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Esperto danese sui rischi di un crac globale

5 aprile 2006 – Alcune settimane fa il Movimento di Larouche cominciò a segnalare come la crisi finanziaria che aveva colpito l'Islanda, nonostante sia stata di gran lunga trascurata dai media, rappresentasse uno dei nodi che da tempo ci si aspettava venissero al pettine del sistema finanziario globale.

Un segnale di discussioni accese dietro le quinte della scena finanziaria scandinava è venuto recentemente da Jeppe Christiansen, direttore di un grande fondo pensioni pubblico danese chiamato LD Pension, che gestisce capitali per 9 miliardi di euro.

Christiansen, infatti, in un articolo a tutta pagina apparso sul Berlingske Tidende il 1° aprile scorso, dal titolo “Investimenti alla vecchia maniera potrebbero essere buoni come l'oro”, parla dell'importanza per i risparmiatori di “spalmare” il rischio per proteggere gli investimenti.

Normalmente, scrive Christiansen, per decidere un mix di investimenti, si usano dati storici uniti a modelli statistici, ma, avverte, ciò non continuerà a lungo, dal momento che i mercati sono altamente inflazionati a causa del continuo pompaggio di liquidità nel sistema da parte delle Banche Centrali; questo causerà nel prossimo futuro “aggiustamenti” anche drastici nei “valori” degli assets di mercato, provocando grandi fluttuazioni .

La questione è, continua l'esperto danese, che i modelli matematici e statistici usati dalla maggior parte delle istituzioni finanziarie (e dai grandi fondi speculativi, vedi il caso del crac del fondo LTCM, ndr) sono affidabili “al 95%”, ma non tengono conto di crisi come gli shock petroliferi degli anni settanta, il crollo della borsa di New York del 1987 o la disintegrazione del Sistema Monetario Europeo del 1992. Questi eventi da un punto di vista puramente statistico sono impensabili.

In termini più rigorosamente scientifici si può dire che i sistemi stocastici usati dai grandi “investitori”, per loro stessa natura “ragionano” in maniera lineare, mentre la realtà si comporta in maniera complessa, o non lineare (vedi le nostre presentazioni su Gauss e lo scritto di Lyndon LaRouche “Visualizzare il dominio complesso”).

Christiansen conclude dicendo che per il prossimo futuro occorre considerare i problemi di equilibrio globale come estremamente gravi e che si dovrebbe tenere conto che il rischio di un crac finanziario globale, che sarebbe normalmente considerato sul 2% di probabilità, è da considerarsi di gran lunga più grande.

Nell'articolo, tra i fattori indicati come cruciali nella moltiplicazione del rischio di un crac finanziario globale, è citata la contrazione della base di liquidità del sistema finanziario mondiale, ovvero il prosciugamento del mare di denaro a buon mercato che in questa e altre sedi il Movimento di LaRouche ha indicato come di importanza centrale.

Poco prima della crisi islandese, infatti, alcuni rubinetti globali che hanno inondato di liquidità i mercati finanziari internazionali negli ultimi anni, hanno iniziato a prosciugarsi, come in Giappone (vedi i nostri articoli sulla fine del Carry Trade, ndr). Abbiamo già sottolineato che ciò sta già avendo gravi ripercussioni nei mercati finanziari di tutto il mondo.


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