR ha contattato fonti molto informate in proposito le quali, oltre a confermare, hanno commentato quella che sembra una soffiata al Guardian da parte di ambienti vicini alla Casa Bianca che si oppongono ad un attacco contro l’Iran. Le fonti dell’EIR hanno confermato l’ennesima subordinazione del presidente Bush, il quale è tornato a favorire Cheney, sostenendo cioè che i presunti impianti nucleari militari debbano essere colpiti preventivamente; pare che uno degli argomenti più persuasivi adoperati da Cheney e dai suoi compari neoconservatori è che in mancanza di un attacco americano a Teheran, ci penserebbero gli israeliani a colpire per primi, e che questo creerebbe una confusione ancor più grande, a Washington.
 
Ancora secondo il Guardian, parlando a nome di alcuni protettori di Cheney a Londra, Patrick Cronin, direttore di studi presso la sezione londinese dell’Istituto Internazionale di Studi Strategici (IISS), uno dei principali ‘pensatoi’ anglo-americani, ha detto: “Cheney ha ancora poche carte da giocare, ma se volesse usarle tutte in questo momento, potrebbe avere ancora un certo impatto… La linea rossa non è in Iran. La linea rossa è in Israele. Se Israele si attiene alla linea dura, allora attaccherà; gli Stati Uniti dovranno poi intraprendere azioni decisive. Le opzioni quindi sono: dire di no ad Israele, lasciare che Israele faccia il lavoro, o farlo da sé”.
 
Il consenso tra gli strateghi militari americani è sull’incapacità di Israele di arrecare un serio danno al programma iraniano, senza il ricorso alle armi nucleari, poiché esso ora sarebbe fin troppo ampiamente diffuso sul territorio nazionale.
 

I due Lieberman

 
22.7.07 Mentre conduceva il suo gioco di potere in seno all’Amministrazione, Cheney ha ricevuto sostegno dai “due Lieberman”. Nei primi giorni di luglio, il Ministro israeliano per gli Affari Strategici Avigdor Lieberman ha visitato Bruxelles per incontrare alcuni funzionari della NATO e al suo ritorno ha detto, parlando alla Radio dell’Esercito israeliana, di aver ottenuto il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa in fatto di attacchi preventivi contro i siti nucleari iraniani. Lieberman, noto tra gli analisti israeliani come “la cosa in Israele più vicina ad un nazionalsocialista”, ha sostenuto che, se Israele lanciasse un attacco aereo contro i siti nucleari dell’Iran, la NATO si unirebbe a difesa di Israele in caso di risposta da parte iraniana. Lieberman non avrebbe potuto essere più palese: “Siamo bloccati in Afghanistan, e le truppe europee e americane si stanno crogiolando nel caos insolubile dell’Iraq; è una situazione che impedisce ai leader delle nazioni europee e americane di decidere di usare o no la forza per distruggere gli impianti nucleari iraniani. Dunque”, egli ha concluso, “alla fine della fiera, Israele dovrà rimuovere le minacce nucleari create dall’Iran con i mezzi a sua disposizione, e non potrà contare sul sostegno della cooperazione internazionale”. Ma, ha poi dichiarato, “l’Europa e gli Stati Uniti ci sosterranno”.
 
Lo stesso giorno in cui Avigdor Lieberman stava minacciando un’azione preventiva israeliana, l’ex senatore democratico Joseph Lieberman ha introdotto un emendamento alla proposta di bilancio del Dipartimento della Difesa, richiedendo che le agenzie d’intelligence americane redigano un rapporto al Congresso sulle attività iraniane in Iraq ogni 60 giorni.
 
Con tale emendamento, Lieberman mirava chiaramente a far registrare ufficialmente una prima traccia del sostegno da parte del Senato ad una politica ostile all’Iran; nonostante quell’emendamento contenesse alcune frasi dubbiose, se non apertamente false, insinuanti il sostegno da parte iraniana di operazioni militari contro le truppe americane di stanza in Iraq, il Senato ha votato supinamente a favore del suo complotto, all’unanimità.
 
Se vi fossero ancora dubbi sul fatto che Joe Lieberman si muove in stretto coordinamento con Cheney, basti la lettura dell’emendamento a chiarire la situazione. Esso è stato ampiamente citato dal generale Kevin Bergner, ex consigliere militare del neo-con Elliott Abrams al National Security Council, il quale è stato mandato a Baghdad nel giugno 2007, per condurre una speciale manipolazione per conto della Casa Bianca sui reportage di guerra.
 
Da Baghdad, Bergner ha organizzato una sorta di flusso continuo di disinformazione o di affermazioni esagerate sul coinvolgimento iraniano nell’insorgenza irachena. La sua propaganda da Baghdad, stando a fonti del Pentagono, ha infuriato gli Stati Maggiori Riuniti, i quali vi vedono un revival di false informazioni, fornite dall’Ufficio per i Progetti Speciali del Pentagono (Office for Special Plans) all’Ufficio del Vicepresidente, nella escalation verso l’invasione dell’Iraq. Questa volta, non v’è nemmeno l’accortezza nel far provenire la propaganda bellica dai servizi d’intelligence del Pentagono. Questa volta, le “balle” vengono direttamente da Baghdad, attraverso il generale Bergner, e giungono immediatamente a Cheney, Lieberman, ecc., e trovano sempre più spazio su CNN e altri media.
 
Rimuovere Cheney 
22.7.07 L’operazione di Cheney nasce in risposta agli sviluppi internazionali positivi, principalmente dovuti alle iniziative degli ex presidenti americani Clinton e Bush Sr., con i quali si è giunti, tra l’altro, al vertice di Kennebunkport, durante il quale il presidente russo Putin ha proposto un accordo strategico tra USA e Russia che fa eco alla iniziale proposta di Lyndon LaRouche, nota con il nome datole da Reagan, l’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI).
 
E’ per questo motivo che Lyndon LaRouche, in un dialogo con alcuni diplomatici, avvenuto a Washington il 19 luglio scorso, ha ribadito la necessità di rimuovere Cheney dal potere, per evitare che i Cannoni d’Agosto tuonino ancora.
E’ per questo stesso motivo che LaRouche ha ripetuto l’invito ad Hillary Clinton di chiedere l’impeachment, con il quale ella si garantirebbe una “vittoria per acclamazione” nella corsa alla Casa Bianca.
 
Le parole di LaRouche sono ascoltate anche in ambienti repubblicani ove la permanenza di Cheney alla Casa Bianca è sempre più vista come un elemento che contribuirà alla perdita delle elezioni presidenziali del 2008. Alcuni repubblicani, come Bruce Fein (ex funzionario del Dipartimento di Giustizia all’epoca di Reagan), Patrick Buchanan, (ex candidato presidenziale) e Phil Giraldi, ex funzionario della CIA e ora editorialista della rivista American Conservative, si sono già spinti a chiedere l’estromissione immediata di Cheney per porre fine al fiasco in Iraq.
Il ruolo di Cheney nel caos iracheno è reso più evidente dalle notizie più fresche che riguardano le diverse “insorgenze”. L’Arabia Saudita, stando ad alcune rivelazioni di esperti di intelligence in colloquio con l’EIR, starebbe versando denaro e armi nelle mani delle tribù sunnite dell’Iraq settentrionale, attraverso il consigliere di sicurezza nazionale del Re Abdullah, che è nientepopodimenoché il principe Bandar, principale alleato di Cheney.
 
Queste nuove formazioni di “ribelli” si affiancano all’organizzazione di Bin Laden, come una “seconda Al-Qaeda”, per servire al gioco di Cheney, nello schema previsto a Londra da gente come Bernard Lewis, per scatenare un conflitto permanente tra sunniti e sciiti.
 
