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La campagna di islamofobia in Europa


La recente crociata lanciata dal presidente del Senato Marcello Pera in presunta difesa dei valori occidentali, che solca le acque mosse dalla provocazione del leghista Calderoli, si inquadra in una campagna islamofobica paneuropea che è stata messa a punto da Bernard Lewis, professore della Princeton University. Lewis, nato in Inghilterra è un prodotto dell'Arab Bureau ed è uno dei massimi controllori di Benjamin Nethanyahu, di cui è stato consigliere anche ufficialmente.
Bernard Lewis è stato spesso ospitato come relatore dalla fondazione presieduta da Pera, “Magna Carta”, che si rifà nel nome a quella britannica (che si scrive però con l'acca). Singolarmente, lo stesso Lewis ha ironizzato sulla scelta del nome, con il quale ci si può riferire sia agli elementi democratici che a quelli feudali, ambedue contenuti nella Magna Charta inglese. Pera ha ospitato altri due agitatori della campagna islamofoba, Daniel Pipes e Laurent Murawiec.

Cronologia della crociata

Bernard Lewis negli anni Settanta mise a punto una strategia, “l'arco di crisi” che prevedeva di sobillare contro l'Unione Sovietica tutti gli stati islamici che si estendono dal Vicino Oriente fino all'India. Adottata da Zbigniew Brzezisnki negli anni di Carter, questa strategia comportò la creazione, da parte dei servizi anglo-americani, di frange estremistiche e terroristiche nel mondo islamico poi riciclate per orchestrare lo scontro di civiltà, a partire da Al Qaeda.
Il lancio della recente campagna islamofobica di Bernard Lewis nell'Europa continentale risale ad un'intervista pubblicata il 28 luglio 2004 dal quotidiano tedesco Die Welt in cui affermò: “L'Europa sarà parte dell'occidente Arabo, del Magreb. Questo lo desumiamo dalle migrazioni e dalla demografia. Gli europei si sposano tardi, e non fanno figli o ne fanno pochi. L'immigrazione invece è forte: i turchi in Germania, gli arabi in Francia i pakistani in Inghilterra. Questi invece si sposano presto e fanno tanti figli. Stando alle tendenze attuali, l'Europa avrà maggioranze musulmane nella popolazione, al più tardi per la fine del 21° secolo”.
Sebbene si tratti di un'asserzione evidentemente assurda, giacché ci sono solo 13 milioni di musulmani su una popolazione dell'UE di 450 milioni, e cioè meno del 3%, questa citazione è stata prontamente ripresa da Frits Bolkestein, politico olandese di spicco (quello dei famosi decreti contro cui si sono sollevati i sindacati di tutta Europa) che in un discorso pronunciato al momento di lasciare la Commissione Europea, per respingere la proposta dell'entrata della Turchia nell'UE affermò: “Se lui [Lewis] ha ragione, la liberazione di Vienna [dalle truppe ottomane] nel 1683 sarà stata invano”.
Nello stesso 2004 Theo Van Gogh, produsse un film pornografico contro l'Islam e fu assassinato nel novembre di quell'anno da un cittadino olandese di origine marocchina. Fu così avviata un'ondata di islamofobia in Olanda, con l'incendio di Moschee e attacchi contro i musulmani.
In quel frangente la Pim Fortuyn Foundation olandese indisse una conferenza islamofobica invitando a parlare Daniel Pipes, collaboratore di Lewis ed uno degli esponenti più radicali dei neo-cons USA. La Pim Fortuyn Foundation è legata alla Lista Pim Fortuyn, il partito populista contro gli immigrati il cui fondatore fu assassinato nel 2002 da un ambientalista olandese purosangue. All'incontro parteciparono anche Laurie Mylroie, (massima demonizzatrice dell'Irak al soldo dell'American Enterprise Institute, tanto da aver inventato il collegamento Saddam-Al Qaeda) e, della stessa scuderia, Robert Spencer, direttore di “Jjhad Watch”.
La conferenza non fu molto seguita dai mezzi d'informazione, ma su internet il Brusselsjournal.com le dedicò ampio spazio, ponendo in rilievo i collegamenti tra Pipes, i NeoCons, Lewis e il movimento neofascista europeo.
Si prenda come esempio Paul Belien, personalmente invitato da Pipes a partecipare a quella conferenza. Belien è membro della Mont Pelerin Society, ha scritto un libro insieme all'ex premier britannico Margaret Thatcher, scrive regolarmente commenti sul Wall Street Journal, ed ha partecipato alla stesura del programma del partito dell'estrema destra del Belgio Vlaams Block. La moglie di Belien, Alexandra Colen, è stata eletta parlamentare di quel partito. Nel novembre 2004 la corte suprema olandese confermò un precedente verdetto di un tribunale ordinario che riconosceva come razzista la formazione Vlaams Block. Gli aderenti semplicemente sciolsero la formazione per ricostituirla sotto un altro nome, la Vlaams Belang (interesse fiammingo). Il fondatore di Vlaams Block fu Karel Dillen, negazionista dell'olocausto che sostiene di essere stato, da ragazzo, collaboratore “passivo” dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Un giornalista belga ha spiegato all'EIR : “Negli anni Ottanta indossavano la mimetica ed erano picchiatori neofascisti; adesso indossano il doppiopetto si chiamano statisti”.
E veniamo ai giorni nostri. Secondo le regole classiche che gli americani chiamano “hard cop-soft cop”, la provocazione della maglietta di Calderoli ha battuto il terreno per la discesa in campo del “teo-con” Pera con un manifesto, intitolato “per l'occidente”, il cui senso è stato riassunto da alcune interviste in cui il presidente uscente del Senato strombazzava: “Non dobbiamo genufletterci all'Islam”. La versione “soft” della crociata anti-islamica lanciata da Pera ha raccolto inizialmente l'adesione di 67 personalità, tra cui spicca, accanto ai soliti relitti del lefebvrismo, un nutrito drappello di ex radicali, abituati a ben altri atteggiamenti nei confronti del crocefisso.
Del resto, lo stesso Pera è diventato difensore della “tradizione giudeo-cristiana” da pochi anni, dopo una vita spesa tra Lucca e Londra a promuovere il relativismo culturale e la filosofia di Karl Popper.

