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Libano: La trappola di Cheney e Rohatyn

24 luglio 2006 – E’ fuorviante attribuire le responsabilità della guerra in Libano ad Israele, o agli stessi Stati Uniti, ha dichiarato Lyndon LaRouche. In più occasioni LaRouche ha spiegato che non si possono attribuire ad uno stato nazionale le responsabilità di questa spinta verso la guerra mondiale, che è attualmente generata nel focolaio strategico del Sud-Ovest Asiatico. Piuttosto, ha puntualizzato lo statista americano, questa è opera dei potentati finanziari oligarchici, che attualmente hanno come espressione di punta Felix Rohatyn, diventato il decisore in seno al Partito Democratico USA (sul conto di Rohatyn consulta l'ampia documentazione disponibile in questo sito usanto la funzione "cerca"). Lo scopo generale di quest’avventura è quello di ridurre gli stati nazionali e i rispettivi governi al rango di subalterni e faccendieri dei potentati finanziari.

Mentre diventa sempre più probabile uno sfascio generalizzato del sistema finanziario ad autunno, i vertici sinarchisti transatlantici, che operano tramite i loro burattini nei governi, come Dick Cheney, hanno ordito l’attuale conflitto tra Israele e Hezbollah come una trappola strategica per gli stessi israeliani.

Dopo quasi due settimane di bombardamenti aerei senza precedenti che hanno distrutto le infrastrutture libanesi, le Forze di Difesa Israeliane hanno mancato di distruggere le infrastrutture politiche e militari di Hezbollah. In particolare non sono riuscite a neutralizzare le batterie dei missili a breve raggio che raggiungono il nord di Israele. Le truppe di terra sono state costrette ad entrare nel Libano meridionale per distruggere gli avamposti di Hezbollah e i relativi arsenali missilistici. Anche se le Forze di Difesa hanno dichiarato di non effettuare una riedizione dell’invasione del 1982, a cui presero parte quattro divisioni complete, sicuramente i battaglioni ora impegnati nell’invasione riceveranno forti rincalzi. L’intera regione settentrionale di Israele, in cui risiedono 2 milioni di abitanti, è paralizzata, anche se i danni provocati dai Katiuscia sono limitati. Già il 50% della popolazione che vive nei venti chilometri dal confine ha abbandonato le proprie abitazioni.

Almeno pubblicamente per il momento gli ambienti di vertice in Israele non parlano di espandere il conflitto alla Siria e all’Iran. Nondimeno, Benjamin Nethanyahu, il personaggio più vicino a Cheney che ha venduto al primo ministro Ehud Olmert l’idea di sfruttare il rapimento di due soldati israeliani come pretesto per “riaffermare il deterrente israeliano”, ha gli occhi puntati su Siria ed Iran.

In una recente visita nelle regioni settentrionali, Nethanyahu ha dichiarato che Israele “dovrebbe agire come fecero gli USA nella crisi missilistica di Cuba … Il nostro obiettivo dev’essere l’eliminazione del focolaio dell’incendio … Dobbiamo procedere nell’operazione persino senza il sostegno internazionale”. Nethanyahu sa bene ciò che dice: la crisi di Cuba fu un braccio di ferro nucleare, e così il riferimento all’Iran è ovvio, perché secondo Nethanyahu questo paese rappresenterebbe una “minaccia esistenziale” per Israele.

“Ci rifiutiamo di sottostare ancora a tutto questo” ha detto Nethanyahu alla Knesset. “Ci rifiutiamo di accettare in silenzio l’assassinio dei nostri cittadini. Israele vincerà perché la nazione è unita dietro le forze armate e di sicurezza. Guardiamo dritto negli occhi di chi comanda gli assassini, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, e gli diciamo: hai seminato il vento ed ora raccogli tempesta … Teheran è la fonte ispiratrice e il principale motore del terrorismo islamico internazionale, Hezbollah è il suo satellite, e la Siria è la sua stazione intermedia.”

 

Denuncia delle illusioni

Il generale in congedo Uri Sagi ha dato una intervista al quotidiano israeliano Ha’aretz che dimostra come il fronte dei militari sia tutt’altro che unito, ed ha messo a nudo alcune illusioni:

“Chi dice che abbiamo a disposizione tutto il tempo che vogliamo non dice la verità, né a sé stesso né ai cittadini israeliani. Fino a quando riusciremo ad andare avanti con una situazione del genere? … I bombardamenti aerei sono importanti, ma non bastano ad eliminare le infrastrutture di Hezbollah. Questo richiede un’operazione di terra, alla quale sono fermamente contrario”.

Per Sagi occorre che Israele avvii dei negoziati con il Libano e la Siria. “Hezbollah”, scritto, “è paziente. Incassa risultati, come i colpi su una grande città come Haifa e la paralisi di un quinto della popolazione israeliana…” Ha quindi aggiunto che in poche settimane l’opinione pubblica si rivolgerà contro Israele in quanto riconoscerà che ha provocato “la caduta del debole governo libanese provocando il caos” in quel paese.

Sagi ha ricordato come in un’operazione simile nel 1992, chiamata “Operation Accountability”, egli mise in guardia il capo di stato maggiore Ehud Barak che un attacco in grande stile contro Beirut, come Barak stava allora progettando, si sarebbe ritorto contro Israele. L’allora primo ministro Yitzhak Rabin convenne con Sagi e ridusse la pressione militare fino ad arrivare a prendere contatti diretti con Hezbollah. “Oggi pare che chi prende le decisioni sappia tutto. Invece vive nell’illusione che Israele possa continuare ad attaccare finché vuole, e che nel mondo non succederà niente”.