Così, il patto Cheney-Bandar si presenta come uno dei fattori propulsivi e provocatori di una prossima esplosione armata. Un emissario del principe Bandar, per esempio, in questo mese di luglio ha finanziato con 750.000 dollari il gruppo Mujahideen e-Khalq (MEK), che riunisce degli esuli iraniani un tempo al soldo di Saddam Hussein, una delle organizzazioni elencate nella lista del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato USA. Il MEK al momento è impegnato in operazioni di assassinio e sabotaggio in territorio iraniano, con il supporto entusiastico di alcuni neo-con a Washington, tra cui Daniel Pipes, il quale ha recentemente partecipato ad un loro incontro nei pressi di Parigi.

di Jeffrey Steinberg

Il Principe Bandar è al centro dello scandalo della britannica BAE Systems. I suoi fondi neri, ora sono al servizio dello schema guerrafondaio di Cheney. Per quanto riguarda lo scandalo della BAE Systems, rimandiamo i lettori alle pagine:

www.movisol.org/07news105.htm
www.movisol.org/07news107.htm
 
 
Appello ai candidati democratici alle primarie negli Stati Uniti

20.7.07 Su iniziativa di un membro del movimento giovanile di LaRouche (LYM), delegati del Congresso dei Young Democrats of America (YDA) riuniti a Dallas (Texas) il 19 luglio hanno adottato il seguente appello che verrà consegnato a tutti i candidati democratici.
Noi membri dei Giovani Democratici d’America e partecipanti al Congresso Nazionale dei Young Democrats nel 2007 riteniamo necessario dichiarare che i candidati che vorranno il nostro sostegno alle primarie democratiche del 2008 avranno il dovere e la responsabilità di dimostrare la loro dedizione ai principi fondatori della Costituzione americana ed al bene comune del Popolo americano, chiedendo pubblicamente le dimissioni o l’impeachment del vicepresidente Dick Cheney. 
 
 
20.7.07  Il Senato pubblica il resoconto dell’audizione di LaRouche alla Commissione Difesa
Il sito web del Senato della Repubblica italiana ha pubblicato il resoconto stenografico dell’audizione di Lyndon LaRouche alla Commissione Difesa il 5 giugno 2007 nel contesto dell’indagine conoscitiva sullo stato attuale e sulle prospettive dell’industria della difesa e sulla cooperazione in materia di armamenti. Dopo l’intervento iniziale di LaRouche, si possono leggere le domande e i commenti di senatori di vari partiti. Segue il link:
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/
stenografici/15/comm04/04a-20070605-IC-0443.pdf
 
 
 

Proposta istituzione bipartisan per le infrastrutture in Italia

18.7.07  “Il movimento di LaRouche in Italia sostiene con entusiasmo la proposta del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, di affidare la politica delle infrastrutture in Italia ad un consiglio bipartisan”, ha dichiarato il vicepresidente nazionale di Movisol, Claudio Celani, commentando la proposta formulata da Di Pietro in una conferenza a Roma e riportata in un articolo del Messaggero il 13 luglio. “Da anni Movisol chiede una politica bipartisan sulle infrastrutture, e proprio un mese fa Lyndon LaRouche a Roma ha riscosso sostegni da rappresentanti di governo e dell’opposizione per il suo progetto infrastrutturale del Ponte Eurasiatico di Sviluppo”, ha aggiunto Celani, ricordando in particolare che il Vicepresidente della Camera Giulio Tremonti e il sottosegretario allo Sviluppo Alfonso Gianni ne avevano dibattuto pubblicamente con LaRouche.
 “Di Pietro ha evidentemente raccolto questi segnali e giustamente lanciato la sfida per superare il sabotaggio dei Verdi e di altre forze contrarie allo sviluppo presenti sia a destra che a sinistra”, ha affermato Celani.
Di Pietro ha fatto la sua proposta in una conferenza a Roma, alla presenza di Romano Prodi, Walter Veltroni, di rappresentanti dell’industria e dell’opposizione, come Roberto Formigoni e Letizia Moratti. Tutti si sono dichiarati d’accordo. Nei giorni precedenti, i verdi e altri avevano votato contro il capitolo infrastrutture del Dpef in Commissione Lavori Pubblici della Camera, che prevede modesti stanziamenti per quattro fondamentali opere giudicate prioritarie: il Corridoio 1 Berlino-Palermo, che comporta il tunnel del Brennero di 63 km; la Torino-Lione (Corridoio 5 Lisbona-Kiev) con il tunnel transalpino di 52 km.; il Corridoio 24 Rotterdam-Genova (il secondo valico con il tunnel di Giovi); e il collegamento Trieste-Dvaca (anche parte del Corridoio 5). Queste opere sono state definite un „disastro ambientale“ dai verdi. La mossa di Di Pietro scavalca questo ostruzionismo.
 Il 18 luglio Di Pietro ha firmato assieme al collega francese la petizione per ottenere i fondi EU alle quattro opere. Si tratta di un miliardo di Euro, ben poco rispetto ai 32 previsti in totale. Lo stesso governo ha messo a bilancio fondi per 3,3 miliardi all’anno. E’ chiaro che, oltre all’ostacolo rappresentato dal “partito del no”, occorre affrontare l’altro ostacolo di cui si parla in questi giorni a causa della posizione francese: i vincoli del Patto di Stabilità. Il governo parigino è deciso a sforare il tetto del deficit per finanziare un programma dalla dubbia efficacia. Aldilà del merito, se Sarkozy ignora i vincoli di bilancio per finanziare il taglio delle tasse, a maggior ragione si può – si deve – porre sul tavolo la questione degli investimenti e di un bilancio capitale separato da quello delle spese correnti e delle spese generali.

Lo scandalo BAE non è insabbiato

18.7.07  Nonostante i tentativi di insabbiare le indagini sulla British Aerospace (BAE Systems – cfr. Strategic Alert N. 24-25) sugli intrallazzi del principe saudita Bandar bin Sultan con una serie di funzionari governativi britannici negli ultimi 25 anni, stanno comunque partendo alcune serie inchieste. Il Times del 10 luglio riferiva che il Dipartimento di Giustizia USA intende interrogare diversi politici e funzionari britannici a cominciare dall’ex premier britannico Margaret Thatcher, ma anche lord Michael Heseltine, lord James Blythe e sir Colin Chandler,  cioè tutti i direttori della Defense Export Services Organization, l’ufficio che smistava le bustarelle, succedutisi nel periodo in questione. Il Sunday Telegraph  del 15 luglio riferiva che il Dipartimento di Giustizia USA ha richiesto la collaborazione del Serious Fraud Office britannico (SFO), l’ufficio antifrode e riciclaggio del Procuratore generale.
Secondo il Times però, da parte britannica non c’è molta voglia di cooperare. Scrive infatti il giornale britannico che il dipartimento di Giustizia USA “incontrerà forse difficoltà nel raccogliere i fatti, visto che gli aspetti specifici sono protetti dal segreto di stato”. “I funzionari implicati nei negoziati preliminari e in quelli successivi per la definizione dell’accordo sono anche tutti firmatari dell’Official Secret Act”, ovvero la legge sulla segretezza. Infatti il governo di Blair ha chiuso le indagini intraprese dal SFO sostenendo che mettevano a repentaglio la sicurezza nazionale. Adesso sembra che il direttore del SFO fosse disposto a violare la legge pur di insabbiare l’inchiesta. Il New Statesman riferiva sul numero del 9 luglio che sono stati ottenuti nuovi documenti da cui risulta la violazione della convenzione dell’OCSE per la lotta alla corruzione che è stata sottoscritta dall’Inghilterra. Il direttore del SFO Robert Wardle è pronto ad infrangere la legge se occorre, riferisce il giornale: “La minaccia alla sicurezza nazionale e internazionale era tale per cui nel caso che, a proposito di tali questioni, avesse dovuto violare le disposizioni di legge, egli le considerava di importanza tale da essere pronto a farlo”.
Un motivo per cui Wardle era disposto a scherzare con la legge è che l’ambasciatore britannico in Arabia Saudita, sir Sherard Cowper-Coles, gli aveva personalmente detto che l’indagine metteva a repentaglio la vita di sudditi britannici. Come riferiva il Daily Mail del 12 giugno, sir Sherard incontrò Wardle il 30 novembre 2006: “Durante tale incontro [Wardle] ottenne conferma diretta dall’ambasciatore [sir Sherard] che la minaccia alla sicurezza nazionale e internazionale era in effetti gravissima. Secondo la sua formulazione, si rischiava la vita dei britannici su strade britanniche.” Il Daily Mail ha ottenuto le informazioni attraverso la legge per la libertà d’informazione USA, la FOIA, contenute nei documenti preparati per Wardle da un ufficio legale del Tesoro. Tra sir Sherard e Wardle ci sono poi stati altri due incontri e l’inchiesta è stata chiusa il 14 dicembre. Sir Sherard avrebbe detto a Wardle che l’Arabia Saudita avrebbe sospeso la sua cooperazione con l’anti terrorismo se l’inchiesta fosse continuata. “Sostenne che i sauditi non stavano bluffando e che la minaccia alle vite inglesi era reale”.
La denuncia di LaRouche nel caso BAE
Nel servizio sullo scandalo BAE pubblicato il 15 luglio il Sunday Telegraph forniva diversi collegamenti internet al sito di LaRouche negli USA.
Le analisi dell’EIR sono state riprese da due articoli del 27 giugno anche da www.dedefensa.org, un sito belga in francese ed inglese, con un vasto pubblico di esperti di difesa europei visitato in media da 100 mila lettori. Un nuovo e più ampio articolo è stato postato sullo stesso sito l’8 luglio che citava dall’edizione del 29 giugno dell’EIR.
Dedefensa cita l’EIR nel definire lo scandalo BAE “colossale” e di “dimensioni davvero globali”, che “abbracciano e sono rivelatrici del sistema USA/Regno Unito/Arabia Saudita” che comprende “armi/petrolio/dollari”. Dedefensa valuta l’articolo dell’EIR “di buona qualità, anche migliore” di quelli del  New York Times, del Financial Times o Le Monde, “se si considera come questi giornali siano propensi alla propaganda, senza la minima critica alle menzogne ed alle imposture dei poteri ufficiali”.
Persino il settimanale francese Nouvel Observateur, storicamente avverso ad ogni idea di LaRouche, ha fatto un riferimento al sito dell’EIR nel servizio sulla BAE.
 
