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Chi c'è dietro gli attentati di Mumbay?

15 luglio 2006 – L'esplosione altamente sofisticata e attentamente coordinata di sette ordigni a Mumbay l'11 luglio scorso, dovrebbe essere vista come l'equivalente, nelle intenzioni, degli attacchi negli Stati Uniti dell'11 settembre 2001, anche se il numero di vittime è stato fortunatamente minore.

Lyndon LaRouche ha sottolineato il carattere strategico degli attacchi di Mumbay, che sono avvenuti appena dopo il summit dello Shanghai Cooperation Organization, e alla vigilia del G8 tenutosi in Russia.

Nonostante che le autorità indiane abbiano puntato il dito inizialmente al Lashkar-e-Toiba (LET, un gruppo di studenti islamici con base in Kashmir, bandito in India) al SIMI (il servizio segreto pakistano) e al Pakistan, le indagini stanno considerando tutte le possibilità. Gli attentati “non sono stati l'opera di qualche piccolo gruppo marginale”, ha detto il funzionario di polizia di Mumbay A.N. Roy. “E' occorsa una pianificazione e un'esecuzione precisa e un livello di sofisticazione molto alto… Noi stiamo indagando su questi attentati con una mente completamente aperta ed esplorando ogni possibilità” ha detto Roy.

Sembra che l'india abbia rimandato i colloqui di pace con il Pakistan a causa della tensione dovuta alle bombe. Un funzionario del Ministero degli Esteri, parlando in condizioni di anonimato il 16 luglio, ha riferito che l'India ha comunicato al Pakistan “che l'ambiente non promuove” i colloqui che dovevano tenersi il 20 e 21 luglio a New Dehli. Tuttavia all'incontro del G8, il Primo Ministro Manmohan Singh ha accusato l'Inghilterra di Tony Blair di avere delle responsabilità nel finanziamento e nella logistica dei gruppi sospettati degli attentati di Mumbay. Singh ha tirato fuori il collegamento col terrore con Blair a S. Pietroburgo, ricordandogli che tre anni fa l'India produsse un dettagliato dossier che identificava 14 “uomini d'affari” che vivono in Inghilterra e che gli furono assicurare inchieste sui sospetti. L'india accusa l'Inghilterra di non aver fatto nulla contro alcuni ricchi uomini d'affari, che, sostiene, utilizzano come facciata organizzazioni caritatevoli per convogliare fino a 8 milioni di dollari l'anno ai gruppi militanti del Kashmir.


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