Sagi, che ha diretto l’intelligence militare, ha affermato che anche l’idea di esigere dal governo libanese che esso imponga il proprio controllo sulle regioni meridionali del Libano è decisamente illusoria. Secondo Sagi la proposta di stanziare nella regione forze di pace internazionali potrebbe funzionare, ma soltanto con la cooperazione di paesi arabi come Egitto, Giordania e Siria.

Dopo il suo congedo, nel 1995 Sagi diventò negoziatore segreto con la Siria. All’epoca della presidenza Clinton disse all’allora ambasciatore USA in Israele Dan Kurtzer che “l’odio non è una politica” e che Israele doveva intavolare una trattativa con la Siria. Sebbene Kurtzer promise a Sagi il sostegno dell’amministrazione Clinton, i negoziati con la Siria fallirono perché “gli Stati Uniti non mantennero la parola data al presidente siriano Hafez al-Assad e Barak si spaventò all’ultimo minuto”. Sagi è convinto che un’intesa, e poi eventualmente un accordo di pace con la Siria, e questo sotto la leadership di Bashar al-Assad, sia fondamentale per arrivare ad una composizione in Libano e poi, attraverso il Libano, aprire un primo spiraglio verso l’Iran. Ha notato che nel 1991 l’Iran sostenne la decisione della Siria di partecipare alla conferenza di pace di Madrid. Aprire questi negoziati avrebbe un impatto positivo anche nel conflitto con i palestinesi, ha concluso Sagi.

 

La realtà in Libano

Nonostante la distruzione delle infrastrutture del paese e lo sfollamento di 600 mila abitanti, cresce in Libano il sostegno per Hezbollah.

In parlamento Hezbollah ha 23 seggi su 128, conta ministri nel governo, gestisce attività caritative e scuole, ed ha un’ampia rete di sostegno nel paese. Si fonda soprattutto sulla popolazione sciita, che è l’80% nel Sud e il 40% sul totale. Militarmente Hezbollah può mobilitare fino a 100 mila uomini, sostengono fonti libanesi. Secondo un politico libanese, “Hezbollah è al volante del taxi che prendi, dietro al banco del negozio di alimentari, ecc.” Il leader di Hezbollah è lo sceicco Hassan Nasrullah, il quale ha dimostrato in diverse occasioni negli ultimi anni di essere in grado di portare in piazza un milione di manifestanti.

Le forze militari di Hezbollah sono molto inferiori a quelle di Israele, ma hanno finito spesso per sorprendere gli israeliani. In un’intervista alla CNN il 22 luglio, il presidente libanese Emile Lahoud ha asserito che nel caso di un’invasione di terra da parte israeliana l’esercito libanese si dispiegherebbe a fianco di Hezbollah.

Un’arma “non convenzionale” di cui i libanesi dispongono è un esplosivo dossier sugli assassinii gestiti dal Mossad all’interno del paese. Il 17 giugno il Primo ministro Siniora ha reso noto che il Libano presenterà un esposto contro Israele al Consiglio di Sicurezza dell’ONU documentando gli “atti di aggressione”. Però, stando ad Al Manar, vicina ad Hezbollah, e come ha riferito in Germania Junge Welt, quest’iniziativa sarebbe stata bloccata dagli USA e dalla Francia.

Il dossier documenterebbe come il capo del Mossad Meir Dagan abbia personalmente reclutato squadre per l’esecuzione di attentati con autobombe e assassinii nel Libano. Tra i casi citati vi sarebbe quello di Ali Hassan Diebs, liquidato il 16 agosto 1999 e di Jihad Ahmad Jibril (figlio del capo del FPLP), avvenuto il 20 maggio 2002. E ancora l’assassinio dell’esponente di Hezbollah Ali Saleh il 2 agosto 2003 e l’esecuzione del leader della Jihad Mahmoud Majzoub il 26 maggio 2006.

In questo contesto sono state arrestate due persone. Una dichiarazione dell’esercito libanese del 13 giugno afferma: “L’esercito ha arrestato una cellula terroristica che operava per il Mossad israeliano” e gli arrestati hanno ammesso di aver preso parte agli assassinii sopra elencati. Il 22 giugno il quotidiano libanese Al Safir riferiva che lo spionaggio militare ha individuato un’altra cellula di spie israeliane, persino più sofisticata della precedente. Questa disponeva di un sistema di comunicazione capace di segnalare ai caccia israeliani gli obiettivi di Hezbollah a Sud di Beirut.

L’ambasciatore USA Jeffrey Feltman avrebbe minacciato il governo libanese “di interrompere la love story degli USA con il Libano”, e la sospensione di aiuti finanziari e militari, se Siniora avesse portato fino in fondo l’iniziativa di denuncia. Secondo quanto riferito da Junge Welt, l’11 luglio il ministero degli Esteri libanese ha confermato queste pressioni. Feltman avrebbe anche detto ai libanesi di non allargare l’ambito dell’indagine, in teoria per proteggere dei politici libanesi che potrebbero risultare coinvolti. Il ministero degli Esteri libanese però ha sottolineato che “Beirut insisterà affinché ci sia una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”. Secondo fonti libanesi il ministro degli Esteri Fawzi Salloukh è deciso a proseguire l’indagine. E’ importante che il presidente  Lahoud intenda presentare i risultati dell’indagine al funzionario dell’ONU Serge Brammertz, responsabile dell’indagine sull’assassinio dell’ex primo ministro Hariri. Alla fine potrebbe risultare che dietro quell’assassinio vi siano elementi del Mossad impegnati a rimuovere gli ostacoli alla destabilizzazione del paese.


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