 
 
Se Hillary Clinton chiederà l’impeachment di Cheney vincerà per acclamazione

13 luglio (LPAC) – “Se Hillary Clinton chiederà a viva voce le dimissioni immediate del vicepresidente Dick Cheney, potrebbe vincere la presidenza per acclamazione” ha dichiarato oggi Lyndon LaRouche, commentando la reazione a furor di popolo che si è avuta a un incontro democratico quando è stato menzionato l’impeachment di Cheney. Il 12 luglio, ad un incontro a Detroit, il pre-candidato democratico alla Presidenza Dennis Kucinich (Democratico, Ohio) è stato accolto da un lungo applauso fragoroso quando ha sollevato la questione dell’impeachment di Cheney, che egli stesso ha presentato al Congresso come un disegno di legge, la House Resolution 333.
Due giorni prima, parlando a un programma radiofonico, l’Ed Shultz Show, anche la Senatrice Barbara Boxer (Democratica, California) aveva raccolto consensi quando ha dichiarato all’intervistatore che “bisogna mettere l’impeachment all’ordine del giorno”.
LaRouche ha commentato che quando i membri del Congresso erano nei loro collegi durante le vacanze del 4 luglio sono stati “presi a botte dalla base” sulla questione delle dimissioni di Cheney. Tornati a Washington, il comportamento di Kucinich e della Boxer riflette questa richiesta a gran voce dai cittadini. La reazione suscitata dall’on. Kucinich è ancor più importante di quello che ha detto, e cominciano a capirlo anche altri membri del Congresso, ha commentato LaRouche. Così, se la Senatrice Clinton “chiedesse a viva voce” e con decisione le dimissioni immediate di Cheney “potrebbe vincere la presidenza per acclamazione” ha sottolineato LaRouche.
 
 
 
Al Gore vs. la realtà scientifica
 
14.7.07 Sull'edizione del 30 giugno 2007 del Chicago Sun Times, compare un articolo di James M. Taylor dal titolo "Le menzogne allarmiste sul riscaldamento globale ‘si sciolgono’ di fronte alle prove scientifiche". In questo articolo, il giornalista, elencando alcune 'balle' presenti nel suo noto film di terrorismo psicologico, sfida Al Gore a seguire il suo stesso consiglio, affinché la "scienza" e la "ragione" siano ammesse nel dibattito sul riscaldamento globale.

Ecco la lista delle panzane, e della relativa confutazione scientifica.

1. Gore sostiene che i ghiacciai dell'Himalaya si stiano sciogliendo a causa del riscaldamento globale. Ciò è falso, come dice l'American Metereological Society's Journal of Climate nella sua edizione del settembre 2006.

2. Gore sostiene che le nevi della cima del Kilimangiaro si stiano sciogliendo. Ciò è falso, come dice Nature Magazine nella sua edizione del 23 novembre 2003.

3. Gore sostiene che il riscaldamento globale stia causando i tornado. Non è d'accordo nemmeno il Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) del febbraio 2007.

4. Gore sostiene che il riscaldamento globale stia aumentando la frequenza e la gravità degli uragani. Chris Landsea e William Gray, esperti di uragani, non sono affatto d'accordo. Non è di questo parere nemmeno l'edizione del 18 aprile 2007 di Geophysical Research Letters.

5. I deserti africani si stanno ampliando. New Scientist dice di no, nella sua edizione del 16 settembre 2002.

6. La Groenlandia si sta sciogliendo rapidamente. No, dice il Journal of Glaciology.

7. Gore dice che gli strati ghiacciati dell'Antartide si stanno sciogliendo a causa del riscaldamento globale. Falso: nel numero del 14 gennaio 2002 di Nature Magazine si afferma che si stanno raffreddando in modo significativo da decenni.

Complimenti, Al!
 
 
 
LaRouche definisce “idiozie” le dichiarazioni di Bush sull’Iraq
 
13.7.07 Nel corso della conferenza stampa sulla situazione in Iraq, il Presidente Bush ha ammesso che non è stato raggiunto nessuno degli obiettivi stabiliti dal Congresso, ed ha cercato di addossare la colpa di questo fallimento a Iran, Siria, agli Hezbollah e Al Qaida. Bush ha anche denigrato il Congresso, dicendo, di fatto, che dovrebbe chiudere il becco e pagare i conti.
Lyndon LaRouche ha definito “idiozie” le dichiarazioni di Bush, aggiungendo che “chiunque sia minimamente informato e onesto al mondo sa che sono stupidaggini”. “Dare più tempo al Presidente sarebbe folle” ha aggiunto “ogni ora aumenta il pericolo che il conflitto si estenda”.
Come hanno riconosciuto alcuni organi di stampa, Bush ha indicato che sono stati ottenuti progressi “soddisfacenti” su meno della metà dei 18 obiettivi stabiliti dal Congresso. Ma ha aggiunto che ritirarsi dall’Iraq ora “significherebbe lasciare il futuro dell’Iraq a Al Qaida”. Secondo Bush la guerra in Iraq è parte di un conflitto regionale contro gli “estremisti” e i “terroristi”, che secondo Bush dovrebbe colpire anche Iran, Siria e gli Hezbollah: “Lo stesso regime in Iran che promuove le armi nucleari e minaccia di cancellare Israele dalla cartina geografica fornisce ordigni esplosivi agli estremisti in Iraq che le usano per uccidere i soldati americani” e secondo Bush “gli stessi che bombardano gli innocenti in Iraq sono quelli che ci hanno attaccato in America l’11 settembre, e per questo quello che succede in Iraq è importante per la nostra sicurezza”.
Bush ha anche insultato il Congresso, dicendo che non dovrebbe decidere della guerra, ma solo finanziare le truppe. “Il Congresso ha tutti i diritti di stanziare i soldi” ha dichiarato Bush “ma non dovrebbe dire a me come condurre la guerra”.
Informato del dibattito in corso al Senato USA sugli stanziamenti per la difesa nel 2008, LaRouche ha aggiunto: “Non ha senso continuare a discuterne, non c’è più niente da discutere. Discuti, discuti, discuti. L’abbiamo fatto col Vietnam e stiamo facendo lo stesso errore. Il dibattito è disonesto. Ci rispondono dandoci altre menzogne. Bush non può dire che sostiene le truppe se le manda a morire”. Il problema, come LaRouche ripete ai democratici da anni, è Dick Cheney, ma si rifiutano di affrontarlo.

