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Prodi scontenta tutti

7 agosto 2006 – A due mesi dall'inaugurazione e alla vigilia delle vacanze, il bilancio del governo Prodi è deludente. Solo in politica estera, grazie al ritorno alla tradizionale equidistanza di tradizione morotea, si avverte una decisa svolta per il meglio. Ma nella politica economica il governo, immobilizzato dalle contrapposizioni interne, è riuscito a scontentare sia i poteri oligarchici che la popolazione. Da un lato, accogliendo le pressioni dei sindacati e delle componenti non liberiste della coalizione, Prodi ha fortunatamente scartato le richieste di massicci tagli alle pensioni e alla sanità presentate dal ministro dell'Economia Padoa Schioppa (ma solo pro tempore); dall'altra, le misure economiche adottate si limitano alle controverse “liberalizzazioni” di Bersani che, nella migliore delle ipotesi, agiscono nella fuorviante ottica del “consumatore” e non avranno alcun effetto sulla produttività reale del sistema. Fa poi temere il peggio l'annuncio dato dal solito Padoa Schioppa che non ci sarebbero i soldi per le infrastrutture, accompagnato dal suggerimento che i lavori non cantierati saranno cancellati. Per finire, l'impegno esibito sul fronte dell'energia, con l'avvio di una cooperazione tra ENI e Gazprom che volta pagina rispetto al precedente indirizzo da meri “compratori” di gas, delude con l'ennesimo rifiuto di abbandonare la pregiudiziale anti-nucleare.
La ciliegina sulla torta è stata messa con l'indulto, incompreso dalla maggioranza degli italiani, che fa rimpiangere la capacità di mediazione della vecchia DC rispetto alle pressioni vaticane e di altri ambienti.
Il governo non può continuare a scontentare tutti e deve fare delle scelte. I poteri oligarchici, per bocca del Presidente degli “industriali” Luca di Montezemolo hanno lanciato un duro monito dalle colonne del Wall Street Journal, come a dire: noi rappresentiamo la finanza internazionale. “Non ho visto un solo reale sforzo di riduzione della spesa”, ha detto Montezemolo, sollecitando Prodi a fare delle “liberalizzazioni” sul serio, a partire dal settore dell'energia. In altre parole, gli imprenditori monopolistici nostrani, apripista per gli hedge funds di Wall Street, vogliono impossessarsi del mercato italiano cacciandone ENI e ENEL.
Dunque, a settembre dovranno essere prese delle decisioni che sblocchino la situazione in una direzione o nell'altra. C'è anche il problema della maggioranza al Senato, che lo ha costretto a ricorrere al voto di fiducia per ben sette volte in un mese. Una semplice operazione di allargamento allungherà la vita del governo ma non il suo logoramento.


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