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Dopo la battaglia per la nomina di Alito…

Il 31 gennaio il Senato USA ha approvato la nomina di Samuel Alito alla Corte Suprema con 58 voti contro 42. Tra i repubblicani, solo Lincoln Chafee ha votato contro Alito e tra i democratici quattro hanno votato per lui: Tim Johnson, Robert Byrd, Ben Nelson e Kent Conrad. Si tratta del più risicato numero di appoggi che un candidato alla Corte Suprema riceve dal partito di opposizione. Il giudice Clarence Thomas fu approvato con 52 contro 48 voti, nel 1991, riscuotendo 11 voti democratici.
Il giorno prima i senatori avevano bocciato, con 72 voti contro 25, la procedura che avrebbe consentito a John Kerry e Edward Kennedy di organizzare la filibuster, l'ostruzionismo parlamentare contro la nomina. Solo 25 dei 41 senatori necessari si sono schierati a favore. L'ostruzionismo era stato annunciato dal sen. Kerry solo molto tardi, il 26 gennaio, dopo la riunione dei democratici del giorno precedente, in cui non si era giunti ad un unanime consenso ad opporre la nomina.
La diffusione a tappeto della dichiarazione di LaRouche, secondo cui accettare una tale nomina significava ripetere gli errori della Germania nel periodo 1932-1933, ha decisamente scosso molti settori del partito democratico.
Il sen. Harry Reid ha denunciato in Senato l'appartenenza di Samuel Alito alla Federalist Society e il fatto che “la destra radicale ha silurato la candidatura” di Harriet Miers, candidata conservatrice alla Corte Suprema che non appartiene alla camarilla della Federalist Society. Reid ha sottolineato come Alito respinga i check and balances della Costituzione per privilegiare i poteri dell'esecutivo, e il suo sostegno incondizionato per un presidente “che si è in pratica dichiarato al di sopra della legge”.

… La guerra continua
Commentando gli sviluppi americani di fine gennaio, Lyndon LaRouche ha affermato:
“I nostri alleati sono arrivati impreparati a questo scontro. La loro riluttanza a sottolineare i precedenti nazisti della Federalist Society rappresenta una debolezza fatale che ci ha impedito di vincere, costringendoci ora alla ritirata ed a raggruppare le forze per affrontare la prossima battaglia.
Occorre essere chiari: i nostri nemici non possono vincere, ma noi e l'intera civiltà possiamo perdere. Siamo alla fase finale di un sistema che è sia economico che culturale. La cultura e l'economia attuali sono condannate e solo il nostro sforzo di cambiare questo sistema rappresenta una base per evitare la catastrofe. Noi abbiamo una credibilità e pur avendo subito un rovescio abbiamo fatto un'esperienza che ci sarà preziosa per la futura vittoria. Alcuni nostri alleati contro Alito ora sono più preparati a combattere (…). Il sistema finanziario è spacciato. O torniamo al sistema americano di economia politica o finiremo in una nuova epoca buia di dimensione planetaria. Si tratta di uno scontro che non si può rimandare. Non puoi scegliere se entrare in guerra o meno. E' la guerra che ti entra dentro”.

Le prossime battaglie: il Patriot Act e le intercettazioni della NSA
Dopo una nuova proroga, approvata il 2 febbraio, che estende per un altro mese la validità del Patriot Act, il Congresso si prepara alla battaglia per il rinnovo di questa legge che contiene le misure speciali per l'emergenza terrorismo. Nei negoziati in corso tra parlamentari e Casa Bianca sembra per ora che quest'ultima non esiga l'estensione a tempo indeterminato delle misure speciali.
Quattro senatori repubblicani hanno preso posizione contro il rinnovo senza modifiche della legge: “Ritengo che la metà dei repubblicani si renda conto di ciò che è in ballo. Capiscono che occorre stabilire dei limiti ragionevoli tra l'antiterrorismo e l'esigenza di difendere le libertà civili degli americani innocenti”, ha detto il sen. John Sununu.
Il 6 febbraio la Commissione Giustizia ha aperto le udienze sul programma di intercettazioni della NSA. Su questo tema l'amministrazione Bush-Cheney ha puntato i piedi, asserendo che il presidente ha il diritto di decidere al di sopra dell'apposito tribunale che è invece previsto dalla legge FISA.
Dalla stesura del ddl “Patriot Act II”, redatto nel 2003 (dunque nel periodo in cui la Casa Bianca decideva sottobanco le intercettazioni della NSA), era evidente come questo problema di fare i conti con la legge FISA fosse presente; si prevedono infatti clausole per ottenere eccezioni e facilitazioni per le forze dell'ordine in casi contingenti, come attacchi terroristici o emergenze militari. L'amministrazione Bush invece adesso sostiene che basta l'autorizzazione al ricorso alla forza ottenuta dal Congresso per fare e strafare al di sopra della FISA, come invece contraddice quel ddl, in cui la legge è ancora ritenuta vincolante.


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