Il “vertice delle aragoste” getta le basi per un nuovo ordine

10.7.07 Gli esiti del vertice di Kennebunkport tra Bush e Putin, detto anche “delle aragoste”, hanno il potenziale di trasformare la situazione mondiale.  Il vertice, la cui coreografia era stata accuratamente preparata dall’ex presidente George Bush senior, con il sostegno discreto dell’ex presidente Clinton e l’assenza di Dick Cheney, ha fornito l’opportunità per discussioni dirette tra i due capi di stato. Putin ha sfruttato l’occasione per spiegare e insistere sulla proposta che aveva fatto al vertice del G-8 per una cooperazione USA-Russia sullo sviluppo di un sistema antimissilistico regionale, che trasformerebbe una mossa provocatoria americana per piazzare missili in Polonia e radar nella Repubblica Ceca in un programma comune che potrebbe fornire una difesa contro attacchi missilistici per tutti i paesi europei. La proposta riflette l’approccio sostenuto da Lyndon LaRouche all’inizio degli anni ’80, che portò alla famosa Iniziativa di Difesa Strategica (SDI) annunciata da Reagan il 23 marzo 1983. Ed è proprio alla SDI che si è rifatto Bill Clinton parlando ad una conferenza il 29 luglio (vedi più avanti).
Putin ha approfittato della conferenza stampa per spiegare la sua proposta, accettando di utilizzare una moderna struttura radar nella Russia meridionale per fornire parte di un sistema antimissilistico generale. Egli ha anche chiesto che i colloqui sulla difesa antimissilistica avvengano nel contesto del Consiglio NATO-Russia, facendoli uscire dai confini di un mero “dibattito NATO” da cui la Russia sarebbe esclusa, e collocandolo nell’ambito di un formato più generale, in cui i rapporti USA-Russia diventano centrali. L’accettazione di questa proposta cambierebbe radicalmente la natura dei rapporti tra Washington e Mosca, con effetti sul futuro del mondo. “Per quanto riguarda il futuro”, ha affermato Putin, “stiamo ora discutendo la possibilità di elevare i nostri rapporti ad un livello interamente nuovo, che comporterebbe un dialogo molto privato e, diciamo, molto sensibile su tutti i temi relativi alla sicurezza internazionale, compreso, naturalmente, il tema della difesa missilistica.”
“Gradualmente”, ha continuato il capo del Cremlino, “i nostri rapporti si svilupperanno in una vera partnership strategica”. Il Vice Primo ministro Sergei Ivanov ha poi chiarito che le proposte russe significano un cambiamento fondamentale nei rapporti internazionali, e potrebbero fugare i timori di un ritorno alla Guerra Fredda. “Se le nostre proposte saranno accettate”, ha detto Ivanov, “la Russia non avrà più bisogno di stazionare nuove armi, compresi i missili, nella sua parte europea, compreso Kaliningrad”.
Lo stesso Bush ha definito “sincera”, “innovativa” e “strategica” la proposta di Putin. Ciononostante, il prerequisito è che gli USA straccino i piani per stazionare missili intercettori in Polonia e per costruire una stazione radar nella Repubblica Ceca. Nella conferenza stampa, Bush ha confermato entrambi, anche se il Congresso ha per ora congelato i fondi.
Benché sia la Casa Bianca che il Cremlino abbiano avvisato i media che dal vertice di Kennebunkport non sarebbe uscito niente di concreto, c’era di fatto una serie di accordi da firmare, come la dichiarazione di principii sulla cooperazione per espandere l’uso della tecnologia nucleare a scopo pacifico e contenere la diffusione di quella a scopo militare. E’ stato anche diffuso un comunicato in cui entrambe le parti si impegnano a sviluppare un accordo post-START, che limiterebbe le armi nucleari al livello più basso possibile compatibile con la sicurezza nazionale dei due paesi.
In una dichiarazione intitolata “La rinascita della nostra nazione”, Lyndon LaRouche ha commentato il vertice con queste parole: “Come attesta il dialogo tra i presidenti Putin e Bush, ci sono certi temi categorici su cui si può cercare un accordo tra stati nazionali perfettamente sovrani, specialmente accordi economici e di sicurezza simili alla proposta di SDI del marzo 1983 di Ronald Reagan, da cui dipende assolutamente la sicurezza delle nazioni del pianeta nella congiuntura presente, in un mondo afflitto da una crisi storica.”
 

Clinton appoggia la SDI – Allora e oggi

10.7.07 Secondo fonti russe, l’ex Presidente USA Bill Clinton ha svolto un ruolo nei preparativi del vertice di Kennebunkport. L’invito a quello che è diventato in seguito il “vertice delle aragoste” fu esteso al Presidente Putin due mesi prima, il 25 aprile, da Clinton e dall’ex Presidente Bush senior, entrambi a Mosca per partecipare ai funerali di Boris Eltsin.
L’input di Clinton nel vertice è stato anche concettuale e politico, in quanto egli ha affrontato il tema della cooperazione antimissilistica USA-Russia in una importante conferenza internazionale. Il 29 e 30 giugno, Clinton ha partecipato alla quarta conferenza annuale della Yalta European Strategy, dove ha espresso il proprio sostegno al programma originale di SDI di Reagan, che comprendeva la cooperazione tra USA e Urss. Questo approccio fu per primo sviluppato da LaRouche.
In risposta ad una domanda di Charles Grant del Center for European Reform di Londra, riguardo al piano dell’amministrazione USA di installare sistemi di difesa missilistica in Europa, Clinton ha detto, riferendosi al suo mandato presidenziale:
“Noi non sentivamo alcun bisogno di installazioni militari americane, perché una delle condizioni per entrare nella NATO era che ogni paese doveva operare i propri sistemi militari, in modo che ci sarebbe stata una cooperazione e un coordinamento molto stretti e si sarebbero potuti utilizzare i sistemi di ognuno, se necessario. Ricordatevi che avevamo anche un partenariato con la Russia; la NATO aveva firmato un accordo con la Russia, come pure con l’Ucraina. Non pensavamo in quel modo”.
“ E io non ero nemmeno convinto di dover dispiegare un sistema di difesa missilistica a quell’epoca (era in contrasto con il Trattato Anti Missili Balistici) perché non pensavo che ne avessimo uno che funzionasse. E dissi prima al Presidente Eltsin, e poi al Presidente Putin, che mi sarei sentito moralmente obbligato, se mai ne avessimo sviluppato uno che funzionasse, a condividere la tecnologia con la Russia e chiunque altro!”
Specificando che da quando non è più un carica egli non riceve più informazioni riservate, e quindi può non essere aggiornato, Clinton ha continuato: “La mia impressione è che stiamo creando una crisi, quando non ce n’è bisogno. E’ così. Non credo che questo sistema missilistico sia affidabile al punto di avere un impatto prevedibile una volta installato. Se lo fosse, tornerei a ciò che disse Ronald Reagan sullo Scudo Spaziale. Egli disse che se mai lo avesse sviluppato, voleva che ce l’avessero anche i russi. Egli voleva che ce l’avessero tutti, e dovremmo veramente condividerlo. Sapete, si tratta di impedire che la gente si ammazzi.”
“Ma la mia impressione è che abbiano speso un’enorme somma di denaro in una tecnologia che non è sufficientemente adeguata al compito, e non vale la briga di azzuffarcisi con i russi per la Polonia o la Repubblica Ceca. E perciò, non so perché lo stiamo facendo ora, ma, come ho detto, non sono in possesso di informazioni riservate. Forse hanno fatto qualcosa di cui non sono al corrente, ma non credo”.
“Ovviamente io credo ancora che, se potessimo sviluppare un tale scudo protettivo, esso eliminerebbe l’ultimo incentivo che impedisce di fare ciò che penso sia necessario, e cioè una grande riduzione delle armi nucleari esistenti, e un aumento drammatico dello sforzo come coalizione bipartisan in America… questa, a mio parere, sarebbe una spesa di denaro molto migliore, sarebbe molto più conveniente che azzuffarci per stazionare queste difese missilistiche ora.”
“E io non me la prendo con i russi perché fanno baccano, ma se fossi in loro sarei tentato di farcele stazionare, perché, a meno che funzionino meglio di quanto penso, è un colossale spreco di denaro”.
Ad ascoltare Clinton vi erano, tra gli altri, l’ex Presidente ucraino Leonid Kuchma, l’ex Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder e l’ex Primo ministro russo Victor Chernomirdin, che è ora ambasciatore russo in Ucraina.