Pera, l'uomo per tutte le stagioni

Nei giorni di Tangentopoli, l'attuale fustigatore dei “giudici comunisti” guidava l'orda giustizialista. Il libro “Campioni d'Italia”, di Gianni Barbacetto, ha pubblicato un'antologia di frasi tratte dagli articoli di Pera su La Stampa: “Come alla caduta di altri regimi, occorre una nuova Resistenza, un nuovo riscatto e poi una vera, radicale, impietosa epurazione… il processo è già cominciato e per buona parte dell'opinione pubblica già chiuso con una condanna”; oppure: “I partiti devono retrocedere e alzare le mani… subito e senza le furbizie che accompagnano i rantoli della loro agonia. Questo si sarebbe un golpe contro la democrazia: cercare di resistere contro la volontà popolare”; e ancora: “Il garantismo, come ogni ideologia preconcetta, è pernicioso”; e per finire: “La rivoluzione ha regole ferree e tempi stretti”.
Nel mirino dei neo-crociati italiani c'è chiaramente il Vaticano, dove, nonostante le ferme e ripetute esortazioni del Papa al dialogo ecumenico, c'è una forte componente feudale che scalda i motori. Quando recentemente ha flesso i muscoli, questa componente ha dimostrato di poter imporre i suoi temi, come nel caso del film di Mel Gibson. Se i crociati riuscissero a spostare il Vaticano nel loro campo, o perlomeno a congelare le iniziative ecumeniche del Papa, il conflitto delle religioni sarebbe cosa fatta. La pressione sui vertici della Chiesa è forte perché fa leva sugli incresciosi episodi di cui sono rimasti vittime sacerdoti cattolici (Turchia) e le comunità cristiane in varie parti del mondo. Attualmente il prelato di spicco nella crociata è Mons. Rino Fisichella, colui che lo scorso dicembre andò a ricevere la medaglia per conto di Oriana Fallaci dalle mani del Presidente della Repubblica. Ancora non si era spento l'eco degli strali lanciati dalla Fallaci contro Papa Giovanni Paolo II, da lei accomunato a Saddam Hussein nel presunto odio contro Bush. Ora la Fallaci minaccia di pubblicare una sua vignetta su Maometto.




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