Cheney se ne andrà prima dell’autunno?

3.7.07  Gli sviluppi drammatici dell’ultima settimana negli Stati Uniti puntano alla precoce rimozione del Vicepresidente Dick Cheney, diventato una zavorra per i suoi protettori a Londra e negli USA. Forze all’interno del Partito Repubblicano si sono unite al tiro al bersaglio, avendo capito che il partito è destinato a perdere le prossime elezioni a meno che Cheney non sia allontanato.
Date le scadenze ravvicinate, è probabile che Cheney se ne vada non al termine di un lungo ed estenuante procedimento di impeachment, ma prendendo la scorciatoia. Lyndon LaRouche, in un’intervista alla ecuadoregna Radio 530, ospite del programma di Patricio Pillajo, ha spiegato come funzionerebbe. “Non parliamo di impeachment, se vogliamo essere precisi. Parliamo di rimozione”, ha detto. “Una rimozione può prendere la forma delle dimissioni di qualcuno che teme le conseguenze” del rimanere in carica.” “Io direi”, ha proseguito LaRouche, “ che per il 4 luglio, festa dell’Indipendenza, la pressione per le dimissioni di Cheney sarà diventata massiccia. Io penso che funzionerà, anche se niente è scontato. Alcune forze potenti sono ormai decise, il che mi rende felice anche se non soddisfatto”.
In precedenza LaRouche aveva inviato una lettera al capogruppo democratico alla Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, chiedendo che “cessasse di opporsi ostinatamente e erroneamente alla necessità di rimuovere Cheney”. LaRouche aveva sottolineato come “la sopravvivenza degli Stati Uniti e del mondo intero dipende da questa azione”. Perciò, aveva scritto, Pelosi deve anticipare le mosse dei protettori di Cheney e muoversi per l’impeachment, “altrimenti il Partito Democratico potrebbe distruggersi prima delle elezioni presidenziali del 2008, a fronte di una crescente rabbia dell’elettorato motivata dal fatto che la leadership democratica al Congresso ha mancato di eseguire il mandato pubblico per l’impeachment”.
Intanto si moltiplicano gli organi di stampa che chiedono la rimozione di Cheney. Tra questi, si sono distinti il Baltimore Sun e il Des Moines Register, con due editoriali pubblicati lo stesso giorno, il 1 luglio. Anche il New York Times è sceso in campo per incoraggiare il Congresso a passare all’offensiva.

Kerry chiede un’inchiesta sulla BAE

3.7.07  Il sen. John Kerry, ignorato dalla grancassa mediatica sugli aspiranti alla nomina presidenziale democratica, nonostante egli ne sia uno al pari di Hillary Clinton e Barack Obama, è tornato al centro della scena politica prendendo l’iniziativa su un tema centrale, che gli altri due concorrenti hanno eluso. Il 21 giugno il Kerry ha mandato una lettera al ministro della Giustizia Alberto Gonzales chiedendo che il suo dicastero intervenga nello scandalo BAE. Copie della lettera sono state mandate ai senatori Biden, presidente della Commissione Esteri del Senato,  e Leahy, presidente della Commissione Giustizia.
Kerry esordisce facendo riferimento a “recenti notizie sul fatto che l’impresa della difesa britannica BAE Systems (BAE) avrebbe violato la legge anti-corruzione USA in relazione a contratti internazionali”. Egli fa notare che la BAE ha intenzione di acquistare Armor Holdings, l’impresa statunitense che produce i veicoli Humvee, mentre già fornisce i corazzati Bradley alle forze armate USA. Kerry fa poi riferimento all’inchiesta del Serious Fraud Office (SFO) britannico sull’accordo Al Yamamah, riguardanti le bustarelle incassate dall’ex ambasciatore saudita negli USA, il principe Bandar bin Sultan.
L’ex sfidante di Bush alle presidenziali del 2004 fa poi un elenco di quesiti riguardanti possibili violazioni della legge USA da parte della BAE: “Nel luglio 2002, un promemoria del Dipartimento di Stato segnalava ‘persistenti accuse alla BAE Systems di ottenere commesse tramite bustarelle’. Il documento concludeva che ‘questo volume di accuse su una singola impresa avrebbe dovuto far scattare da tempo un’inchiesta del ministero della Giustizia’. Più recentemente, nell’ottobre 2006, un funzionario di alto rango del ministero della Giustizia ha indicato che imprese di proprietà estera, come la BAE, potrebbero finire nel mirino degli inquirenti USA: ‘Il ministero non esiterà ad applicare il Foreign Corrupt Practices Act, la legge che vieta la corruzione da parte di imprese straniere, così come esso fa nei confronti delle imprese americane’”.
La lettera fa riferimento ad un’inchiesta ministeriale e dell’FBI che è stata negata da rappresentanti della BAE e dell’Arabia Saudita. “Dato il ruolo prominente della BAE nell’industria della difesa USA, la procedura in corso al Comitato per gli Investimenti Esteri negli USA per l’approvazione della vendita di Armor Holdings, e la natura grave delle accuse rivolte a questa impresa, è essenziale che vi sia un pieno accertamento dei fatti”, scrive Kerry. Egli conclude con una serie di domande specifiche: se il ministero della Giustizia sta investigando; se un’inchiesta sia stata aperta e poi chiusa, e in caso affermativo, perché; se Gonzales sia stato contattato da enti governativi, compresa la Casa Bianca, sull’argomento; e “se ci siano stati contatti, e quali, tra l’ufficio del ministro della Giustizia e il Comitato sugli Investimenti Esteri riguardo alla vendita di Armor Holdings alla BAE”.
Gli Euro-avvoltoi sul collo di Prodi
 Un coro di “Euro-avvoltoi” si è scatenato contro il governo Prodi, accusato di sprecare il “tesoretto” destinandone parte ai programmi sociali, invece di devolvere l’intero surplus di entrate al ripianamento del debito pubblico. Si tratta di una polemica pretestuosa che nasconde scopi politici, ha dichiarato all’EIR il sottosegretario allo Sviluppo Economico Alfonso Gianni. In effetti, le accuse degli Euro-avvoltoi fa leva su un’interpretazione fondamentalista del Patto di Stabilità che è stata abbandonata da tempo, e ricorre a toni inaccettabili per un paese sovrano.
Ha aperto le ostilità il Primo ministro Lussemburghese Jean-Claude Juncker il cui governo, con tutto il rispetto,  ha giurisdizione su meno abitanti (sudditi) di un sindaco di un paesotto di provincia italiano (ma più banche di quante se ne contino in tutt’Italia). Juncker, però, è a capo dell’Eurogruppo, l’organizzazione che rappresenta i paesi membri dell’Euro, e il 27 giugno ha tuonato: “L’Italia deve ricordarsi che è responsabile di tutta l’Eurozona, e non è libera di distribuire i frutti della sua crescite come vuole”. Ha aggiunto: “Se l’Italia non riuscirà a ridurre sostanzialmente il suo debito, e non pareggia il bilancio al più tardi entro il 2010, ci saranno problemi seri per tutta l’Eurozona.”
Mentre a Juncker faceva eco, in una singolare sincronia, la Corte dei Conti italiana, al coro si univa il Commissario EU agli Affari Economici e Monetari, Joaquin Almunia, il quale il 28 giugno esprimeva “profonda preoccupazione” per il Dpef, che secondo lui non è in linea con le indicazioni dell’Eurogruppo. La cosa interessante è che Almunia, per dar forza ai suoi argomenti, ha snocciolato le cifre del debito e degli investimenti pubblici italiani, mostrando che l’Italia spende per ripagare il debito e gli interessi oltre 68 miliardi di Euro all’anno, equivalenti al 5% del PIL. Si tratta del doppio della quota riservata agli investimenti pubblici. Tali cifre fanno emergere la contraddizione di una politica monetarista che trascura gli investimenti per ripagare i debiti, così tagliando la crescita futura, sola fonte di ripianamento del debito. Esse mettono in risalto anche l’assurdità di contabilizzare le spese di investimento alla stregua delle spese correnti (e quindi figurando come spese che “aumentano” il debito), invece di separarle in un bilancio capitale come suggerisce Lyndon LaRouche.
In risposta alle interferenze degli Euro-avvoltoi, il sottosegretario Alfonso Gianni ha accusato Juncker e altri di voler far cadere il governo Prodi sul tema delle spese sociali. In una conversazione con l’EIR, Gianni ha dichiarato che “il vero obiettivo di Juncker, della nostra Corte dei Conti, di tutti i sostenitori del rigore, come l’economista Tito Boeri, è quello di esagerare l’incertezza sul futuro dei nostri conti, per impedire un aumento della spesa pubblica, che viene vista come un’occupazione indebita da parte dello Stato di spazi economici che si vorrebbero destinare all’iniziativa finanziaria privata, come nel campo della sanità o della previdenza. L’esatto contrario di ciò che il nostro governo deve fare.”
“In queste ore (è in corso la trattativa governo-sindacati sul welfare) il governo ha nelle mani la possibilità di imprimere un segnale di svolta nella politica economica, rispondendo positivamente alle esigenze dei pensionati e dei giovani precari”, ha concluso.
Alfonso Gianni ha sostenuto la proposta di LaRouche per una riforma del sistema monetario e finanziario (Nuova Bretton Woods), che ha dibattito pubblicamente assieme all’autore e Giulio Tremonti lo scorso 6 giugno a Roma (vedi https://archive.movisol.org/07news100.htm).
 

Dobbiamo ritornare ad usare il DDT!

1.7.07  Il movimento di Lyndon LaRouche ha da sempre denunciato la gravità della decisione di bandire il DDT, che fu motivata da una serie di menzogne messe in campo da “esperti” dominati da preoccupazioni di tipo maltusiano.
Nell’opinione, per esempio, del dott. Alexander King, uno dei fondatori del Club di Roma, il DDT aveva disgraziatamente permesso una drastica riduzione dei tassi di mortalità, e dunque un aumento del tasso di crescita demografica.
Nel 1962 Rachel Carson pubblicò nel libro Silent Spring, una tesi di opposizione al DDT sostenuta a mezzo di menzogne, deformazioni o imprecisioni dal punto di vista scientifico. L’ondata emotiva provocata da quella impostura influenzò, successivamente, l’intenso dibattito che si era venuto a creare allorché l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (EPA) americana aveva comunicato l’intenzione di bandire, previa consultazione di esperti, il DDT. Nonostante le 9000 pagine contenenti le trascrizioni delle audizioni di centinaia di esperti del settore, condotte dal funzionario esaminatore Edmund Sweeney, il quale le riassunse affermando che “il DDT non è cancerogeno, mutageno, o teratogeno per l’uomo [e] questi usi del DDT non hanno effetti deleteri sui pesci, sugli uccelli, sulla selvaggina, o [in generale] sulla fauna”, il direttore dell’EPA William Ruckelhaus procedette al divieto, esteso indirettamente ai Paesi in via di sviluppo. In seguito egli ammise di aver così deciso per motivi ‘politici’: “La scienza, assieme all’economia, hanno un ruolo da svolgere …[ma] l’ultima parola è della politica”. Più tardi, anche altre organizzazioni, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, passarono dalla posizione di iniziale entusiastico sostegno, a quella di opposizione all’uso del DDT.
Molto più tardi, nel 1995, si arrivò addirittura al tentativo del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) di bandire la molecola in tutto il mondo.Dal settembre 2006 l’OMS è tornata sulla sua decisione.
L’efficacia del DDT nel contrastare la diffusione della malaria in Sud Africa è ancora una volta resa evidente dal commento ad un grafico pubblicato sul numero di luglio 2007 dell’edizione americana di National Geographic: “Da quando, nel 1996, l’uso del DDT fu fatto cessare nel KwaZulu-Natal, i casi di malaria passarono con un’impennata da 600 a oltre 300000; il DDT fu reintrodotto nel 2000, e [da allora] i casi di malaria si ridussero quasi completamente del 99%.” Il DDT ha un’efficacia particolare, perché anche le zanzare che gli resistono, ne sono comunque infastidite e fuggono dalle pareti delle case che ne siano state preventivamente irrorate.
“Il bando del DDT potrebbe aver ucciso 20 milioni di bambini”, dice Robert Gwadz, esperto dell’Istituto Nazionale di Sanità (NIH) degli Stati Uniti d’America, con alle spalle quasi trentacinque anni di studi specifici. “Per ogni coppia di persone che è sopravvissuta alla malaria, una terza è morta per sua causa”, dice Michael Finkel, autore del lungo articolo su National Geographic, riportando così l’opinione di alcuni scienziati interessati al problema.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) levò il bando trentennale nel settembre 2006, in modo che le nazioni africane – in seno alle quali ogni 30 secondi un bambino muore di malaria – poterono riprendere ad usare il DDT, irrorando le pareti delle abitazioni. La decisione dell’OMS non ha però messo a tacere i fanatici oppositori, anche quelli interni all’organizzazione stessa.
Collegamenti:
Intervista al dott. Donald R. Roberts: Per combattere la malaria, abbiamo bisogno del DDT! (21st Century Science & Technology, Fall-Winter 2006)
Rapporto speciale di Marjorie Mazel Hecht: L’OMS riapprova il DDT per sconfiggere la malaria. (21st Century Science & Technology, Fall-Winter 2006)
Editoriale di Marjorie Mazel Hecht: Ritorniamo al DDT, e alla scienza! (21st Century Science & Technology, Summer 2002)
Articolo dell’entomologo J. Gordon Edwards: Le menzogne di Rachel Carson.  (21st Century Science & Technology, Summer 1992 / Summer 2002)
Appello di Lyndon LaRouche al presidente George W. Bush: Superare il bando del DDT (17 agosto 2002)
 
Segnaliamo anche gli accenni al DDT nell’introduzione firmata da Lyndon LaRouche, al rapporto speciale dell’EIR del 1997:
Introduzione: è ora di dire ‘no’ al Governo Mondiale. (THE COMING ICE AGE: Why Global Warming is a Scientific Fraud)
 

A proposito della nomina di Veltroni a leader del PD
 
di Claudio Giudici
27.6.07 In una delle sue ultime apparizioni televisive ad una trasmissione di Giovanni Minoli, Walter Veltroni ha dichiarato che una volta terminata la sua esperienza come Sindaco di Roma, si sarebbe dedicato all’Africa.
La passione per l’Africa e per il destino a cui è costretta dall’attuale sistema monetario e finanziario internazionale, come più volte denunciato anche dal Santo Padre Benedetto XVI, nonché da Giovanni Paolo II, è uno degli aspetti che più caratterizza il sentimento politico di Veltroni.
Un altro dato che caratterizza la figura politica di Veltroni è la sua ammirazione per Robert Kennedy.
Questi due tratti caratterizzanti, d’altra parte già di per sé legati l’uno all’altro, potrebbero rappresentare il perno per una svolta paradigmatica nel modo di intendere e gestire la politica.
L’attuale modello, infatti, esprime una classe politica dirigente amministratrice di interessi oligarchici, con l’unico zelo di non farsene accorgere dalla popolazione (le questioni liberalizzazioni, Tfr, pensioni, sono la dimostrazione più palese di tale tecnica).
Un modello invece centrato sul doppio pilastro ideale e di azione politica Africa-Kennedy, rappresenterebbe un ritorno al vero ruolo della politica: amministrazione di tutte le risorse materiali e spirituali a disposizione per il progressivo perseguimento del bene comune.
L’attuale campagna contro la pena di morte, sicuramente meritoria per il messaggio che fa passare, l’intangibilità della vita umana, rischia di essere inefficace o addirittura ridicolo a fronte di una politica internazionale sempre meno centrata sul dialogo e sempre più centrata sullo scontro bellico. Da un punto di vista quantitativo poi, l’eliminazione dell’esecuzione capitale, che colpisce circa 5500 uomini l’anno (fonte Nessuno tocchi Caino), appare una battaglia puramente formale quando a causa di fame, sete, guerre e malattie muore un bambino al di sotto dei 5 anni ogni 7 secondi (fonte United Nations Conference on Trade and Development) ossia oltre 4,5 milioni di bambini all’anno.
La motivazione di tale invisibile genocidio, di cui mass media e politica non parlano, risiede nell’iniquità dell’attuale sistema monetario e finanziario internazionale che costringe tutti i paesi del mondo, con danni di tale tipo per i paesi più poveri, alla riduzione della spesa pubblica, allo smantellamento e non ampliamento delle infrastrutture energetiche, idriche, ferro-stradali, ospedaliere, in rispetto delle scadenze debitorie in favore delle banche private finanziatrici.
Se Veltroni non vuol essere l’ennesimo Leporello complice della cupidigia del suo Don Giovanni ha di fronte a sé una missione già scritta e facilitata da un importantissimo passo che in Italia è già stato compiuto verso questa direzione.
Il 6 aprile 2005, a maggioranza trasversale, è stata approvata alla Camera dei Deputati una risoluzione di indirizzo parlamentare per una riforma del sistema monetario e finanziario internazionale, più nota come Nuova Bretton Woods, che impegna il Governo italiano a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali di tale compito. Tale progetto di riforma dell’attuale sistema è stato ideato dal politico democratico americano Lyndon LaRouche, ed è oggetto di un appello internazionale che il suo movimento sta presentando da diversi anni in tutto il mondo, trovando anche i sostegni di eminenti personalità politiche come Bill Clinton e Michel Rocard.
L’Unione, purtroppo, dopo essere stata promotrice della mozione (tramite l’attuale sottosegretario all’Economia, Mario Lettieri) che ha portato all’adozione della risoluzione parlamentare, ha messo da parte la questione, parlando nel suo programma della sola Tobin tax.
Tale questione, se affrontata secondo gli approcci culturali umanistici ed i metodi economici propri del Sistema americano di economia politica, sulle orme lasciate da Franklin Delano Roosevelt e tentate ed in parte attuate da John Fitzgerald Kennedy, potrà essere propulsiva per il rilancio non solo dell’economia italiana, ma di tutto il pianeta.
Se Walter Veltroni avrà il coraggio di affrontare da politico, piuttosto che da amministratore delegato, il compito che lo aspetta, potrà dirsi degno seguace di Robert Kennedy, e riuscire a conciliare l’attività politica con la passione per l’Africa; in caso contrario avremo l’ennesima rinfrescata di vernice di una costruzione le cui basi sono destinate a crollare da qui a breve.
 
 
 

Il Washington Post fa eco a LaRouche nell’attaccare Cheney

26.6.07 Commentando la serie di quattro articoli del Washington Post dedicata al Vicepresidente Cheney, iniziata domenica 24 giugno, Lyndon LaRouche ha dichiarato di vederci „una notevole eco delle dichiarazioni d’apertura da me fatte nella webcast internazionale“ di giovedì 21 giugno. In particolare, LaRouche ha notato l’assonanza da quanto egli ha affermato riguardo all’11 settembre, ricordando le sue previsioni di un incidente „alla incendio del Reichstag“ che sarebbe stato usato per imporre poteri dittatoriali. L’undici settembre fu quell’“incidente“. Ora sarà difficile per i Democratici al Congresso non unirsi all’iniziativa per l’impeachment, promossa da LaRouche e formalizzata nella risoluzione depositata da Kucinich e altri.
Nel suo webcast del 21 giugno, LaRouche si era focalizzato sul significato dello scandalo BAE, affermando: „C’è un legame cruciale tra la storia della BAE e l’eredità dell’11 settembre, un lascito che oggi brucia più che mai“.
La serie del Washington Post, firmata da Barton Gellman e Jo Becker, dettaglia il modo in cui il Vicepresidente Dick Cheney e altri hanno complottato un colpo di stato l’11 settembre 2001. Uno degli articoli cita un testimone che ricorda come tutti coloro che erano riuniti nel centro operativo di emergenza della Casa Bianca, quando gli aerei si abbatterono sulle torri gemelle, reagirono con grida di sgomento tranne Cheney, che „non emise un suono“. Il testimone continua: „Ricordo che mi girai e guardai il Vicepresidente, la cui espressione non cambiò“. Altre tre persone presenti alla scena, riferisce il Post, „riferirono di non aver visto, né allora né in seguito, segni della presunta trasformazione psicologica attribuita a Cheney. Invece, esse videro uno straordinario controllo di sé e un rapido cambiamento di concentrazione sulla macchina del potere. Mentre altri facevano una stima delle vittime e del lavoro dei soccorsi, Cheney cominciò a pianificare un conflitto che avrebbe impegnato tanto i soldati e le spie quanto gli avvocati… con un piccolo seguito di alleati, Cheney fornì le motivazioni e il muscolo politico per apportare vasti cambiamenti giuridici alla Casa Bianca, al ministero della Giustizia e al Pentagono“.
Il centro del complotto
„Senza entrare nei dettagli di ciò che sappiamo e di ciò che non sappiamo su come fu orchestrato l’11 settembre, l’unico modo in cui ciò poté essere orchestrato si trova in un luogo: in un complesso finanziario centrato attorno all’identità della BAE“, ha spiegato LaRouche nella webcast del 21 giugno. „Ora, questo è il mistero dell’11/9. La meccanica di come esso fu orchestrato è irrilevante, la scopriremo. E tutti coloro, nei governi e vicino ad essi, che capiscono questa materia, lo sanno!“
Nell’attuale congiuntura, ha detto LaRouche, in cui l’intero sistema sta crollando, questo sistema chiamato „globalizzazione“ intende distruggere tutti gli stati nazionali. Di fatto, già ogni governo dell’Europa centrale e occidentale è oggi ingovernabile, e addirittura in procinto di diventare „stato fallito“. Per quanto riguarda la situazione statunitense, LaRouche l’ha definita „una dittatura“, in cui „il 20% superiore che oggi controlla la politica è controllato da un 3% che controlla la più vasta concentrazione di denaro che si sia mai vista nella storia del mondo – in termini percentuali“. Il Partito Democratico, che storicamente dovrebbe proteggere gli interessi della fascia di popolazione di reddito inferiore (l’80% dei cittadini), si è rivelato un fallimento. Menzionando l’esempio della richiesta di impeachment di Cheney che viene dalla base, LaRouche ha dichiarato che si potrebbe fare presto e in fretta, „se il Partito Democratico avesse il coraggio“.
Il problema, ha spiegato LaRouche, è che gli hedge funds e altri interessi speculativi finanziari controllano intere correnti del partito, e versano soldi nelle casse dei candidati presidenziali. Questi interessi finanziari sono basati nelle isole Cayman, „le isole della monarchia britannica, e in simili luoghi gestiti dalla stessa organizzazione, l’impero britannico nella sua forma moderna espressa dalla BAE“. „Assistiamo – ha proseguito LaRouche –al culmine di una concentrazione di potere sotto la leadership e il controllo dei poteri che controllano l’impero britannico. Questo impero, questo sistema di gioco d’azzardo, è ora in un processo di crollo. Reagisce movendosi per conquistare un potere totale sul mondo, perché se ci riesce, ha risolto i suoi problemi: potrà decidere che cosa è denaro e che cosa non lo è, perché eserciterà una dittatura mondiale.“
Ma, ha continuato LaRouche, „Non ha ancora stabilito una dittatura mondiale. E perciò noi, cittadini degli Stati Uniti e di altre nazioni, dobbiamo agire e dire: non vi permetteremo di conquistare quel potere! Vi fermeremo ora!“
LaRouche ha dedicato una parte sostanziale del suo discorso ad elaborare la base epistemologica per afferrare la vera natura della crisi da tracollo, che la maggior parte dei cittadini nega, attraverso una fondamentale rinascita del metodo che ha caratterizzato il progresso della società umana.
Ora che è scoppiato lo scandalo della BAE, grazie ad una opposizione agli schemi imperiali di quest’ultima da parte di fazioni inglesi e americane, è emersa una nuova opportunità di sconfiggere il piano imperiale, che passa anche per l’allontanamento di Cheney dal potere. In risposta ad un quesito riguardante la relativa mancanza di informazione sui media relativa alla vicenda BAE, LaRouche ha osservato che Cheney ha tentato di mettere il bavaglio ai media, ma ciononostante qualcosa è trapelato. „Penso che i rilevanti gaglioffi sulle Isole britanniche faranno probabilmente qualcosa di orribile a Dick Cheney, non perché non piace loro ciò che Cheney ha cercato di fare, ma perché non c’è riuscito.“
L’intero video della webcast, con traduzione simultanea in italiano, è disponibile sul sito www.larouchepac.com.
Lo Schiller Institute espande il dibattito sul maglev alla Germania
La campagna dello Schiller Institute danese a favore del progetto del ponte con la Germania sul golfo di Fehmarn e del collegamento con il treno a levitazione magnetica (maglev), originariamente sviluppato in Germania, ha varcato i confini grazie ad un servizio pubblicato in grande evidenza sul Die Welt del 21 giugno.
Il quotidiano di Amburgo ha pubblicato un articolo sulla campagna dello SI danese, sotto il titolo “Copenhagen-Amburgo in 40 minuti”. L’articolo, che apriva la pagina internazionale, afferma: “Mentre la Germania esita a concedere assicurazioni sui crediti di diversi miliardi di euro per il progetto del ponte sul Fehmarn, sollevando proteste dagli abitanti del litorale, i danesi sono un passo avanti. Lo Schiller Institute, un assieme di lobby di interesse generale e iniziativa civica per sostenere progetti infrastrutturali, sostiene che Amburgo e Copenhagen non sono nemmeno ad un’ora di treno di distanza. Con un treno maglev come il Transrapid e con il ponte, dicono, sarebbe fattibile viaggiare da una delle due grandi città nord-europee all’altra in 40 minuti.
Il giorno successivo la stazione radio nazionale Deutschlandfunk ha mandato in onda un servizio su una piccola manifestazione canora organizzata dallo SI danese di fronte all’ambasciata tedesca a Copenhagen. Il governo tedesco deve prendere una decisione entro il 20 luglio, data in cui devono essere presentate le domande a Bruxelles per ottenere i fondi dell’EU. Berlino (firmatario degli accordi di Maastricht) ha finora esitato, mentre il governo danese (non firmatario) ha proposto lo stesso modello di finanziamento della Grande Cintura danese e dei ponti sull’Oeresund: crediti statali ad una impresa concessionaria di stato che ripagherà i crediti con le entrate dei pedaggi.
La Deutschlandfunk ha iniziato il programma “Europa oggi” con il servizio sul dibattito danese, mandando in onda la registrazione dei dimostranti dello SI che cantavano un canone, con testi adattati ad un famoso motivo di Haydn: “I danesi dicono si, si, i tedeschi no, si, no. Costruiamo il ponte. Una grande nazione non dovrebbe pensare in piccolo”. A seguire, un resoconto della manifestazione, compreso il fatto che i dimostranti hanno fatto dono di un modello del ponte sul Fehmarn all’ambasciatore tedesco.
In Danimarca, il popolare quotidiano Jyllands-Posten ha dedicato diversi articoli alla campagna dello Schiller Institut a favore del maglev e del ponte sul Fehmarn e sul Kattegat, un progetto che dovrebbe collegare la seconda città più grande del paese, Arhus, a Copenhagen. Il 18 giugno, l’edizione online di JP ha intervistato Tom Gillesberg, presidente dello SI, sulla dimostrazione di fronte all’ambasciata tedesca. Il 20 giugno, ha pubblicato in prima pagina un articolo sul progetto per una linea maglev tra Arhus e Copenhagen. Il 21 giugno ha pubblicato un editoriale scritto da Gillesberg, intitolato “Primi con il nuovo, o ultimi con il vecchio?
 
 
Gli ecologisti contro la tecnologia di dissalazione dell’acqua

24.6.07 Dal sito www.larouchepac.com traduciamo un commento del 19 giugno 2007.
Con una delle sue campagne più stupide, il WWF ha pubblicato un rapporto in cui si attaccano le tecnologie di dissalazione perché “potenziali minacce all’ambiente, che potrebbero anche aggravare i cambiamenti climatici”. Anziché affidarsi a tali tecnologie, i popoli delle regioni aride dovrebbero “affidarsi ancor più al riciclo e alla conservazione dell’acqua”, ed evitare l’“errata tentazione” della dissalazione.
Come per ogni altra tecnologia, il WWF esprime il suo biasimo con una lista di lamentazioni; tuttavia, dietro l’accusa per cui la dissalazione dell’acqua di mare potrebbe “mettere a repentaglio la vita marina” è chiaramente presente il solito timore che questa tecnologia possa permettere un incremento del potenziale demografico umano nelle regioni in cui esso è, per il momento, limitato dalla siccità o comunque da scarsezze idriche.
Il gruppo maltusiano avverte anche che “la dissalazione si sta profilando come uno dei principali moventi per [la ripresa della tecnologia del] nucleare, in modo particolare in Asia, nel Medio Oriente, e nel Nord Africa”. Quindi, fornisce un elenco delle molte nazioni che hanno espresso interesse per la dissalazione ad energia nucleare, ma omette la ragione fondamentale di una tale considerazione: si tratta del sistema più efficiente, meno dispendioso e meno inquinante che si conosca.
Che altro ci si può aspettare da una lobby fondata dal principe Filippo d’Edimburgo e dal principe Bernardo d’Olanda?
 
Ad integrazione, aggiungiamo un nostro commento
Anche Sergio Ferraris, della sezione italiana di Green Cross (fondata nel 1992 da Mikhail Gorbaciov), commentando una proposta di Carlo Rubbia, si spinge a ricordare due “svantaggi” della tecnologia di dissalazione: sarebbe troppo costosa in termini energetici e sarebbe necessario smaltire i sali estratti dall’acqua di mare. Il primo è veramente uno svantaggio, se si rimane all’interno di questo livello tecnologico, senza passare cioè a quello definito dai processi nucleari; il secondo “problema” non lo è affatto, in quanto i sali ricavati dall’acqua di mare sono impiegabili in numerosi processi industriali e nella  produzione di fertilizzanti (vedi il concetto di NUPLEX, e il costante riferimento di Lyndon LaRouche ai grandi progetti contro la crisi idrica mondiale).
Vedi l’articolo di Sergio Ferraris:
http://www.greencrossitalia.it/ita/news/energia/news_007_e.htm
 


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